Un giorno di gogna non fa male a nessuno. Come dicono i filosofi più in gamba, è tutta esperienza. Su GIORNALETTISMO.COM
SANDRO BONDI 18/11/2013 Il più lucido dei berlusconiani è sempre lui, Silvio Berlusconi, animale politico pittoresco ma profondamente razionale. Un mese e mezzo fa, votando la fiducia a Letta con una piroetta memorabile ha accettato di farsi umiliare per evitare il patatrac: una rottura traumatica, irrimediabile, che andava ben al di là dei numeri. Prendendo tempo non è riuscito ad evitare la scissione, ma è riuscito a governarla. I “governativi” hanno preso il nome abbastanza significativo, anche se orripilante, di “Nuovo centrodestra”, che se da una parte può suggerire l’ambizione di far le scarpe al centrodestra berlusconiano, dall’altra mette dei paletti al raggio d’azione politico del nuovo gruppo parlamentare. Inoltre, a dimostrazione che lo schema servi/padrone applicato al berlusconismo è fasullo, visto che le rivolte servili non prevedono per natura mezze misure, se gli “alfaniani” non hanno voluto rinnegare il loro vecchio capo, il Berlusca, da parte sua, con lo spirito costruttivo che gli è caratteristico e che gl’impedisce nei momenti bui di farsi accecare dall’amarezza, ha detto subito di considerare i “cugini d’Italia” non dei traditori ma dei futuri alleati, al pari dei fratelli d’Italia e dei fratelli leghisti. Perché sia l’idea strategica fondamentale sia la tattica del berlusconismo sono sempre quelle: la riunione del centrodestra italiano, di tutto il centrodestra, non di quello anemico che piace alla società civile; e il massimo pragmatismo. In fondo, il “nuovo centrodestra” potrebbe essere l’arma adatta per risucchiare i democristiani del centro dentro un partito dei “popolari” che poi in caso di elezioni avrebbe solo due possibilità: suicidarsi o berlusconizzarsi. Questo è un discorso incomprensibile solo per due categorie di persone: la massa inquietante dei morbosi nemici del Berlusca, e i non pochi morbosi amici del Berlusca. Tra questi ultimi uno dei messi peggio, uno che veramente non ci arriva mai, un caso oltremodo penoso, uno che di Silvio non ha mai capito un nulla solenne, è Sandro Bondi. Ospite, assieme alla non molto più perspicace compagna Manuela Repetti, di “In mezz’ora”, il programma condotto da Lucia Annunziata, di Alfano ha detto: «Quello che ha fatto è gravissimo. Confermo quello che penso, Alfano è una testa di rapa, e lo pensa anche la mia compagna. (…) Quasi certamente con Forza Italia andremo all’opposizione. (…) Gli scissionisti sono delle teste di rapa. Sono cinici e brutali.» Lucia Annunziata l’aveva invitato proprio per fargli dire questo, naturalmente; per dare il suo piccolo contributo alla causa del taglio di tutti i ponti tra i governativi e gli italoforzuti. Bondi non si è fatto pregare e ci ha dato dentro di gusto. Un genio.
LANCE ARMSTRONG 19/11/2013 Dicono che sia alla ricerca di uno sconto di pena, anche se non si capisce bene cosa potrebbe servire ad un ciclista squalificato a vita già quarantaduenne. Fatto sta che Lance comincia a fare sul serio, forse troppo sul serio, e accusa l’ex presidente dell’Uci Hein Verbruggen di complicità. Nel 1999, in occasione del primo Tour vinto dall’americano, Verbruggen (insieme alla sua cricca, come direbbero nel nostro paese) sarebbe intervenuto direttamente per occultare la positività di Armstrong ai controlli antidoping. Potrebbe essere vero, ma io ci andrei piano, vista la mancanza di scrupoli del personaggio. Già mi rompe non poco il fatto che costui mi abbia rovinato sette giri dell’Esagono – che insieme fanno la bellezza di circa 150 tappe – seguiti in diretta o in differita, come potevo, con l’occhio del minchione – sarei sempre io – intento a scrutare la classifica, a contare i minuti e i secondi di distacco tra questo e quello. Ma mi rompe moltissimo che nella smania di sembrare credibile adesso ci sbologni pure il predicozzo della vittima: «È ridicolo pensare che io voglia proteggere queste persone dopo tutto quello che mi hanno fatto». Dice infatti questo sfacciato. «Io non sto proteggendo proprio nessuno. Non provo nessun senso di lealtà verso di loro. Anzi li odio proprio. Mi hanno gettato sotto un bus in corsa. Con me hanno chiuso». Non c’è proprio niente da fare: un baro, anche da pentito.
GLI ADORATORI DI CAMILA 20/11/2013 C’era molto interesse nel bel mondo democratico italiano per l’esito delle elezioni presidenziali in Cile. I due sfidanti principali erano infatti di sesso femminile, la progressista Michelle Bachelet e la conservatrice Evelyn Matthei. Col 47% dei voti la grande favorita Bachelet non è riuscita comunque a vincere al primo turno, e andrà al ballottaggio con la Matthei che col 25% è andata molto al di là di quanto le era stato accreditato dai sondaggi. E tuttavia per la sinistra italiana il primo turno ha già visto un trionfo, quello della neo-deputata Camila, Camila Vallejo Dowling. «Camila conquista i cileni», titola per esempio l’Unita.it. L’ex leader studentesca è uno schianto di venticinquenne. Nei tratti del suo bel viso il sangue anglosassone e il sangue latino si sono fusi alla perfezione: il primo ne ha esaltata la regolarità, il secondo li ha ammorbiditi. Soffici cromatismi giorgioneschi hanno sovrinteso alla scelta dei colori: carnagione perlacea, luminosa, ma non esageratamente chiara, profondi occhi verdi tendenti più alla sobrietà del grigio che all’impertinenza dell’azzurro, capelli castani appena un po’ mossi. Tuttavia Camila ha due difetti imperdonabili: è comunista e ha l’anello al naso: un anello vero, non quello metaforico, bolscevico! Ma nemmeno questi sfregi grossolani inflitti incoscientemente a questo miracolo d’armonia sono riusciti ad infrangerne l’incanto. Tutti i cuori dei sinistrorsi italiani battono per lei: è bello sentirsi per una volta fratello di questi fanatici, nell’adorazione della bellezza femminile. Ma chissà quando arriveranno alla maturità – alla virilità! destrorsa! berlusconiana! – di confessare a se stessi e al mondo un così bel sentimento!
GIANNI CUPERLO 21/11/2013 Vertice italo-francese ieri a Roma. I professionisti dell’antagonismo, attivisti No-Tav e dei movimenti per la casa, ne hanno approfittato per solita esibizione muscolare condita di vittimismo. Tra le imprese più rimarchevoli un tentativo d’irruzione in un circolo del Pd, risoltosi con qualche spintone, targhe imbrattate da vernici spray e, mi par di capire, il lancio di alcuni petardi. Il candidato alla segreteria del Pd non ha lesinate dure parole nei confronti dei teppisti: «Non si può tollerare questo assalto a una sede di partito perché è un comportamento fascista». Ragionamento perfettamente condivisibile tranne che nella scelta di un vocabolo: «fascista». Gli antagonisti si considerano la punta di diamante dell’antifascismo italiano, i veri eredi dei partigiani che combatterono per la Resistenza; adorano la Costituzione repubblicana più di quelli di Libertà e Giustizia, o più di quanto i musulmani adorino il Corano, o più di quanto i maoisti di casa nostra adorassero il Libretto Rosso del Grande Timoniere; e riescono a credere ancora non solo alla realizzazione della società comunista classica ma anche a quella della società comunista bio-compatibile. Con questo background da comunisti esaltati non possono essere che quello che sono: dei facinorosi. Quindi fascisti non sono. Al massimo dei «fratelli in camicia rossa» per un fascista dall’occhio acuto in cerca di truppa futura ed in paziente attesa di accogliere reduci disillusi.
IL TRIBUNALE DI MILANO 22/11/2013 Ecco una cosa che un puttaniere di bocca buona e di scarsi mezzi nel suo candore non sarebbe mai capace di immaginare: che la deboscia del milionario gaudente necessiti di un sacco di fatiche. Pensate a Silvio: non solo gli è toccato organizzare a monte un «collaudato sistema prostitutivo», autarchico e costosissimo – che una volta dalle persone normali sarebbe stato chiamato semplicemente un «giro di mantenute», magari degno di un re – quando il mercato offre già più di tutto quello che la vostra malata fantasia può concepire, ma prima di riuscire a mettere finalmente qualcosa sotto i denti, si è anche dovuto sobbarcare il ruolo di regista di spettacolini erotici con protagoniste giovani donne impegnate in «balli con il palo da lap dance, spogliarelli, travestimenti e toccamenti reciproci», robetta alla quale per essere ufficialmente accolta nel vissuto dell’inclusiva società civile – che già ora flirta col burlesque e coi videoclip musicali softcore – manca solo di essere rappresentata al Teatro dell’Opera. Agli occhi della nostra occhiuta giustizia questo edificio barocco, così stridente coi gusti del sesso predatorio, è invece un’aggravante: come ogni ridicolo bigottismo, anche quello dei partigiani della legge vede ciò che vuole.
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