Un giorno di gogna non fa male a nessuno. Come dicono i filosofi più in gamba, è tutta esperienza. Su GIORNALETTISMO.COM
LA CITTA’ DOVE SI VIVE MEGLIO 30/12/2013 E’ vero che siamo in Italia. E’ vero che abbiamo un’antropologica e misteriosa avversione a presentare le cose, anche le più semplici, con un minimo di precisione. Ma non sarebbe ora di finirla con la “città dove si vive meglio”? Nelle peraltro non poco cervellotiche classifiche sulla qualità della vita che periodicamente arrivano nelle redazioni dei giornali e dei telegiornali non si fa riferimento ad alcuna città, ma alle province. Ai giornali italiani non importa un piffero di questo dettaglio, almeno per quanta riguarda i titoli: città o provincia, che differenza vuoi che faccia? Eppure non tutti vivono a Roma, a Milano o a Napoli. E anche prendendo in considerazione la capitale, per esempio, da lontano ho come l’impressione che vi sia una certa discrepanza tra gli stili di vita di chi abita nella zona dei Castelli Romani e di chi abita nella periferia dell’Urbe. Ma prendiamo il caso della mitica Cuneo. La Provincia Granda è poco più piccola dell’Umbria o del Friuli-Venezia Giulia, e secondo l’ultima classifica di Italia Oggi ci si vive benissimo. Solo un decimo della sua popolazione abita però nella mitica Cuneo. Io non ci sono mai stato. A naso mi sembra una linda e ordinata cittadina. Però prima di trasferirmici m’informerei meglio.
ALEXANDER TSCHÄPPÄT 31/12/2013 Sul caso delle battute sugli italiani pronunciate dal sindaco di Berna mi sembra che un aspetto della questione, un aspetto di importanza decisiva, sia stato trascurato: la comicità. Eppure Tschäppät stava sul palco proprio per quello. Io sarei dispostissimo a ridere per battute brillanti basate sugli stereotipi nazionali, compresi i lazzaroni italiani. Ma come si fa a ridere per alzate d’ingegno come la spiegazione della bassa statura degli italiani? Che sarebbe questa: «La mamma dell’italiano gli dice di non crescere, perché se diventi alto, ti tocca andare a lavorare». O della storia dei poliziotti che scoprono con stupore un napoletano esercitante più di un mestiere? E’ come se dovessi ridere se mi raccontassero che in una delle nostre città, nel capannello di persone che si rotolavano per le risate davanti ad un comico di strada veramente mattacchione, qualcuno avesse bisbigliato al vicino: «E pensa un po’, è svizzero, svizzero di Svizzera!» Insomma, non c’è gusto a punzecchiarsi con tipi come Schiappi. Al massimo gli potrei rispondere così: «E’ vero, siamo scansafatiche. Ma dietro ogni scansafatiche c’è un filosofo, un uomo che le ha viste tutte, un uomo schiantato dalla profondità del proprio pensiero e dalla consapevolezza dell’inanità degli sforzi dell’uomo al cospetto dell’eternità. E il fatto che in una nazione gli scansafatiche siano un esercito sterminato denota solo l’altissimo grado di civiltà raggiunto da quella schiatta. Come pensava il filosofo Feuerbach, invece, caratteristica della schiatta germanica, di cui quella svizzera è una costola, è l’operosità. E l’operosità, come pensava il filosofo Zamarion, si confà soprattutto alla stolidità di popoli barbari svezzati ma non ancora giunti alla piena maturità della civiltà.» Ma non credo ci arriverebbe. Potrebbe prenderla sul serio. Solo certo umorismo di superiore caratura, tipicamente conservatore, sa scherzare su certe cose. E Schiappi invece è socialista: è qui che volevo arrivare, naturalmente.
VITTORIO FELTRI 02/01/2014 E’ vero che non gli è mai mancata una vena di quell’infantilismo politico italiano, comune ad ambedue le sponde, sempre indeciso tra disfattismo e rivoluzione, a seconda dello stato d’animo. Certo però che Vittorio ha chiuso il 2013 proprio col fiatone, regalando ai suoi fans un articolo di lunare pessimismo. Forse era depresso, o forse sarà stato l’effetto di commentare un sondaggio di Ilvo Diamanti uscito su “La Repubblica”; fatto sta che gli è venuto fuori dalla penna un pezzo dalla verve scalfariana: piattissimi periodi incolonnati burocraticamente – e con una certa maligna voluttà – uno dietro l’altro, come se fossero in attesa di arrivare allo sportello, espressione di una senilità amara, ormai ostile – per partito preso – ad ogni umana illusione. Dal sondaggio in questione sembra che gli italiani non credano più a niente, o quasi. Alla politica soprattutto: «All’ultimo posto della graduatoria», scrive Vittorio, «ci sono i partiti, di cui si fidano soltanto 5 italiani su 100. Lo sapevamo già. Ma trovarcelo scritto nero su bianco fa un certo effetto. Significa che i partiti si sono irrimediabilmente sputtanati e che difficilmente torneranno in auge. Non rappresentano il popolo.» Anche di questo – lo sputtanamento dei partiti e la voglia delle cassandre frustrate di scriverne ciclicamente l’epitaffio – sapevamo già. E ritrovarcelo scritto nero su bianco, per la miliardesima volta, fa un certo effetto, in effetti. E’ un genere di profezie consustanziale alla democrazia reale. Solo che di solito fa presa sui giovanotti.
MATTEO RENZI 03/01/2014 Anche il Rottamatore ci è arrivato: il vincolo del deficit al 3% del Pil è una bischerata, è roba «anacronistica che risale a venti anni fa». Quando appunto quasi tutti i paesi dell’Unione Europea – certo non l’Italia – avevano debiti pubblici che erano una bazzecola rispetto agli attuali, ed era giusto quindi che fossero ambiziosetti e non si indebitassero di più: ne andava della loro reputazione. Mentre adesso che si sono tutti sputtanati che senso ha che facciano gli schizzinosi? Fermo restando che gli stramaledetti parametri sono davvero un’insulsaggine dirigistica, sembra che oggi a trionfare sia la logica rivoluzionaria della nouvelle économie. Invece è una storia vecchissima. L’uomo della strada è sempre stato uno stupido o costretto ad agire da stupido: disposto ad indebitarsi se senza debiti, restio a indebitarsi ulteriormente se indebitato. Solo nell’uomo completamente rovinato brilla il genio proprio dello Stato, che fa il contrario. Da questo genio il politico di razza deve farsi guidare con dolcezza. Non si preoccupi se si sente un minchione senz’arte né parte. Il genio dello Stato lo condurrà infallibilmente là dove dovrà scegliere solamente fra due opzioni: nuove tasse o nuovi debiti. Scelga e sarà, pure lui, un politico fatto e finito.
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