Un giorno di gogna non fa male a nessuno. Come dicono i filosofi più in gamba, è tutta esperienza. Su GIORNALETTISMO.COM
ROMANO PRODI 07/05/2012
Il Sole24Ore intervista Romano Prodi, in trasferta in Africa, giacché lui, da quando non è più al timone della penisola, si occupa del mondo. Le chiacchierate col professore hanno di bello che non mettono in soggezione nessuno: vi si ritrovano immancabilmente i ragionamenti del grande mister ma soprattutto del grande uomo. In questa in particolare fa capolino un certo tremontismo da tinello, ossia sempre bislacco ma per niente escatologico, ridotto alle quattro baggianate che hanno conquistato ogni focolare domestico italico, ché sennò Romano non avrebbe nemmeno osato: lui va sempre sul sicuro, anche quando con fare ammiccante, alludendo a ben altri che la sua diritta persona, ricorda la pavidità congenita di Don Abbondio. E’ per questa strada ben lastricata che il professore arriva infine tranquillo tranquillo in porto con la sua proposta per il rilancio dell’Europa, qualcosa di mai sentito: «un patto per la crescita e la finanza», e in particolare un patto per la crescita tra Italia, Spagna e Francia per smuovere la Germania dalla sua cieca autoreferenzialità. Tutti per uno, uno per tutti. La mistica del «patto», sulla cui forza di suggestione politici e sindacalisti italiani tentano ostinatamente di costruire le loro fortune, non prevede dettagli, ragion per cui l’intervista finisce qua. Tanto siamo già da un pezzo fra le braccia di Morfeo.
FRANCESCO PAPAMANOLIS 08/05/2012
Non sembra che la gente greca ce l’avesse troppo con i famigerati grandi partiti negli anni della bonanza ellenica, quando con l’entrata nell’euro cominciò l’era dell’economia drogata dal denaro a buonissimo mercato, l’epoca felice dell’esplosione della spesa pubblica e del posto statale e della pensione baby per tutti. Non potendo essere cretina per definizione una schiatta che diede al mondo Odisseo costante, luminoso, l’eroe dal multiforme ingegno, la verità è che i greci si presero una sbronza, sapendo in cuor loro che la fiesta non poteva durare. Per cui non è affatto bello che un cattolico come il presidente dei vescovi cattolici della Grecia, invece d’impugnare il bastone nodoso della verità, lisci il pelo alla demagogia puntando ora fin troppo comodamente il dito contro i politici: «La gente ha fame», dice Monsignor Papamanolis, «e questo voto rischia di non segnare svolte positive. Gli elettori hanno sfiduciato i due grandi partiti, Nuova Democrazia e Pasok, che per anni hanno governato il Paese portandolo al disastro in cui ci troviamo oggi». Ma soprattutto non è bello che parli di «fame», un flagello terribile di cui ancora si muore per davvero in qualche buco nero del nostro mondo.
MARIO MONTI 09/05/2012
E’ da mesi che il governo Monti non riesce più a combinare nulla, a parte ammonticchiare un balzello dopo l’altro. Lo zoccolo duro – e grosso – della resistenza alle «riforme» e alla potatura dell’apparato pubblico staziona a sinistra, e si muove compatto non appena si accenna a fare sul serio. Da qualche tempo, però, il supertecnico bacchetta Berlusconi e i berlusconiani, quelli sbattuti fuori per far posto a lui, che pure stanno pagando il prezzo più alto del loro «responsabile» sostegno al governo, ingoiando rospi ogni giorno. Mario Monti non è mai stato un leone, e il coniglio che è in lui comincia pian piano a negoziare il suo fallimento con quella sinistra che in Italia ha il monopolio delle panzane durature. Perché non si sa mai. Si accontenterà allora, in caso di esito infausto, di essere accompagnato alla porta sollevato da ogni colpa, il tutto certificato per qualche anno dai manuali di storia della scuola dell’obbligo.
FRANÇOIS HOLLANDE 10/05/2012
Nuovo di zecca, il presidente della Repubblica francese si fa già sentire in Europa: dice chiaro e tondo di non volere un direttorio franco-tedesco. Magnanimo? Manco per sogno: mica si è francesi per nulla. Sarkozy restava disperatamente aggrappato ad un direttorio franco-tedesco dove zampettava da pettoruto bastardino di Frau Merkel al solo scopo di dimostrare che l’Hexagone non è secondo a nessuno. Hollande lo rinnega per lo stesso motivo; per cui il corollario dell’inversione di marcia è questo: cari amici europei, siamo noi, che non siamo secondi a nessuno – ça va sans dire – i leader naturali del fronte anti-tedesco.
CORRADO PASSERA 11/05/2012
Possiamo dirlo? Possiamo dirlo. Siamo qui per spararle grosse. Erano anni che non si vedeva una tale schiappa al governo. Il ministro dello Sviluppo Economico ecc. ecc., che doveva essere il braccio destro del capo, e forse anche il suo braccio violento, passa il tempo a zampettare intorno agli altri ministri e al presidente del consiglio, a girare intorno alle cose, a girarsi i pollici, e ogni tanto butta là la sua frasetta inodore, insapore, temporeggiatrice, come se per la testa non gli passasse non solo un’ideona ma neanche la più pallida ideuzza: il vuoto, dipinto in faccia, nella disperata ricerca di una via d’uscita, che è la sua specialità. Fu co-ammininistratore delegato dell’Olivetti quando alla gloriosa azienda informatica, mezza defunta, si volle, a parole, cercare un futuro nelle telecomunicazioni, grazie alla provvidenziale firmetta all’ultimo secondo di un Ciampi in uscita da Palazzo Chigi, che diede a De Benedetti la vittoria nella gara d’appalto per il secondo gestore della telefonia mobile in Italia. Il futuro doveva chiamarsi Omnitel-Infostrada ma il “gioiello” fu venduto ai tedeschi poco dopo, con guadagni colossali, tanto poco era costato. Fu poi amministratore delegato delle Poste, che lui trasformò in Banca, senza che nessuno ne avvertisse il minimo bisogno, soprattutto quei poveri diavoli, degni di ogni rispetto, che ancora oggi vanno in posta a pagare le bollette sbuffando per mezze ore dietro ai clienti della banca, senza sapere chi ringraziare. Ma passò per risanatore. Così arrivò in carrozza ai vertici manageriali di Banca Intesa, a capo cioè di una grande grande grande banca, lavoro che s’addice perfettamente a chi ha l’attitudine a fare il pesce in barile. In sei mesi di governo al nostro è riuscito solo di imparare il politichese, o in sindacalese che dir si voglia. «A rischio la tenuta sociale del paese», ha detto ieri, per esempio, suscitando l’invidia di Casini e Bonanni, che per certe frasi scipite farebbero pazzie.
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