Un giorno di gogna non fa male a nessuno. Come dicono i filosofi più in gamba, è tutta esperienza. Su GIORNALETTISMO.COM
JUPP HEYNCKES 21/05/2012
Picchia duro la stampa popolare teutonica contro «l’anticalcio distruttivo» del Chelsea. Mah, se un gioco difensivo ad oltranza ha una sua base razionale non può essere definito «anticalcio». Se invece una squadra nel metterlo in pratica umilia le sue potenzialità, o mette in preventivo una dose immodesta di fortuna, la linea che divide il realismo dalla stupidità si fa molto sottile, cosicché la sconfitta si accompagna sempre ad una figura barbina, mentre la vittoria al contrario ha il sapore di una scommessa miracolosamente vinta, frutto del concretissimo lavoro di straordinari professionisti della pedata. Poi c’è il dilettante, che ogni tanto con l’anticalcio ci prova, e molto male gliene incoglie. Guardate cosa ha combinato Heynckes con Thomas Müller. Il giovanotto è l’ombra del magnifico giocatore degli ultimi mondiali, ma ha grande personalità ed è assai sveglio. Malgrado un sacco di sbavature è cresciuto durante tutta la partita mentre gli altri pian piano si assopivano e a pochi minuti dalla fine è stato lui a buttarla dentro. Quando, poco dopo, il suo allenatore l’ha spedito in panchina, cedendo ad uno dei vezzi più cretini dell’anticalcio da operetta, abbiamo avuto tutti un presentimento, o no?
ANGELO BAGNASCO 22/05/2012
«C’è bisogno di lavoro, lavoro, lavoro. Non smetteremo di chiederlo, tanto il lavoro è connesso con la dignità delle persone e la serenità delle famiglie.» Così dice il cardinale. Non mi è mai piaciuta quella retorica, a volte piagnucolosa, a volte farisaica, che sembra includere il lavoro nel numero delle belle cose del mondo. L’uomo non è fatto per il lavoro. Ossia: la vera natura dell’uomo non è fatta per il lavoro. Se potesse vivere bene senza lavorare, l’uomo non lavorerebbe: al massimo si dedicherebbe ad una libera attività senza orari, scadenze ed impegni da rispettare, la qual cosa non è un «lavoro», e neanche un’attività artistica, perché anche quest’ultima, tanto più quando è libera ed indipendente, ha il suo aspetto angoscioso legato al vil denaro. Per la Bibbia, che la sa lunga, la vita grama dell’uomo comincia con la cacciata dall’Eden. Ed è per bocca di un Dio imbufalito che l’uomo viene avvertito una volta per tutte: «Con il sudore della tua fronte mangerai pane, finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto, perché polvere sei e in polvere tornerai!» Persino un apostolo del liberismo economico come Ludwig Von Mises metteva l’accento sull’aspetto «penoso» del lavoro. Il lavoro, insomma, è una maledizione. Ma mica è il caso di piangere. Dire la verità rasserena, e ci predispone meglio alla necessaria fatica quotidiana. Invocarlo come una benedizione è invece quantomeno un’esagerazione. Chiederlo poi come se fosse un obolo che una qualche misteriosa potenza può concedere a suo piacimento è persino irritante. Tanto vale chiedere l’obolo direttamente, o no?
BEPPE GRILLO 23/05/2012
In vino veritas. Nell’ebbrezza della vittoria in quel di Parma Beppe, l’ultimo e più rumoroso interprete delle correnti palingenetiche che ammorbano la politica italiana dalla fine della prima guerra mondiale in poi, ha parlato di «vittoria della democrazia sul capitalismo». Un vento nuovo, non c’è che dire: da un secolo e passa i demagoghi di tutte le risme vanno sempre a finire là, immancabilmente, povere pecorelle, nel rifugio sicuro dove si può sparare tranquilli contro la Croce Rossa, ossia il bieco «capitalismo», che non è altro che un paroletta suggestiva di conio marxista, anche se non di Carletto in persona. A questa fila anche il nostro montone vaffanculista si è accodato, molto diligentemente, coprendo col chiasso il formidabile belato che gli prorompeva dal petto.
FILIPPO PATRONI GRIFFI 24/05/2012
Replicando al nuovo presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, il Ministro della Pubblica Amministrazione ha svelato un segreto: «La riforma della Pubblica Amministrazione e la Semplificazione sono priorità anche del governo. In questa direzione l’esecutivo sta lavorando sin dal primo giorno.» Sono dunque centottanta giorni di fila che il governo del «fare presto», quello che doveva limitarsi a dare corpo alle chiarissime idee da cui era animato, rimugina su questa riforma, senza riuscire a venirne a capo. Eppure la volontà c’è, fermissima. Secondo me, è tempo di mettere in campo gli incentivi. Un bel premio di produttività, per esempio. Ma che sia grosso.
COSIMO CONSALES 25/05/2012
Gli applausi ai funerali: quando li sento mi cascano le palle. Vogliamo prendere per il culo il caro defunto anche da morto, ora che per lui il tempo degli scherzi è finito per davvero? O troviamo forse in questo vitalismo alle vongole il nutrimento per l’anima nostra fine e sensibile? Non è che magari abbiamo deciso che la morte debba essere sempre per forza considerata un insulto che colpisce l’innocente, al solo scopo di sentirci tutti buoni, bravi ed innocenti, solidarizzando rumorosamente con il suo cadavere? Da un po’ di tempo quando si muore fioccano gli applausi: non mi sembra mica una cosa tanto normale. Possibile che in tutti gli altri secoli che il mondo ha conosciuto l’umanità si sia sbagliata? Al “Concerto della legalità”, ad esempio, non è mancato un lungo applauso per Melissa, la ragazza uccisa a Brindisi. Lo aveva chiesto espressamente il sindaco della città pugliese. Non una menzione, non un ricordo: l’applauso, quello ci voleva. Bah.
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