Un giorno di gogna non fa male a nessuno. Come dicono i filosofi più in gamba, è tutta esperienza. Su GIORNALETTISMO.COM
IL PACIFISTA RAPPACIFICATO 09/07/2012 Sembrava dovesse sommergerci tutti; invece la marea pacifista si è improvvisamente ritirata come un’epidemia medievale, un’orda mongola o la monnezza napoletana. Sant’Obama ha fatto il miracolo: ha ripulito le strade dai Discepoli della Dea Pace. Da quando l’Abbronzato guida il mondo democratico sembra che questi esaltati siano fuggiti nei loro eremi a fare gli esercizi spirituali. E’ probabile che nel loro corso di perfezionamento abbiano già raggiunto l’atarassia, perché ormai sono sordi anche alle cannonate mediatiche. Hillary Clinton ha usato in questi giorni toni che a noi, nostalgici dell’anticomunismo, hanno ricordato gli anni ruggenti della guerra fredda, quando al mondo ci si capiva ancora qualcosa, quando l’unico comunista buono era quello morto: «Ve lo dico molto francamente,» ha detto il Segretario di Stato USA, «non penso che Russia e Cina credano che stiano pagando un prezzo per stare al fianco del regime di Assad. L’unico modo per cambiare è che ogni nazione qui presente dica direttamente e chiaramente che la Russia e la Cina pagheranno un prezzo perché stanno bloccando i progressi. Non è più tollerabile.» Successivamente, non contenta, ha avvertito direttamente Assad: «La Siria rischia un attacco catastrofico.» Il pacifista della porta accanto, con la calma suprema del mangiatore di loto, non ha alzato neanche un sopracciglio. Avrebbe pianto come un vitello e muggito come un toro impazzito ai tempi di Condoleezza Rice. L’Abbronzata.
LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO 10/07/2012 Tutto il mondo è paese. Anche il gran mondo. Nel vostro paesello quando il villico si trova impegolato in un problemino ostinato, con qualche minimo riflessuccio pubblico purchessia, dopo un po’ si sente ampiamente giustificato ad imboccare la scorciatoia di un abboccamento col deus ex machina del borgo, il sindaco. Ora pure Luca ha un problemino: le stazioni romane Tiburtina ed Ostiense non sarebbero ancora all’altezza del suo meraviglioso trenino, Italo, nato per dar lustro all’Italia e non per essere umiliato da grigie e slabbrate locations suburbane. Per questo l’alfiere dell’Italia Futura ha scritto una lettera aperta al Presidente del Consiglio, acquistando intere pagine di pubblicità su vari quotidiani. Come ogni italico postulante, passato e futuribile, ha usato espressioni strazianti, ma nel suo caso studiatamente à la page, come “mortificazione della crescita”, di cui fino a qualche tempo fa il popolo non avrebbe capito una mazza, ma che ora suonano come un crimine contro l’umanità. Comunque ormai è fatta. E dunque, caro Monti, metta pure una buona parola, anche da parte nostra. Fiduciosi che grazie al suo sapiente consiglio la Tiburtina e l’Ostiense saranno presto luccicanti e funzionali stazioni, degne di un paese civile, porgiamo distinti saluti.
CHRISTOPHER ANDERSEN 11/07/2012 L’ottocento ci donò Hans Christian Andersen, lo scrittore di favole. Il novecento invece ci ha regalato Christopher Andersen, biografo favoloso, che proprio in questi giorni ha portato felicemente a termine la sua ultima fatica, dedicata alla leggendaria vita del cantante dei Rolling Stones, ed intitolata “Mick: The Wild Life and Mad Genius of Jagger”. Secondo Andersen, nella sua attività amorosa Mick Jagger, che fino ad oggi ha fatto in tempo a mettere in fila, oltre ad una lunga relazione con Marianne Faithfull, due mogli e sette figli avuti da quattro donne diverse, avrebbe collezionato 4.000 partner di sesso femminile, senza contare un incontro ravvicinatissimo del tipo più intimo con David Bowie (probabilmente al tempo di “Life on Mars”, dico io, quando David sembrava un trans appena sbarcato dal pianeta rosso). Mick ha ormai settant’anni. Mettiamo pure che la sua formidabile carriera di Don Giovanni sia cominciata a quindici anni: sono cinquantacinque anni, ovvero circa 20.000 giorni di attività penetrativa, i quali, divisi per 4.000 femmine, danno una media di una nuova partner ogni cinque giorni. E’ chiaro che una media è sempre una media, che non ci dice, per esempio, che Mick lo Stallone in certe bunga bunga nights era capace d’infilzare allo spiedo non meno di una dozzina di giumente per volta. Ma la media non ci dice neanche, per esempio, che sicuramente una certa percentuale di questo immenso parco femmine è stato riutilizzato più e più volte da Mick la Trivella, e spesso allo stesso tempo, una volta ottemperato, s’intende, ai sacri doveri coniugali, che non dovete mai dimenticare, come certo non li dimenticava lui. I nudi dati dello studio di Andersen ci rivelano perciò un uomo eccezionale. Sarebbero numeri sbalorditivi anche se ci trovassimo al cospetto di un assatanato puttaniere, nel senso commerciale del termine, e non invece davanti ad un uomo capace di conoscere carnalmente una donna prima ancora di fare i convenevoli e di guardarla in faccia: l’uomo da monta in tutta la sua animale, commovente e direi virginea purezza. Uno dei più grandi di tutti i tempi.
I CONCERTAZIONISTI 12/07/2012 Monti tocca la “concertazione” e per poco non resta fulminato dallo sconcerto. Non se l’aspettava, il pollo. In effetti la sua critica è stata ultra-riguardosa. Era partito bene, nel suo intervento all’assemblea dell’Abi, dicendo: «In un’economia e in una società moderna le parti sociali vanno consultate dal Governo, ma su gran parte delle materie pensiamo che debbano restare “parti”: vitali e importanti ma non dei protagonisti ai quali il potere pubblico delega le decisioni in una sorta di outsourcing». Si fosse fermato qui, i concertazionisti sarebbero rimasti calmi, e forse non avrebbero nemmeno capito: mai sopravvalutarli. Ma poi lo sciagurato l’ha nominata: «Esercizi profondi di concertazione» aveva continuato «hanno generato i mali contro cui noi combattiamo e a causa dei quali i nostri figli non trovano facilmente lavoro». Avrebbe potuto dire «l’abuso della concertazione», oppure «un malinteso concetto di concertazione», o meglio ancora «una cattiva concertazione» – ché questo voleva dire, e sono convinto che lo chiarirà a breve se non l’avrà già fatto quando queste righe saranno pubblicate – e forse, in parte, l’avrebbe scampata. Invece ha fatto il poeta e così alla numerosissima cricca dei concertazionisti non è parso vero, stavolta, di poter far finta davvero di non capire. Ha cominciato la Camusso, poi il Bonanni, poi l’Angeletti, poi il Centrella (chi è il Centrella? E’ il segretario dell’Ugl), poi il Guerrini (chi è il Guerrini? E’ il presidente di Rete Imprese Italia), poi il democratico Sergio D’Antoni, ex segretario della Cisl, e poi Di Pietro in persona, e poi mi sono rotto. Il bello è che sono insorti tutti come un sol uomo, e hanno parlato tutti con una sola voce, senza che la cosa venisse minimamente concertata.
P.S. 1 La precisazione è arrivata per bocca del ministro Passera: “Il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, getta acqua sul fuoco sostenendo che «l’uso distorto della concertazione ha creato problemi», perché «in passato» ha «portato decisioni molto negative. Ciò non vuol dire che un dialogo tra parti responsabili, dove poi alla fine c’è chi ha la responsabilità di decidere, non sia un metodo giusto».” (La Stampa.it)
P.S. 2 All’articoletto del sottoscritto ha risposto un altro articoletto, garbatamente polemico, all’interno della stessa testata, cui ho ribattuto così:
Zamax non si vergogna di te. Anche se lo facesse la cosa non dovrebbe essere presa troppo sul serio. Un giorno, prima o poi, Zamax si vergognerà di se stesso per farlo capire a tutti. Lo avrei già fatto, se il timore d’ingenerare il sospetto di megalomania (a mio modesto avviso non proprio ingiustificato, conoscendomi) non mi avesse fermato.
1) Ho svergognato i “concertazionisti” perché, con un riflesso pavloviano, hanno fatto finta di non capire cosa Monti volesse dire. Monti stesso lo aveva spiegato: «In un’economia e in una società moderna le parti sociali vanno consultate dal Governo, ma su gran parte delle materie pensiamo che debbano restare “parti”: vitali e importanti ma non dei protagonisti ai quali il potere pubblico delega le decisioni in una sorta di outsourcing». Insomma, ognuno al suo posto. Ho dato a Monti del pollo per non averlo riassunto con un’espressione semplice, quale “abuso di concertazione”, oppure “uso distorto della concertazione” come ha precisato poi il ministro Passera. “Consociativismo” e “concertazione” sono in fondo due neologismi di natura politica, anche se la seconda parola esisteva già nel vocabolario. La prima ha valenza negativa, la seconda positiva. Ma nella realtà dei fatti non è sempre facile distinguere tra le ammucchiate “consociative” e quelle “concertazioniste”. Così spesso si finisce per demonizzare o santificare la stessa cosa: basta la parola! La parola “concertazione” è santa, e guai a chi la tocca! Resto convinto che Monti – purtroppo, mi verrebbe da dire – non l’abbia fatto apposta e che egli stesso si sia sorpreso delle reazioni che ha innescato.
2) Anche la nascita del governo Monti, formalmente legittima, è stata una discreta spallatina antidemocratica. Un governo che “s’aveva da fare” a tutti i costi. L’ho criticato per questo, perché prima o poi il paese paga il prezzo culturale di queste manovre “diseducative”, giustificate naturalmente da “ragioni superiori”, anche nel caso poi il governo tecnico si rivelasse efficiente. Ho elogiato il Berlusca perché, dopo aver resistito fino all’ultimo, al momento della resa è stato costruttivo e non ha rovesciato il tavolo. Insomma perché è stato responsabile vista la posizione debolissima in cui l’Italia si era venuta a trovare. Non sarà certo Berlusconi a fare lo sgambetto a Monti, anche perché lui è convinto che col tempo Monti, i cui veri problemi politici “strutturali” sono a sinistra, se vorrà fare sul serio dovrà pascolare a destra, dove forse, miracolosamente, troveranno la forza per sopportare i mal di pancia.
DANIELE VICARI 13/07/2012 Ha firmato anche lui, il regista di “Diaz”, per la campagna “10×100. Genova non è finita. Dieci, nessuno, trecentomila”, insieme ad altri riconosciuti monumenti della cultura italiana, quali Erri De Luca, Margherita Hack, Elio Germano, Curzio Maltese, e Moni Ovadia, per chiedere che venga annullata dalla Cassazione la sentenza della Corte di Appello genovese che il 9 ottobre 2009 «ha condannato 10 persone a pagare con 100 anni di carcere tutta la mobilitazione della società civile del G8 di Genova, affermando che le persone sono più importanti delle cose». Questi dieci sono stati condannati per saccheggio e devastazione. A leggere la simpatetica Repubblica.it, che di solito ci rompe non poco i marroni col “culto della legalità”, si ride di gusto: i dieci ormai hanno cambiato vita; solo due di questi dieci, legati a gruppi antagonisti, hanno conosciuto, ahimè, la prigione; e poi tutti questi giovanotti, ahinoi, sono entrati nel mondo del lavoro, ed alcuni si sono costruiti una famiglia; e poi non è giusto che siano loro, ahiloro, a pagare per tutti. Quest’ultima osservazione è vera, ed il succo del manifesto in fondo è la rivendicazione di una colpa o di un’innocenza collettiva. Ma è anche la prova che sui fatti del G8 di Genova si sta costruendo un falso storico, e che il bombardamento retorico sulla loro memoria, esemplarmente selettivo, maschera un’operazione di rimozione collettiva. La devastazione e i saccheggi di quei giorni devono essere sbianchettati dalla storia, per lasciar spazio all’unico «dettaga del borgo, il sinente accettabile: il «massacro della Diaz», il solo massacro della storia dell’umanità – dettaglio non trascurabile e direi stravagante – a non aver conosciuto morti. E comunque un briciolo di verità sul quale costruire, facendogli il buio attorno, con un gioco sapiente di luci, da mago del set, una gigantesca menzogna. E su questa, a parere dei nostri migliori cittadini, la Legge dovrebbe apporre il suo Sigillo.
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