Un giorno di gogna non fa male a nessuno. Come dicono i filosofi più in gamba, è tutta esperienza. Su GIORNALETTISMO.COM
STEFANIA FICO 23/07/2012 «E chi è?», direte voi. Stefania è una diciottenne di Adria, antichissima cittadina in provincia di Rovigo (non si sa ancora per quanto, visto che secondo gli ottimistici piani del governo i polesani, che sono una razza veneta un po’ così, ma così così, dovrebbero meticciarsi coi padovani e forse in parte coi veronesi). La ragazza è stata appena nominata Miss Sportiva Diadora Veneto 2012. La Fico de noaltri (romanesco: de noantri) frequenta il Liceo tal dei tali, nel tempo libero ascolta quello lì, alla televisione segue quelli lì, il suo hobby è quello là e la sua ambizione quella là. E il personaggio che vorrebbe incontrare? Be’, quello lì. Ma proprio quello lì. Il moretto. Il Mario.
MASSIMO ZAMARION 24/07/2012 Come i più perspicaci di voi hanno capito da un bel pezzo, non c’è persona al mondo che si creda più spiritosa di Zamarion. Queste manie di grandezza sono tipiche di chi nella sua vita non ha mai combinato un bel nulla. E questo caso non fa assolutissimamente eccezione, ve lo garantisco. (Va da sé che i più perspicaci di voi hanno pure capito che anche questo ulteriore passetto verso l’assoluto auto-annichilamento è tipico del più miserabile uomo del sottosuolo, che nell’estrema infamia intende ribadire la sua illustre specificità nei confronti del volgo.) Come forse sapete, ieri l’imbecille in questione ha voluto prendere per il sederino un’avvenente fanciulla, tale Stefania Fico, Miss Sportiva Diadora Veneto 2012, rea di aver indicato in Mario Balotelli il personaggio che sognava di incontrare. Si capisce che ella ironizzava con molto spirito sul proprio cognome, da vera reginetta. Non sembra che il Resto del Carlino.it abbia colto l’umorismo della Fico. E’ certo invece che l’imbecille non ha capito una mazza. Il vostro campione si è limitato a grattarsi la testa, non sapendo decidere se la nuova Miss fosse più scema o più spudorata, prima di sentenziare con la solita risibile sicumera. Non gli è passata nemmeno per l’anticamera del cervello l’idea che una bella ragazza, un gran pezzo di figliola, insomma una sventola da infarto potesse avercelo lei, un cervello. Non contento, il nostro è riuscito pure a prendersi una solenne lavata di capo da qualche polesano risentito per una sua cameratesca, innocente, simpatetica allusione al carattere particolare, benché genuinamente veneto, dei terroni della Serenissima: a conferma che è gente sanguigna (anche se cento volte meno esaltata dei romagnoli, detto tra noi). Stendiamo comunque un velo pietoso sull’ennesima tragicomica avventura “intellettuale” di Zamarion. E’ lui Mister Babbeo Veneto 2012. Non temete, apprezzerà il premio: è un cretino a tutta prova, un cuor contento come ce ne sono pochi al mondo. (Ah rieccola, la sua illustre specificità!)
MASSIMO D’ALEMA 25/07/2012 Se lo conosci, non lo eviti: può farti solo il solletico. Ma se non lo conosci, è meglio che lo eviti: ti potrebbe incenerire. Ogni volta che apre bocca è come se emanasse una fatwa. Il talento è innato ma sembra che Massimo lo coltivasse fin da ragazzino, quando si allenava davanti allo specchio, tutto compreso di sé, a dire cose come «uno più uno uguale tre» oppure «tre più due uguale quattro», con un tono che non ammette repliche, ostile, ma tranquillo al punto da farvi male: la mancanza di fremiti umani sta a significare per l’appunto che non siete degno nemmeno di un grammo di stizza, che siete uno zero assoluto. Sopravvissuti a questo primo colpo, scoprireste però che il giorno dopo D’Alema ha già dimenticato voi, le vostre colpe e le proprie cavolate, e che sta esercitando la sua glaciale oratoria contro qualcun altro. La sua tattica bellica, infatti, contempla unicamente la vittoria al primo assalto, anzi, alla prima parvenza d’assalto, su un nemico raggelato dalla paura, che gli si consegna inerme. In caso contrario, il nostro torna regolarmente a cuccia. Oramai la storia è nota ed è per questo che Max ha diradato di molto i suoi blitz, che in compenso però mirano sempre più in alto. «Non si capisce più se il Pdl faccia parte della maggioranza», ha detto ieri, per esempio. «I provvedimenti del governo cadono tutti sulle nostre spalle. Ormai la situazione è insostenibile, quanto può durare?», ha proseguito perentorio, per poi intimare: «Se ne devono rendere conto tutti, compresi il premier e il presidente della Repubblica.» Ecco, adesso passeranno due o tre giorni. Non succederà nulla, e Max si sentirà libero di riformulare completamente il suo punto di vista sulla situazione. Sarà implacabile, però, come sempre.
FRANCESCO CASCIO 26/07/2012 Primi segni tangibili che nelle casse della Sicilia son rimasti solo gli spiccioli: i deputati della regione non hanno ricevuto lo stipendio di luglio. Leggo, non so se sia vero, di 13.000 € netti al mese per gli eletti dell’opulento e felicissimo Regno di Trinacria. Fossero anche la metà, a mio modesto avviso si tratterebbe pur sempre di un gruzzoletto nient’affatto disprezzabile. Io non ci sputerei sopra. Comunque, se ne riparlerà con calma ad agosto. Intanto, via tutti in vacanza; che tanto a forza di sudati salari nella cascina del parlamentare ormai non c’era spazio neanche per una forconata di fieno in più; senza contare che anche al re dei babbei era chiarissimo come i tempi magrissimi consigliassero un proficuo silenzio di tomba. Gli eletti siciliani si sono però arrabbiati di brutto, anche se fessi non sono. «L’assessore all’Economia Gaetano Armao», ha tuonato il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, «tratta l’Ars alla stregua di un qualunque fornitore, o di un ente. Ma l’Ars è un organo istituzionale di valenza costituzionale e di conseguenza l’erogazione dei trasferimenti è sempre stata effettuata d’ufficio. Da quando c’è lui si tende a stravolgere questo concetto, e quindi l’Ars passa in coda rispetto ai fornitori, e questo non è possibile.» La faccenda, avete capito, è molto più grave di una semplice questione di soldi, come avevate bassamente sospettato. E’ una questione di principio, di organi istituzionali di valenza costituzionale, di organi costituzionali di valenza istituzionale, di onore, di offesa dignità, di essere o non essere. In breve: di «lei non sa chi sono io». Oltre che una questione di soldi.
LUCIANO GALLINO 27/07/2012 E’ da più di un secolo che l’intervento dello stato nell’economia non cessa di crescere. In molti paesi la spesa pubblica ha raggiunto livelli stratosferici, palesemente anormali, e si mangia metà della ricchezza prodotta, col doppio risultato di bloccare la crescita economica e di rendere insostenibile il welfare. Il debito pubblico, da ultima risorsa cui ricorrere, da arma da economia di guerra, è diventato il mezzo ordinario dello stato per finanziarsi e per finanziare e dirigere lo sviluppo economico. L’ «indipendente» governatore della banca centrale, per conto dello stato, è diventato il regolatore e il guardiano di quel che resta dell’economia, quella «di mercato». E’ lui che decide, per conto dello stato, quando bisogna dare gas all’economia, e quando bisogna schiacciare il freno. E’ a questo vigile che staziona all’incrocio dei traffici e dei commerci che l’uomo della strada e il politico hanno imposto da tempo di bloccare i semafori sulla luce verde, e di tenere bassi i tassi d’interesse anche quando il fiume dei risparmi si riduce ad un rivolo d’acqua: all’assistenzialismo statale si somma così l’assistenzialismo bancario, un supplemento di bonanza fondato sui debiti privati; una truffa di cui lo stato, a ben vedere, «in ultima istanza» si fa mallevadore, tanto che alla fine della giostra i debiti privati e le crisi bancarie si scaricano sui debiti pubblici. Le bolle e l’immenso edificio barocco della «finanziarizzazione» dell’economia, il cosiddetto «turbocapitalismo», nascono da questa manomissione della libera economia, l’unica in realtà «sostenibile»: è quando si spengono i segnali del «mercato» che crescono i mostri. Diversamente le bolle economiche e finanziarie si sgonfiano molto prima e forse nemmeno si formano. In tutto questo di liberalismo economico non si vede traccia alcuna: dove lo stato non agisce in prima persona, è il libertinismo economico ad agire, in barba alle regole del mercato, con l’avallo dello stato. Che alla fine, non contento dei disastri combinati, all’apice della sua presa sulla società, se le canta e se le suona pure, attraverso la voce dei suoi apologeti più illustri, come il sociologo Luciano Gallino, al quale sicuramente non hanno lavato il cervello, ma tuttavia arriva a dire: «Le dottrine neoliberali hanno goduto di un monopolio sui cervelli: la grandissima parte dei commentatori sono dentro di esse. Meno Stato a tutti i costi, anche se i costi si scaricano sulla gente comune.»
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