La rubrica dove raccogliamo i link per non perdere le novità tecnologiche nel mondo dell’informazione.
Facebook cambia l’algoritmo. Di nuovo. Questa volta i contenuti degli amici con cui si interagisce di più saranno privilegiati rispetto a quelli delle pagine. Jay Rosen, professore della New York University e consulente di First Look Media, si pone il problema dell’ambiguità di Facebook nello spiegare che il controllo del newsfeed è in mano all’utente, mentre il meccanismo che regola la visibilità dei post che appaiono sulle nostre bacheche rimane oscuro. Soprattutto per il ruolo che il social network vuole cominciare a coprire come piattaforma editoriale.
I video verticali sono sempre più difficili da ignorare. Non importa quanto le barre nere a fianco dell’immagine diano a fastidio a tutti gli amanti del landscape, il formato verticale — tra l’altro imposto da applicazioni come Periscope — sarà quello da privilegiare se pensiamo che negli Stati Uniti i lettori dei giornali online via mobile-only, dal gennaio 2014 al gennaio 2015, sono aumentati del 73%.
Mobile is the new black. Come annunciato a febbraio, dal 21 aprile il motore di ricerca di Google privilegia i siti internet ottimizzati per mobile a scapito di quelli che hanno solo la versione desktop. Paura, eh? Con il test di compatibilità puoi controllare se “piaci” a Google e se hai qualche possibilità di salire nei risultati delle ricerche.
Differenziare gli account Twitter e le pagine Facebook dei propri account, funziona? A Perugia l’ho chiesto al direttore dei social media per Bbc News, Chris Hamilton, e secondo lui è meglio concentrare gli forzi sul produrre nuovi contenuti piuttosto che creare nuovi account. Però la moltiplicazione di profili e pagine ha senso quando c’è una forte divisione tematica. Lo ha fatto il New York Times con la nuova pagina Facebook “Politics and Washington”.
L’homepage è il volto del brand (e della sua mission). Lo scrive Joshua Benton analizzando il nuovo design del sito di The Atlantic, che ha una homepage con rullo di notizie, grandi foto e grande personalità.
Va bene la tecnologia, ma anche la sintassi non è da buttare. Roy Peter Clark ha fatto un bel lavoro di analisi delle prime righe dei reportage che hanno vinto il Pulitzer, segnalato su Twitter da Luisa Carrada.
Photo courtesy: Ryan McGuire