Allora feci l’unica cosa che potevo fare in quel frangente. Spiegai
1) che il lavoro assorbiva buona parte del mio tempo. Il che è vero, ma è palesemente una scusa fragile, perché ho sempre scritto i miei testi a casa. Così aggiunsi2) che in realtà ero stato impegnato a scrivere dei racconti per partecipare a diversi concorsi letterari (comprese le selezioni per un talent letterario televisivo), in uno dei quali ho persino vinto (colgo l’occasione per ringraziare gli organizzatori di GialloStresa) un soggiorno premio in una bellissima località ossolana3) che a casa sono impegnato a (fingere di) aiutare Malikà nella Missione Impossibile di conciliare i suoi doveri di mamma e folletta lavoratrice, ma che soprattutto 4) è impossibile avvicinarsi al PC prima di una certa ora, perché come ti siedi ecco materializzarsi dal nulla di fianco al tuo gomito una testolina che grida«CATONE!»che tradotto dal bimbese di mia figlia all’italiano standard suona pressappoco così«Voglio sentire le mie canzoni preferite su you tube e se non me le farai ascoltare subito ripeterò enne volte la mia richiesta e se non basterà inizierò ad allungare le mani verso la tastiera e se questo ancora non ti avrà convinto mi metterò a piangere.»Comprenderete che non si può far piangere una bimba che vuole solo essere presa in braccio per ascoltare le sue canzoni del cuore che, per la cronaca, sono "POTOTATO" ("The lion sleeps tonight") “LEONE” (“Il cerchio della vita” da “Il re leone” ), CIUNCA (“lo stretto indispensabile” da “Il libro della giungla” ) e “CAVALLO BALLA” (“La danza del regno” da “Rapunzel”). Così prima dell’ora della nanna della bimba al computer non si riesce proprio a lavorare e dopo di questa si avvicina pericolosamente l’ora del sonno per chi a quel punto dovrebbe scrivere. Aggiunsi anche alcune classiche, come«C'è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette!»scuse che di solito funzionano sempre con le ragazze, anche se sono armate di mitra. Almeno nei film. Purtroppo per me non eravamo a Hollywood e la ragazza non aveva un mitra, ma un drago puntato a pochi centimetri dalla mia faccia. Una creatura, aggiungo, dalla cui gola proveniva un brontolio minaccioso. Un verso che diceva tutto e nulla di buono prometteva.Come tutti sanno, i draghi sono maestri dell’inganno, per cui fregarne uno è come cercare di vincere al Superenalotto. Si dice che qualcuno ci riesca, di tanto in tanto, ma del fortunato, guarda caso, non c’è mai traccia.A quel punto avrei potuto forse raccontare la verità pura e semplice. Purtroppo, come diceva Oscar Wilde, "la verità è raramente pura e mai semplice". Nel mio caso poi sarebbe sembrata il parto della fantasia di un poeta ebbro d’idromele, così chinai le testa e tacqui.Il risultato lo vedete. Non mi riferisco all’immagine iniziale, anche se confesso che un tantino male le orecchie mi fanno ancora, quanto al presente post che è un modo per tener fede alla promessa di scrivere con maggior frequenza. Diciamo settimanale? Va bene, diciamolo.Un’ultima cosa: per gli scettici, che abbondano sempre in ogni parte del mondo, la ragazza aveva veramente un drago sulla spalla. Guardate qui, se non mi credete…Possono interessarti anche questi articoli :
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