Una stagione positiva in casa Bulls

Creato il 11 giugno 2011 da Basketcaffe @basketcaffe

Derrick Rose miglior giocatore della stagione regolare; Tom Thibodeau miglior coach dell’anno; Gar Forman Executive Of the Year. Tre premi individuali per la squadra che a fine regular season aveva il miglior record dell’intera Lega e che sembrava davvero la favorita per arrivare alle Finals visto il momento di forma che stavano attraversando i suoi giocatori.
L’impatto con i playoff però non è stato facilissimo e contro Indiana i Bulls hanno sofferto più del dovuto, salvati spesso dal loro leader maximo, quel Derrick Rose che è diventato il più giovane MVP della storia! La solidità difensiva, marchio di fabbrica dell’ex assistant coach ai Boston Celtics campioni NBA, ha poi aiutato parecchio anche al secondo turno di playoff contro Atlanta dove le due partite vinte dagli Hawks sono arrivate più per la grandissima vena offensiva di Johnson e Crafword che per demeriti di Chicago. Anche la mentalità portata da Thibodeau ha rivoluzionato l’ambiente e la scelta di tenere in campo chi stava giocando meglio in quel momento lasciando in panchina anche giocatori più “quotati” gli ha fatto ottenere grande rispetto, almeno agli occhi degli altri coach e dei media di tutto il mondo.

Quello di negativo che le prime due serie avevano evidenziato, però, è risultato decisivo nella sconfitta in finale di Conference contro Miami: la scarsa pericolosità offensiva di molti giocatori dei Bulls è infatti stata pagata a carissimo prezzo contro una difesa, quella degli Heat, che ha aspettato Rose sotto canestro chiudendosi abilmente e sfiancando l’MVP che nei finali di partita punto a punto ha tradito stanchezza e un po’ di inesperienza.
Anche qui la mano del coach dell’anno si è vista e non sempre positivamente, lasciare in panchina per moltissimo tempo un giocatore come Boozer ha pagato nella propria metà campo ma ha praticamente lasciato tutto il peso dell’attacco sulle spalle di Rose, permettendo alla difesa di concentrarsi su di lui. La presenza dell’ex Jazz avrebbe, per quanto il giocatore non fosse in grandi condizioni psico-fisiche, attirato su di sè qualche attenzione lasciando maggiore spazi ai compagni (o meglio, al compagno).

La strada per la franchigia di Chicago però è senza dubbio in discesa per il prossimo anno: la squadra costruita in estate ha dimostrato di essere incompleta solo marginalmente e qualche ritocco dovrebbe poterla rendere pronta per il definitivo salto di qualità. Manca una guardia in grado di costruirsi un tiro (Brewer e Korver non sono questo tipo di giocatori) e un lungo in grado di giocare in post basso (oltre a Boozer nessun’altro lo può fare, ne Noah, ne Gibson, ne Asik). Il mercato dei free agent non offre moltissimo ma l’opportunità di giocare con una squadra da titolo e con l’MVP in carica dovrebbe attirare più di qualche interesse.


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