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Una storia

Da Slela
Una storiaC'era una volta una coppia. Era una coppia come tante, stavano insieme fin da ragazzini, fidanzati ormai da tantissimi anni.
Lui faceva l'operaio, poi aveva aperto una sua piccola impresa individuale.
Lei si era laureata, poi era diventata libero professionista.
Ora convivevano da un anno. Gli obiettivi erano stati tutti raggiunti, la casa c'era, la noia incombeva.
Lei vedeva le sue amiche uscire in tiro al sabato sera, e invidiava quella libertà che non aveva mai avuto, l'emozione di sentirsi bella e corteggiata, la leggerezza del divertirsi senza nessun pensiero.
Lei iniziava ad avere strane idee in testa, e si cominciava a chiedere se il suo lui fosse davvero il principe azzurro.
Lei era diventata una di quelle capricciose ragazze che, alla soglia dei trent'anni, iniziano a desiderare una vita diversa, perennemente insoddisfatte di quella che stanno conducendo.
La coppia inizia a fare qualche litigata, niente di grave, e ad ignorarsi pur convivendo, molto più grave.
Un giorno di metà aprile, con l'aria dolce della primavera che entra dalla finestra, lui inizia a dire che non si sente molto bene, sente intorpidite le mani e i piedi, sente le "formiche", come quando si risveglia un piede addormentato.
Lei guarda fuori dalla finestra e dice che forse è il cambio di stagione.
Lui va dal dottore che gli dice che forse lavora troppo.
I giorni passano, lui dice che si sente peggiorare. Va di testa sua al pronto soccorso, senza dire nulla a lei.
Il pronto soccorso lo rimanda a casa con delle compressine di cortisone.
Passano altri giorni, lui dice a lei: per favore, mi accompagni dal dottore, non riesco più a guidare.
Lei lo guarda, lo vede per la prima volta, si rende conto che forse lui sta male sul serio.
Lo riporta dal medico, che stavolta gli segna una visita neurologica urgente.
Lei, che quando si smuove sul serio fa tremare i vetri, lo fa visitare il giorno stesso.
La neurologa lo visita, e gli dice di riandare al pronto soccorso, ma di un altro ospedale più attrezzato, e con la richiesta di ricovero.
Così fa la coppia. Ormai lui non riesce più a usare le mani, e cammina con grande sofferenza. Il ricovero è scontato.
Iniziano tanti esami e flebo di cortisone a palla, una dietro l'altra.
Gli fanno una risonanza e la rachicentesi - la puntura lombare.
Senza l'esito di quegli esami, nessun dottore si sbilancia.
I giorni passano, lei deve lavorare, ma è tutti i giorni con lui, per colazione, pranzo e cena, per imboccarlo (lui prova a tenere in mano la forchetta, ma non riesce a "sentirla", e quindi a usarla), lavarlo e prepararlo per la notte. Sta con lui finché gli infermieri non chiudono il reparto e la cacciano a forza.
Lei smette di mangiare, perde chili su chili, e piange tutte le notti nella sua casa vuota, nel letto che sembra diventato enorme e gelido.
Ma quando è con lui ha sempre il sorriso.
Un giorno insegue un medico qualsiasi in corsia, pretende spiegazioni.
Il medico, guardando la cartella, dice che la rachicentesi è negativa, ma la risonanza no. Lui ha una forma di sclerosi multipla, che però ancora è troppo presto per dirlo, si chiama "sindrome demielinizzante".
Lei lo guarda con gli occhi sbarrati, proprio non se l'aspettava. A lei quelle parole fanno subito venire in mente le sedie a rotelle e i polmoni artificiali, confondendosi con un'altra malattia.
Lei va in bagno e piange per 10 minuti. Si lava la faccia e ritorna da lui, dicendo che ci sono buone notizie, ora si sa cos'ha, ha questa sindrome demielinizzante. Malattia dal nome nebuloso, non lo vuole spaventare.
Torna a casa e passa il resto della giornata a navigare su internet. Alla sera sa già tutto.
Allora spiega a lui quello che ha letto. Che ci vuole un altro attacco per chiamarla sclerosi multipla, che molti hanno una vita normale, che si ristabilirà completamente, che andrà tutto bene.
Ma lei non ne è sicura, e dentro di se si sente morire.
Il cortisone fa il suo corso, lui torna a casa, e ricomincia pian piano a usare le mani.
Ci vogliono circa 4-5 mesi perché torni a vivere normalmente.
Intanto lei si accorge del tempo che è passato, di cosa avrebbe potuto perdere, di cosa vuol dire essere felici.
Inizia a organizzare il matrimonio, chiesa, ristorante, abiti, eccetera.
L'anno successivo lui e lei si sposano. Il mese dopo le nozze lei è già in dolce attesa.
Lui poi ha avuto un altro attacco, quando lei era ancora incinta, ma più leggero del precedente, e la diagnosi si è concretizzata ufficialmente, iniziando la terapia. Ha avuto anche un'altra ricaduta, sempre leggera, con relativo cambio di terapia.
Da qui in poi la storia la sapete.
Oggi è il primo settembre, è il nostro anniversario, stiamo insieme dal 1990, sono passati vent'anni esatti.
Auguri amore mio.

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