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E' sempre sbirciando tra i ricettari, così ricchi di miti e leggende, dei nostri antichi trisavoli che si scopre quanto il cavolo era un ortaggio cool: se solo avessimo il coraggio di bere ogni mattina una centrifuga di cavolo crudo, magari impreziosita da qualche aromatica spezia, avremo il nostro prezioso fabbisogno quotidiano di vitamine e sali minerali assicurato. Nel bacino del Mediterraeo infatti era l'aperitivo più in voga nel 2000 a.C. anche perchè sia i Greci che gli Egizi erano convinti che assumere cavolo crudo prima di abbondanti libagioni e memorabili bevute li avrebbe preservati dall'ubriachezza molesta. Teofrasto, Marrone e Plinio consideravano il cavolo quasi miracoloso, capace non solo di preservare da tutti i mali e da tutti gli eccessi ma anche di scacciare malinconia e tristezza: insomma un antidepressivo senza effetti collaterali! I Romani infatti ne erano dei grandi estimatori: Catone ne parò tantissimo, Orazio amava consumare i cavoli cotti con il lardo ed Apicio nel suo De Coquinaria ci offre ben cinque ricette diverse abbinando cavoli e broccoli a spezie ed aromi in gran quantità.
Per secoli sotto i cavoli ci sono state vere e proprie nursery: era il modo più semplice per affrontare la terribile domanda che ogni bimbo prima o poi avrebbe fatto ad imbarazzati genitori. E la risposta più consueta ed ovvia era che "sotto le rose nascono le bimbe e sotto i cavoli nascono i maschietti". Una risposta logica, naturalmente, anche se sembra data sotto i fumi da assunzione di qualche altro ortaggio. Come abbiamo visto il cavolo era considerato un ortaggio importantissimo, un dono che la Madre Terra faceva all'umanità per mantenerla in buona salute, come la nascita di un bimbo è per la comunità un motivo di allegria e certezza che essa crescerà nel tempo. E siccome i nostri antichi progenitori, prima dell'avvento della cultura cristiana, avevano ben presente l'importanza fondamentale della donna all'interno della società la raccolta del cavolo era una competenza esclusivamente femminile ed avveniva grazie all'ausilio delle "levatrici", le moderne ostetriche, che avevano l'importantissimo compito di tagliare il cordone ombelicale che legava appunto il cavolo alla terra.
Questi sono i pensieri che hanno ispirato la rivisitazione di una ricetta tipica trentina per Trentingrana: un ortaggio prezioso arricchito dalla bontà del grana del Trentino e profumato da quelle spezie che la cucina di ispirazione tedesca ben sa proporre.
Quiche di pasta fillo con cavolo al cumino e crema di Trentingrana Ingredienti 8 fogli di pasta fillo, 1 cavolo, 2 cucchiai di cumino in polvere, 1/2 bicchiere di vino bianco aromatico, 2 scalogni, 250 gr di Trentingrana, 100 gr di ricotta di pecora (o vaccina se si preferisce), sale, pepe nero macinato al momento, olio evo.
Procedimento Accendere il forno a 200°. Pulire il cavolo e ottenerne tante piccole cimette e tagliare sottilmente gli scalogni. Rosolare in una padella con un filo d'olio lo scalogno, unire le cimette di cavolo, unire il cumino in polvere, mescolare bene, versare il vino e farlo evaporare. Dopo 10' minuti togliere dal fuoco, regolare di sale e pepe e mettere da parte. Nel bicchiere del mixer inserire 200 gr di Trentingrana tagliato a tocchetti, un goccio d'olio e la ricotta e frullare fino ad ottenere una morbida crema. Coprire una teglia rettangolare con della carta forno, stendere gli otto fogli di pasta fillo, versare la crema di grana, coprire con il cavolo e spargere i restanti 50 gr di Trentingrana grattugiato. Ritagliare la pasta in eccesso e cucinare nel forno statico, posizione centrale, per circa 20'. Sfornare, lasciar raffreddare per qualche minuto e servire subito.
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