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Una storia (quasi) inventata

Da Larvotto

Una storia (quasi) inventata

Com’era bella Carmen, con quei lunghi capelli neri in contrasto agli occhi color primavera, il seno prosperoso che faceva arrossire tutti gli uomini e quella risata fragorosa, quasi incontrollabile, che, quando la sentivi, anche se non sapevi di cosa si stava parlando, iniziavi a ridere anche tu.
Loris ne era innamorato, ma non riusciva a trovare il coraggio di dirglielo. Era così timido che, quando lei andava nel suo negozio a comprare la verdura, teneva gli occhi bassi e diventava subito tutto rosso appena lei gli diceva qualcosa.
Carmen l’aveva capito, perché tutte quelle cose le sentiva anche lei, ed a comprare la verdura da lui ci andava apposta, anche se era il negozio più lontano.
N’insaleta bòuna c’mà la càt chè, an la càt mia da nètra pèrta!” (un’insalata buona come trovo qui, non la trovo da nessun’altra parte!) gli diceva, quasi a volersi giustificare, mentre Loris gli allungava il sacchetto, abbozzando un sorriso che subito affondava sotto alle sue guance rosse.

Nel 1963 a Novellara le cose da fare non erano tante e quindi, per i più giovani, qualsiasi pretesto era buono per trovare un poco di divertimento.
Era il 7 giugno e quella sera l’occasione è stato il concerto de “i Monelli” un gruppo locale che stava iniziando ad avere tanto successo e che, proprio quella sera, si sarebbe esibito per la prima volta insieme ad Augusto, il loro nuovo cantante.
E ad assistere al debutto di Augusto c’erano anche Loris e Carmen che, ognuno insieme ad i rispettivi amici, seguivano il concerto tra risate, chiacchiere e l’immancabile lambrusco.
A dire la verità di quello che si stava parlando a loro non interessava, erano troppo occupati a lanciarsi timidi sguardi, o meglio, Loris lanciava timidi sguardi, perché la Carmen ad un certo punto lo sguardo non lo ha più abbassato e Loris si è sentito come se fosse tutto nudo in mezzo alla piazza del mercato.

Allora ha fatto un bel respiro, si è alzato in piedi e, approfittando di un provvidenziale brano lento, si è avvicinato a Carmen, tutto rosso in viso, tendendogli la mano per invitarla in pista.
In quel momento la musica avrebbe anche potuto finire, tutto il palazzo crollare, ma Carmen si sarebbe alzata ugualmente, avrebbe preso Loris per mano e poi avrebbero iniziato a ballare quella musica che potevano sentire solo loro, perché certe cose non hanno bisogno né di domanda e nemmeno di risposte.
A fine serata Loris ha riaccompagnato a casa la Carmen, che le sue amiche erano già andate e lei abitava fuori città e non voleva fare la strada da sola. Ovviamente Loris lo ha fatto di nascosto, perché sennò, come minimo, il papà di Carmen lo avrebbe inseguito con un forcone da fieno.
Camminavano senza dire niente, lentamente, ascoltando il rumore della campagna che, nel silenzio della notte, quasi sembrava un altro concerto.
C’era la luna piena, ed era così luminosa che si potevano addirittura guardare in faccia.
Ad un certo momento Loris si è fermato e, con il cuore che sembrava volesse uscire dal petto tanto picchiava, ha guardato Carmen dritta negli occhi, poi, sempre in silenzio, si è abbassato e gli ha dato un bacio.

La carriera de “i Monelli” era appena all’inizio.
Nel 1966 hanno partecipato al cantagiro con il brano “Come potete giudicar” e, sempre nello stesso anno, arrivarono finalmente al grande successo con le canzoni “Noi non ci saremo, Dio è morto e Canzone per un’amica” scritte per loro da un giovanissimo Francesco Guccini.
Tutto questo dopo aver cambiato nome e diventando, nel tempo, il gruppo simbolo di intere generazioni “i Nomadi”.

Sabato sera a Novellara c’è stato il Nomadi Raduno, ed anche se non sono un loro fan, ci sono andato per accompagnare mia sorella e mia mamma.
L’atmosfera era bella. Sotto a quel tendone c’erano un sacco di persone, giovani e meno giovani e, tra i tanti, proprio di fianco a me, c’erano anche Loris e Carmen.
Stavano da una parte, mano nella mano, proprio come la sera del 7 giugno 1963 quando Loris l’aveva riaccompagnata a casa.
Io li guardavo di nascosto, ed ogni tanto li vedevo che si scambiavano uno sguardo, uno sguardo del quale io non capivo il vero significato, ed a quel punto lei sorrideva e lui diventava tutto rosso, proprio come faceva 45 anni fa, però, anziché girarsi dall’altra parte, si avvicinava e la stingeva forte, come se non volesse farla scappare, ed a me, quasi, sembrava di sentire la musica che stavano sentendo solo loro, molto più forte di quella che stavano suonando in quel momento sul palco.

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