Magazine Diario personale

Una strada piena di prospettive

Da Bibolotty

Vivo al mare, ma è stato il caso a portarmi qui. Non è una novità perché raramente, nei miei ventidue traslochi, ho potuto scegliere. Non che la vita mi sia passata addosso lasciandomi del tutto indifferente e incapace di reagire, è solo che ho imparato a essere fatalista, e anziché oppormi lascio che scelga lei per me, soffro meno e mi ritrovo a guardare con incanto il piatto che ha deciso di servirmi, di solito saporito e mai stucchevole.  Sono nata al mare, e ascoltarlo, di notte, mi aiuta a ricordare quanto la mia esistenza sia ininfluente e vacua rispetto alla vastità di tutto il resto. A poca distanza da me c’è la ferrovia che, forse a causa di un ricordo infantile, una partenza improvvisa di mia madre, non ricordo, mi procura una piacevole sensazione che parte lieve da una profondità assai oscura sino a colpire il chakra del cuore ogni volta che sento il vecchio treno regionale sferragliare in lontananza. Il treno, come il mare, rappresentano possibili vie, fughe che con un battito d’ali posso realizzare.
Da quando vivo lontana dallo smog e dal traffico, ho ripreso a fare sport. I miei vizi devo comunque smaltirli e così l’abitudine a stare seduta cui il lavoro mi costringe. Ci sono due strade che posso decidere di prendere. Andando a sinistra, un chilometro in tondo e con un bel pezzo in salita, prendo per le ville, una strada quieta e piena di case tra muri di mattoni rossi e siepi, svoltando a destra, per i campi sportivi, passo tra  fichi, noccioli, querce secolari e pinete sino ad arrivare al mare.
Sulla via delle ville trovo, d’estate e in primavera, il bianco del convolvolo, dei gelsomini e dei mandorli che assieme al rosa e al lilla del glicine e al giallo intenso dei roseti che si arrampicano su per le grate e tutto attorno ai portoni, mi suggeriscono paesaggi inglesi, vite quiete e giornate di sole e potature. Su questa via, felini ben nutriti e dal pelo lucido conducono placidi le loro abitudini gattesche che, secondo l’ora in cui faccio walking, si traducono in gioco, sonno e attesa della gattara, una signora toscana che dedica gran parte della giornata a nutrire tutte le comunità della zona.
C’è Lulu, gattina nera dai guantini bianchi e perfettamente simmetrici che, diffidente ma piuttosto vanitosa, ogni volta che mi vede arrivare si arrampica sui tetti bassi e solo per sentirsi chiamare. Cat Pit è bellissimo, grigio perla e muscoloso si porta in giro, a coda alta, la sua fierezza da rubacuori. Poi ci sono Roscio, Puput e Bianco che, ormai in là con l’età, viaggiano più o meno sempre in gruppo. C’è anche un barboncino nano, nero. Dicono che sia un cane “di villa” quindi con proprietari ma che va in giro da solo tutto il giorno. E non è raro qui, visto che le auto, tutte dei residenti, passano assai di rado.
In questa stagione è sicuramente il mio tragitto preferito. I melograni offrono frutti maturi che gettano fuori chicchi rosso rubino, e così il calistemon, una pianta australiana che in questa stagione è piena di pennacchi rosso acceso. Capita, con un caldo come questo, che anche i gelsomini decidano per una seconda fioritura ed è così per la villa dove in genere si rifugia la vanitosa Lulu che, al momento è un’esplosione di profumi.
La via del mare mi consente un percorso meno spettacolare ma più tortuoso e pieno di sorpresa. È lì che un anno fa trovai dei bellissimi quadri balinesi su tela gettati in un fosso. Trovo anche splendide pietre, sassi di mare arrivati oltre la ferrovia non so come e che uso come fermaporta o porta incensi. Il profumo è quello della resina e del mare e l’aria è diversa da quella che respiro sulla strada interna, è pieno di conifere e piante grasse che in estate esplodono di fiori e fichi d’india. Quando corro in spiaggia, nelle giornate di vento, sulla stretta stradina di pietra che arriva al castello, mi ritrovo le labbra salate come appena uscita dall’acqua. La luce è spettacolare e soprattutto nelle giornate fosche accoglie molte solitudini in riflessione. Le panchine ospitano anziani incappucciati come i loro cani con cui li sento parlare animatamente quando, non vista, gli arrivo alle spalle, ma ci sono anche giovani, uomini adulti e donne alle cui vite, secondo l’intensità della tristezza che misuro nei loro sguardi, attribuisco ogni volta storie più o meno drammatiche.
Ci sono anche i pescatori e nei giorni di scirocco trovo tronchi levigati e lavorati in strane forme che mi piace fotografare. La gente, anche gli anziani, ha ormai perso la buona abitudine di salutare, ma io mi ostino a farlo, nonostante venga poi guardata quasi fossi una marziana. Ogni volta rido, visto che il contatto umano mi pare l’unica cosa bella che ancora ci rimane. Una volta a casa, quando ormai sono le nove passate, e dopo la mia ora di meditazione, posso iniziare a lavorare, inviare curriculum e lettere di presentazione. Penso che la mia corsa giornaliera sia un ottimo deterrente, in un paese che non mi dà scelta, alla depressione. L’unica strada piena di prospettive e poesia in una realtà senza futuro.


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