Concluse con successo le operazioni di posa della seconda delle cento strutture che formeranno il telescopio sottomarino per neutrini di origine cosmica “chilometro cubo”, in costruzione a largo della Sicilia, a 3500 m di profondità.
La nuova struttura a stringa è stata deposta utilizzando un veicolo di lancio sferico del diametro di 2 m, attorno al quale era stata completamente avvolta, è stata poi ancorata a 3500 m di profondità e connessa al cavo sottomarino principale grazie a un ROV, un robot sottomarino filoguidato dalla nave.
“Il dispositivo installato si basa su una nuova tecnologia rispetto alla prima torre installata nel marzo 2013, – spiega Marco Circella della Sezione INFN di Bari – infatti consiste in una stringa costituita da un cavo elettro-ottico, lungo circa 200 m su cui sono collegati sensibilissimi occhi elettronici per rivelare la scia luminosa prodotta dai neutrini sott’acqua”.
Le operazioni sono state condotte dalla collaborazione internazionale Km3NeT, che vede in prima fila l’Italia con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e in particolare i Laboratori Nazionali del Sud. “Questo è indubbiamente un grande successo della scienza e della tecnologia”, dice Giacomo Cuttone, direttore dei Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN. “Ora si possono ritenere concluse tutte le operazioni preliminari e quindi si può procedere alla produzione finale di tutti i rivelatori. Entro la primavera del prossimo anno sarà completata la loro installazione”.
Il progetto Km3Net prevede, nella sua configurazione finale, un centinaio di strutture, che formeranno una griglia del volume di circa un chilometro cubo. Le torri fungeranno da supporto per decine di migliaia di sensori ottici (fotomoltiplicatori), occhi elettronici sensibilissimi che formeranno un’antenna sottomarina in grado di rilevare la scia luminosa azzurrina (il cosiddetto chiamata effetto Cherenkov) prodotta dalle rare interazioni dei neutrini di origine astrofisica con l’acqua di mare. Il complesso di torri costituirà quindi un telescopio per neutrini cosmici di alta energia, che provengono dal centro della nostra galassia, dopo aver attraversato lo spazio profondo e tutta la Terra, portando con sé informazioni pressoché intatte sulle loro sorgenti.
Una griglia di alcune migliaia di sensori ottici disposti in un volume di circa un chilometro cubo è in grado di rivelare la debole luce prodotta permettendo di ricostruire la traccia del muone. Poiché quest’ultimo ha una direzione sostanzialmente uguale a quella del neutrino che l’ha prodotto, la sua rivelazione permette di risalire anche alla direzione del neutrino e di conseguenza all’osservazione della sua sorgente. Inoltre, se poniamo il rivelatore nelle profondità marine (o dei ghiacci polari), la materia sovrastante funge anche da schermo contro il fondo di particelle cosmiche, che in superficie “accecherebbe” il rivelatore. L’acqua (o il ghiaccio, vedi Ice Cube al Polo Sud) assolve, così, a un triplice compito: schermo protettivo dai raggi cosmici, bersaglio per l’interazione di neutrini e mezzo trasparente attraverso il quale si propaga la luce Cherenkov.
Fonte: Media INAF | Scritto da Redazione Media Inaf