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una Taranto avvelenata e infernale...

Creato il 20 febbraio 2011 da Omar
una Taranto avvelenata e infernale...Quando nel 2009 uscì nei cinema Marpiccolo di Alessandro di Robilant, la città di Taranto non l'accolse granché bene. Anzi. Forse perché a chi vive ogni giorno in un cimitero non fa piacere che qualcuno glielo ricordi. Descritto per meri fini commerciali come una sorta di Gomorra in salsa pugliese, il film è in realtà un intenso racconto in soggettiva: quello d'un adolescente cresciuto in uno dei quartieri più degradati di Taranto, il Paolo VI, sotto un cielo soffocato dai miasmi mefitici delle ciminiere dell'Ilva che da sola produce un decimo dell'intero inquinamento europeo. Tiziano, il coriaceo protagonista del film (Giulio Beranek, bella faccia scolpita e malandrina unita a una capacità espressiva assai rara per un esordiente) è un giovane alle prese con la devastazione fisica e morale che contamina ogni anfratto della sua città, dibattendosi tra loschi giri di malavita di borgata e inutili battaglie della popolazione per ottenere una vita decorosa (o almeno uuna Taranto avvelenata e infernale...na morte con qualche dignità: la diossina nell'aria provoca nella città un continuo moltiplicarsi delle affezioni tumorali e non c'è famiglia che non abbia in casa un malato di cancro). Né l'amore di una compagna (la portentosa Selenia Orzella, oggi anche scrittrice per Aliberti) né la rete di affetti familiari (disfunzionali come da manuale) che lo circonda lo salverà dal carcere, ma il futuro gli offrirà una occasione di riscatto attraverso la lettura e la consapevolezza.
Liberamente tratto dal romanzo Stupido (Rizzoli) di Andrea Cotti, tra gli autori della sceneggiatura assieme a Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli, Marpiccolo possiede un discreto ritmo e l'indubbia capacità di restituirci un'istantanea verosimile e mai edulcorata di una fetta di Puglia completamente avulsa dai successi che nell'ultimo decennio hanno reso la regione governata da Vendola la nuova mecca del turismo che conta. Ricorrendo ad una fotografia cromaticamente satura, Di Robilant mostra una notevole abilità nel definire un composito disegno di degrado urbano che, senza infingimenti, rappresenta l'agonia di una terra sventrata dal «progresso» industriale e ridotta - anche e soprattutto grazie a una classe politica inadeguata e corrotta - a un pantano di sogni infranti. Girato con pochi mezzi, ma decisamente ben distribuiti, Marpiccolo è una pellicola caratterizzata da grandi scatti di energia (come la rapina fatta in casa del rass Tonio, interpretato dall'affilatissimo Michele Riondino, di lì a breve specializzato in ruoli da figlio di puttana) che mette al centro personaggi mossi da una rabbia che li spinge continuamente allo scontro (coinvolgenti in questo senso anche le scene di baruffa in carcere).L'empatia viene però meno quando la dimensione del film inforca sfacciamente la via della denuncia sociale e si fa ingenuo, diventando persino noiosamente pedagogico: non si può davvero sentire l'invito a preservare la propria intelligenza dallo squallore attraverso la cultura per voce della monolitica maestrina che ha a cuore il destino di Tiziano, né sembra meno artefatto lo stimolo a non lasciarsi fottere da un mondo sbagliato che porta sempre al conflitto tra i poveri gridato dall'educatore Giorgio Colangeli. Però nel complesso il film tiene e sicuramente affascina, e chi è cresciuto in quei luoghi guarda i panorami avvelenati dal mostro siderurgico con un certo ineludibile magone. Indovinato e calzante il post-rock (un po' emo) dei Mokadelic come colonna sonora. Opera interessante, comunque da vedere.

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