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Una tua parola, Elvira Lindo

Creato il 26 ottobre 2012 da Serenagobbo @SerenaGobbo

Una tua parola, Elvira Lindo
Wow.
Che bella sopresa questo libro.
All’inizio non mi prendeva perchè utilizza un linguaggio parlato e perché Rosario, la protagonista narrante, continuava a lamentarsi della sua vita, di sua madre con la demenza senile, del suo lavoro di spazzina, delle continue bugie a cui era costretta per non deludere la genitrice… e poi c’era quel rapporto strano con Milagros, un’amica che l’adorava, l’idolatrava, che le si era attaccata in modo morboso, che la serviva in tutto e per tutto, anche quando è arrivato il momento di preparare la madre per il becchino.
Ma è stata proprio questa figura di Milagros a farmi continuare la lettura, e ho fatto bene, perché alla fine la sorpresa è arrivata.
Allora, lo squallume in cui era caduta Rosario, ha assunto un’altra luce, e ci è voluto il dramma di un neonato trovato nel cassonetto delle immondizie per accendere il cervello alla protagonista.
Milagros, l’ingenuita, l’infantile, la logorroica Milagros, che guidava il taxi dello zio senza patente, che raccoglieva gli oggetti che trovava nelle immondizie e che secondo lei si potevano recuperare, che spiava le compagne di scuola in bagno mentre si cambiavano l’assorbente, alla fine fa vergognare Rosario.
Una grassa che fa vergognare una magra… che goduria interessata!
Scherzi a parte, ci sono diversi passaggi che fanno pensare, come questo:

“Come sono strani i ricordi, ci fanno rividere una felicità di cui non ci siamo accorti e di cui non siamo stati nemmeno felici”.

Poi, tutta la parte in cui la madre muore, e Rosario inizia a soffrire di rimorsi, ha le visioni, va dallo psicologo, dal prete, a raccontare di come legava la madre alla sedia o la chiudeva nell’armadio… ma senza cattiveria (o un pizzico di menefreghismo c’era? Ecco l’umanità di un protagonista, non ci piacciono i supereroi e i perfettini della TV).



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