La seguente analisi, redatta da S.E. Seyyed Mohammad Alì Hosseini [nella foto], Ambasciatore della Repubblica Islamica d’Iran in Italia, valuta dal punto di vista del diritto internazionale le sanzioni economiche e finanziarie imposte dagli USA e dall’Unione Europea contro l’Iran, in relazione al suo programma di sviluppo nucleare. L’opinione dell’Ambasciatore, già portavoce del Ministero degli Affari Esteri del suo paese, è che tali sanzioni siano illegittime e violino i diritti umani del popolo iraniano e di quanti vogliono commerciare liberamente con esso.
L’analisi delle sanzioni internazionali imposte alla Repubblica Islamica d’Iran, da un punto di vista politico, economico e dei diritti umani e alla luce del paragone del contenuto di tali sanzioni con le norme generali e specifiche del diritto internazionale, dimostrano chiaramente che le sanzioni occidentali hanno ignorato o violato un gran numero di norme legali e di principi del diritto internazionale. Questo sembra particolarmente evidente quando si prendono in considerazione il trattamento selettivo e ingiusto riservato all’Iran ed i doppi standard utilizzati da alcuni Paesi occidentali nell’applicare e implementare le sanzioni. La violazione del diritto internazionale da parte delle sanzioni contro l’Iran è di una tale gravità da danneggiare la sovranità di uno Stato membro delle Nazioni Unite e i diritti del suo popolo. Ancora più importante, la continuazione delle sanzioni costituisce una seria minaccia per le prospettive future della comunità internazionale.
In realtà, il mantenimento delle sanzioni e l’insistenza di alcuni paesi sull’intensificazione delle stesse possono infliggere danni gravi e irreparabili alle prospettive future delle relazioni internazionali. Le sanzioni sono anche in disaccordo con i diritti sovrani dei paesi quando si tratta di libertà di commercio e di attività bancarie e finanziarie e danneggiano inoltre i diritti dei cittadini, e tutte i concetti di diritti umani riconosciuti. Come conseguenza della vastità e della varietà di queste sanzioni, esse possono essere facilmente considerate un atto di cattiva condotta tale da rappresentare una seria minaccia per un paese. Un modo per categorizzare le sanzioni è di accettare l’attuale divisione generica che vede da un lato le “misure restrittive” o “sanzioni economiche” imposte da paesi in maniera unilaterale e multilaterale, e d’altro lato le sanzioni che rientrano nel quadro delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. Anche secondo tale definizione, non vi è dubbio che le misure restrittive, che sono state approvate contro l’Iran da parte dell’Unione Europea il 23 gennaio 2012, sono da annoverare tra le sanzioni multilaterali imposte fuori dal quadro delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. La ragione è che, sia in termini di potere decisionale sia di valore giuridico e dal punto di vista del contenuto, queste sanzioni vanno ben al di là di quelle imposte nei confronti della Repubblica Islamica d’Iran dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Il presente articolo rappresenta un mero tentativo di far luce sui fondamenti della legittimità delle sanzioni dal punto di vista del diritto internazionale, senza però alcuna pretesa di analisi dei motivi, dichiarati o segreti, delle sanzioni economiche e politiche e delle loro mille ramificazioni.
Embargo economico
Le sanzioni economiche o gli embarghi, altrimenti noti come restrizioni economiche, ma chiamati anche in alcuni testi giuridici misure restrittive economiche o commerciali, costituiscono una serie di misure restrittive temporanee ed eccezionali che un governo, un gruppo di governi o un’organizzazione regionale o internazionale impone e mette in atto contro il commercio o i sistemi economici di uno Stato per aver violato i suoi obblighi internazionali o allo scopo di raggiungere degli obiettivi dichiarati. Tali restrizioni possono essere imposte su settori specifici quali il commercio, gli investimenti, il trasferimento di beni e capitali, i trasporti, i servizi assicurativi, i servizi bancari e così via. È interessante notare che, nonostante le sanzioni rappresentino un fatto generalmente riconosciuto nel diritto internazionale e siano imposte nel quadro dei diritti di sovranità dei paesi che le impongono, la loro qualità e quantità, nonché il loro impatto politico, economico e in termini di diritti umani costituiscono tuttora oggetto di discussioni continue tra gli esperti legali.
Obiettivi politici proclamati o nascosti delle sanzioni
Tra i principali obiettivi proclamati delle sanzioni possiamo trovare la volontà di sostenere e migliorare la situazione dei diritti umani in un dato paese, impedire la proliferazione delle armi di distruzione di massa, la nazionalizzazione d’industrie private, la lotta al terrorismo e al riciclaggio di denaro, la protezione dell’ambiente e infine la violazione grave di un obbligo internazionale da parte del paese sottoposto a sanzione. Tuttavia, le sanzioni sono anche imposte al fine di perseguire una serie di obiettivi illegali come la destabilizzazione di un sistema politico o per soddisfare gli interessi illegittimi dei paesi sanzionatori. Esse hanno anche lo scopo di minacciare uno stato dell’uso della forza o persino di rovesciare un governo legittimo. Tutti questi casi sono tra gli obiettivi non dichiarati di alcune sanzioni.
Il trend progressivo delle sanzioni
Le sanzioni e le misure restrittive sono state al centro dell’attenzione dei paesi occidentali fin dal 1970 per alcune ragioni particolari e in conseguenza dei vari obiettivi politici perseguiti da questi paesi. L’uso di sanzioni è gradualmente aumentato, in particolare dopo gli anni ‘90 e dopo la fine della Guerra Fredda. Le sanzioni economiche sono state riconosciute dall’articolo 41 della Carta delle Nazioni Unite. Di conseguenza, le restrizioni economiche e commerciali hanno cominciato ad essere imposte regolarmente contro alcuni paesi come ex Rhodesia del Sud, Iraq, ex Jugoslavia, Somalia, Ruanda, Sierra Leone, Liberia, Repubblica Democratica del Congo, Costa d’Avorio, Libia, Repubblica Islamica d’Iran e Sudan.
Anche l’Unione Europea negli ultimi anni ha imposto una serie di restrizioni economiche nei confronti di un certo numero di paesi, in particolare Bielorussia, Repubblica Democratica del Congo, Costa d’Avorio, Haiti, Birmania, Sudan, Zimbabwe, Libia, Siria e Iran. Non vi è dubbio che, sulla base della Carta delle Nazioni Unite, il Consiglio di Sicurezza abbia il compito e l’autorità di imporre e attuare restrizioni economiche. Tuttavia, l’uso improprio da parte di alcuni Stati allo scopo di sfruttare questo mezzo di pressione e soprattutto l’uso di sanzioni unilaterali e multilaterali da parte di alcuni governi e organizzazioni regionali nei confronti di paesi indipendenti e al di fuori del quadro delle Nazioni Unite e delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ha sollevato una serie di preoccupazioni tra gli esperti legali. Nel presente articolo saranno enumerati degli esempi di misure restrittive e di sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea contro la Repubblica Islamica d’Iran.
Sanzioni imposte all’Iran dagli Stati Uniti
Una delle caratteristiche principali nella storia delle sanzioni economiche è la progressiva affermazione degli Stati Uniti come il paese più attivo sul fronte delle sanzioni allo scopo di raggiungere i propri obiettivi in politica estera. Tra il 1922 e il 1996 gli Stati Uniti hanno deliberato 61 volte l’imposizione di sanzioni unilaterali contro altri paesi, per un totale di 35 paesi presi di mira in 23 casi di sanzioni che, nel complesso, hanno interessato il 42 per cento della popolazione mondiale. Negli ultimi anni, in effetti, gli Stati Uniti hanno imposto misure restrittive nei confronti di paesi come Myanmar, Cina, Sudan, Brasile, Cile, Cuba, Etiopia, Iran, Corea del Nord, Argentina, India, Pakistan, Sud Africa, Taiwan, Libia, Siria, ed altri ancora. Secondo rapporti pubblicati da istituti di ricerca accreditati, nella maggior parte dei casi tali sanzioni non sono riuscite a raggiungere gli obiettivi desiderati.
Nel frattempo, dal 1979 e in concomitanza con la vittoria della Rivoluzione Islamica in Iran, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni unilaterali frequenti contro l’Iran, sanzioni che sebbene fossero in accordo con le norme del governo federale e dei vari Stati federali nordamericani, andavano ben oltre quelle adottate dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza contro la Repubblica Islamica. L’ordine esecutivo firmato il 14 novembre 1979, la proclamazione dell’Iran come Stato terrorista nel 1984, seguita dall’imposizione di altre sanzioni, l’ordine esecutivo emesso nell’ottobre del 1987 nonché il decreto legge del 16 marzo 1995, rappresentano importanti misure adottate dagli Stati Uniti al fine di imporre sanzioni restrittive contro il governo della Repubblica islamica durante i primi anni successivi alla vittoria della Rivoluzione Islamica. In seguito, negli anni successivi, l’imposizione di sanzioni è rimasta in costante crescita. Saranno qui menzionati solo i casi più importanti, che nel complesso coprono il campo economico e commerciale e migliaia di beni.
Le sanzioni all’Iran sotto l’amministrazione Clinton
Nel 1996 (durante il mandato di Bill Clinton come presidente degli Stati Uniti) il Congresso degli Stati Uniti approvò la cosiddetta legge D’Amato (nota anche come Iran-Libya Sanctions Act – ILSA), secondo la quale tutte le società straniere che investivano o negoziavano contratti da oltre 20 milioni di dollari con l’Iran (successivamente aumentati a 40 milioni di dollari) sarebbero state colpite dalle sanzioni. Queste appartengono a una categoria specifica di sanzioni conosciute con il nome di sanzioni accessorie, in cui una terza persona o paese diventano obiettivo indiretto di sanzioni che sono state originariamente adottate contro un altro paese. Queste sanzioni estendono la legge nazionale degli Stati Uniti anche al di là dei confini territoriali ed hanno perciò causato molte controversie internazionali tra gli ambienti giuridici e sono tuttora regolarmente oggetto di aspre critiche. In effetti, la legge D’Amato consentiva alle giurisdizioni nazionali degli Stati Uniti di imporre sanzioni contro cittadini o società straniere (oltre ai cittadini iraniani e nordamericani) che commerciavano con l’Iran oltre una soglia specifica. Tuttavia, secondo i principi accettati di diritto internazionale, un governo e i suoi cittadini devono aver dichiarato il loro consenso prima di poter essere sottoposti all’autorità esecutiva e giudiziaria di un altro Stato. Di conseguenza questo tipo di sanzioni, che generalizzano le leggi di un determinato paese ad altri Stati, sono una violazione evidente dei principi consensuali del diritto internazionale.
Le sanzioni all’Iran sotto l’amministrazione George W. Bush
L’estensione del ILSA nel 2001 e la proroga delle sanzioni internazionali contro il settore petrolifero e del gas iraniano, l’introduzione di nuove sanzioni scientifiche contro l’Iran nel 2002 e l’ordine esecutivo firmato nel giugno del 2005 come supplemento agli ordini esecutivi 12938 e 13094, hanno portato all’imposizione di sanzioni contro persone legate all’industria missilistica e nucleare iraniana e contro i loro collaboratori nordamericani o stranieri. In realtà l’ordine esecutivo 13382, così come la legge D’Amato, successivamente aggiornata con l’aggiunta di modifiche nella forma del “Comprehensive Iran Sanctions, Accountability, and Disinvestment Act” o CISADA il 1 luglio 2010, sono considerati i due pilastri principali delle sanzioni extraterritoriali degli Stati Uniti contro l’Iran. Ai sensi di questa legge un gran numero di aziende iraniane e di attività commerciali e finanziarie assieme ai loro partner stranieri pubblici e privati sono state colpiti dalle sanzioni degli Stati Uniti. L’approvazione dell’Iran Freedom Support Act (IFSA) da parte del Congresso degli Stati Uniti il 30 settembre 2006 ha portato alla proroga e all’estensione della legge D’Amato, oltre che ad un ulteriore intensificazione delle sanzioni anti-iraniane. Durante questo periodo restrizioni sono state imposte da un tribunale federale degli Stati Uniti ad una delle più grandi collezioni archeologiche, relativa al sito di Persepoli, consegnata sulla fiducia ad un’università statunitense. L’ordine esecutivo 13438 è stato firmato il 17 luglio 2007, per imporre sanzioni contro l’Iran con il pretesto di un intervento di Teheran in Iraq. Nello stesso periodo l’Iran è stato escluso dalla lista dei paesi che potevano ricevere servizi da colossi di Internet come Yahoo! e Microsoft. Un certo numero d’istituti, istituzioni e persone di nazionalità iraniana sono stati poi incriminati dal Dipartimento del Tesoro nordamericano e sottoposti anch’essi a sanzioni. Inoltre nel biennio 2006-2007 alcune sanzioni speciali sono state adottate contro l’Iran anche da parte di singoli Stati nordamericani come la Florida, il New Jersey, la California, l’Ohio e il Massachusetts.
Le sanzioni all’Iran sotto l’amministrazione Obama
Le sanzioni contro l’Iran sono state ancora una volta estese il 19 marzo 2009. Nonostante gli slogan sulle sue intenzioni amichevoli con l’Iran, all’inizio del proprio mandato presidenziale Barack Obama ha votato la continuazione del piano conosciuto con il nome di Emergenza Nazionale relativa al Rischio Iran nel marzo 2009. Di conseguenza le sanzioni contro l’Iran che erano state attuate nel quadro dell’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) sono state prorogate per un altro anno. L’approvazione della legge CISADA da parte del Congresso nordamericano il 1° luglio 2010 è stato un altro passo compiuto dal governo statunitense per imporre sanzioni contro il settore energetico e bancario iraniano e sulla vendita di carburante. Secondo il paragrafo 2, articolo 102 della legge sopracitata, le imprese straniere erano obbligate a dimostrare di non aver violato le sanzioni iraniane per poter firmare contratti con il governo nordamericano. L’articolo in questione aveva lo scopo di mettere sotto pressione le aziende straniere e costringerle a rispettare i termini delle sanzioni contro l’Iran, perché in caso contrario i contratti firmati con enti nordamericani sarebbero stati revocati e le aziende stesse sarebbero state soggette a sanzioni. Altri articoli della suddetta legge sono stati redatti in modo tale da escludere l’Iran dai mercati finanziari internazionali. L’articolo 104 della legge CISADA non mette pressione diretta contro l’Iran, ma mira piuttosto a fare pressioni e imporre sanzioni contro le banche estere che svolgono transazioni con l’Iran e istituisce punizioni speciali per tali istituzioni finanziarie.
L’ordine esecutivo 13553, firmato il 29 settembre 2012, ha imposto sanzioni contro un certo numero di funzionari militari iraniani per ragioni legate ai diritti umani. L’ordine esecutivo 13574 del 23 maggio 2011 imponeva il congelamento dei beni di persone giuridiche e fisiche che violavano le sanzioni CISADA (che vieta gli investimenti di oltre 20 milioni di dollari in petrolio e gas iraniano) e nel novembre 2011 menzionava la Banca Centrale d’Iran come istituzione utilizzata per il riciclaggio di denaro. L’ordine esecutivo 13590 del 19 novembre 2011 ha imposto sanzioni extraterritoriali sugli investimenti esteri nel settore petrolchimico iraniano e comprendeva anche sanzioni contro la Banca Centrale d’Iran (HR 1540). Quest’ultimo ordine esecutivo era stato approvato dal Congresso degli Stati Uniti il 15 dicembre 2011, e firmato dal Presidente Obama il 31 dicembre 2011 come supplemento al bilancio del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti (Defense Powers Act 2012). Nel complesso, l’intero sistema delle sanzioni unilaterali degli Stati Uniti contro l’Iran si basa su tre pilastri principali: 1. le leggi di base come la legge IEEPA, 2. le decisioni del Congresso e 3. gli ordini esecutivi firmati ed eseguiti dal presidente degli Stati Uniti.
Le sanzioni imposte dall’Unione Europea
La cronologia delle restrizioni economiche contro l’Iran da parte dei paesi europei dimostra che alcuni degli Stati membri dell’Unione Europea non solo hanno rispettato le sanzioni anti-iraniane istituite sulla base delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, ma hanno anche imposto sanzioni unilaterali contro Teheran che andavano oltre i contenuti di tali risoluzioni, allo scopo di perseguire i loro obiettivi dichiarati o non dichiarati. Oltre ad articoli militari, queste sanzioni hanno compreso anche beni esportati e importati, investimenti, viaggi, trasporti e molti altri settori. A causa delle differenze di base tra questo tipo di restrizioni e le sanzioni del Consiglio di Sicurezza contro l’Iran, le prime sono solitamente indicate come “misure restrittive”. Naturalmente in alcuni casi, compreso quello della risoluzione anti-Iran adottata dall’Unione il 23 gennaio 2012, sono stati utilizzati termini come “sanzione” o “embargo”. Quest’ultimo caso, vale a dire la risoluzione approvata il 23 gennaio 2012, rappresenta la più importante e grave presa di posizione da parte dell’Unione Europea contro l’Iran che eccede i termini delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, e richiede maggiori controlli dal punto di vista legale.
Per spiegare la vastità delle misure restrittive adottate dall’Unione Europea contro l’Iran saranno menzionati di seguito alcuni esempi delle più recenti decisioni adottate dall’Unione nei confronti della Repubblica Islamica. Riportiamo per esempio la risoluzione adottata il 23 gennaio 2012 dai ministri degli esteri dell’Unione europea e successivamente approvata dal Parlamento europeo il 2 febbraio 2012, ed il suo decreto di legge esecutivo approvato dal Parlamento europeo con il numero 54/2012, il 24 gennaio. Alcune delle misure cardinali specificate da tale risoluzione e dai successivi regolamenti contro l’Iran includono: sanzioni graduali contro l’importazione di petrolio greggio iraniano da parte dei paesi membri, tra cui il divieto assoluto di acquisto di petrolio iraniano; divieto di copertura assicurativa per le petroliere che trasportano il petrolio greggio iraniano, così come per tutte le risorse finanziarie relative all’importazione di greggio dall’Iran; divieto assoluto d’investimento nel settore petrolchimico iraniano; applicazione delle sanzioni contro la Banca Centrale iraniana e congelamento dei beni della Banca all’interno dell’Unione Europea; divieto di vendita di metalli preziosi a istituzioni statali iraniane e alla Banca Centrale iraniana; divieto di fornitura di banconote e monete; divieto di vendita di tutti i beni a duplice uso in Iran, infine estensione dell’elenco delle persone soggette a sanzioni rispetto alle precedenti risoluzioni.
In considerazione del contenuto delle suddette sanzioni e delle condizioni difficili specificate dalla Carta delle Nazioni Unite – strumento di base per la protezione della pace e della sicurezza internazionali – sono sorte importanti questioni legali circa le sanzioni e le misure restrittive nei confronti dell’Iran da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. D’altra parte, secondo le regole generali del diritto penale e le norme di responsabilità civile che derivano da provvedimenti emanati da diversi ordinamenti giuridici, così come da norme consuetudinarie internazionali, nessuno può in alcun caso sfruttare il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per ottenere un’interpretazione generale degli articoli relativi alle sanzioni contenuti nella Carta delle Nazioni Unite, tale da costituire una grave minaccia per la sovranità degli Stati. Di conseguenza, tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite devono rispettare lo status della Carta, considerarla come il più grande successo della cooperazione internazionale successiva a due guerre mondiali e accettarla come un documento fondamentale per la garanzia e la protezione della pace e della sicurezza internazionali.
Anche se le azioni reciproche, in particolare le “misure reciproche restrittive” che sono solo applicabili allo scopo di far cessare una violazione internazionale o compensare le perdite che ne derivano, costituiscono la base delle azioni dell’Unione Europea contro l’Iran, l’Unione è ancora in torto, perché non ha osservato tutte le condizioni necessarie che dovrebbero essere rispettate per poter adottare legalmente tali misure. Ad esempio, il Progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati per atti internazionalmente illeciti, che è stato elaborato dalla Commissione delle Nazioni Unite sul diritto internazionale nel 2001, è tra i più importanti strumenti internazionali che trattano dei diritti e degli obblighi degli Stati. Il progetto ha tracciato delle condizioni alla legittimità delle “contromisure” negli articoli 49, 50, e 51:
- Uno Stato leso può adottare contromisure nei confronti di uno Stato che sia responsabile di un atto internazionalmente illecito soltanto al fine di indurre quello Stato a conformarsi ai propri obblighi. Le contromisure sono limitate al non rispetto temporaneo di obblighi internazionali dello Stato che agisce nei confronti dello Stato responsabile. (Paragrafi 1 e 2 dell’articolo 49 del progetto);
- Le contromisure devono essere commisurate al pregiudizio subito, tenendo conto della gravità dell’atto internazionalmente illecito e dei diritti in gioco. (Articolo 51 del progetto);
- Le contromisure non pregiudicheranno:
a) l’obbligo di astenersi dalla minaccia o dall’uso della forza come espresso dalla Carta delle Nazioni Unite;
b) gli obblighi di tutela dei diritti umani fondamentali;
c) gli obblighi di carattere umanitario che vietano rappresaglie;
d) gli altri obblighi derivanti da norme imperative di diritto internazionale generale. (Articolo 50 del progetto). - Uno Stato che ricorra a contromisure non è esentato dall’adempiere ai propri obblighi:
a) derivanti da procedure di soluzione delle controversie applicabile nei rapporti con lo Stato responsabile;
b) di rispettare l’inviolabilità di agenti, locali, archivi e documenti diplomatici o consolari. (Articolo 50 del progetto). - Le contromisure sono limitate al non rispetto temporaneo di obblighi internazionali dello Stato che agisce nei confronti dello Stato responsabile. Per quanto possibile le contromisure saranno adottate in modo tale da permettere la ripresa dell’adempimento degli obblighi in questione. (Paragrafi 2 & 3 dell’art. 49 del progetto)
Questi principi, come detto prima, sono stati spesso citati in tribunale e contenuti in decisioni giudiziarie. Alcuni di questi principi sono stati anche sottolineati nella Dichiarazione relativa ai principi di dirittto internazionale concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione fra gli Stati, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1970 e considerata tra i più importanti strumenti internazionali sui principi che determinano le responsabilità e la condotta degli stati. Ora, la questione è determinare se le misure restrittive adottate dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea contro l’Iran siano conformi a tali principi. Poichè gli articoli 2 e 3 del Trattato di non proliferazione hanno chiaramente riconosciuto i diritti di tutti i paesi (compreso l’Iran) allo sviluppo della tecnologia nucleare, non vi è alcun motivo giuridico per giustificare il ricorso a “contromisure” contro l’Iran sulla base di una possibile minaccia o a causa dell’annuncio del raggiungimento della capacità di arricchire l’uranio fino al 20 per cento (che non ha nulla a che fare con la proliferazione di armi nucleari). Sembra perciò che le conseguenze di alcune misure severe intraprese nei confronti di persone o d’istituzioni private iraniane da parte dell’Unione Europea, che a seguito di tali misure hanno subito perdite, siano aperte ad un’azione legale presso il Tribunale dell’Unione Europea o presso la Corte di giustizia.
Legittimità delle sanzioni
A) La legittimità delle sanzioni dal punto di vista delle leggi speciali (lex specialis)
Anche le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza adottate nei confronti della Repubblica Islamica sotto pressione politiche degli Stati Uniti, e in linea con le precedenti sanzioni unilaterali imposte all’Iran da Washington, contengono chiari riferimenti alla necessità del rispetto da parte degli Stati delle questioni umanitarie (di cui all’articolo 10 della risoluzione 1929), al rispetto per le leggi e gli obblighi degli Stati per quanto riguarda il commercio internazionale (parte introduttiva della risoluzione), al rispetto del diritto internazionale marittimo e della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 (paragrafi introduttivi, nonché punto 15 della sezione esecutiva), e alla necessità di impegnarsi in un dialogo diretto con l’Iran. Tuttavia è abbastanza sorprendente che il contenuto in materia di sanzioni anti-Iran dell’Unione europea non sia riuscito a rispettare queste chiare specificazioni. Inoltre, è un principio riconosciuto del diritto internazionale che gli Stati e le istituzioni regionali dovrebbero cooperare con le Nazioni Unite, entro i limiti strettamente definiti dalla Carta delle Nazioni Unite.
B) La legittimità delle sanzioni dal punto di vista del diritto europeo
Un esame della base giuridica delle sanzioni dell’UE contro l’Iran rivelerà che l’approccio dell’Unione Europea alle sanzioni è apparentemente basato su regole generali stabilite dalla Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC). I dettagli di quest’approccio sono presentati all’art. 11 del Trattato sull’Unione Europea. Il crescente entusiasmo degli Stati membri dell’Unione per il ricorso a “misure restrittive” e la necessità di aumentare l’efficacia delle sanzioni, hanno portato l’UE a elaborare alcuni principi e alla definizione di un quadro chiaro per le sanzioni e altre misure simili. Pertanto, il Comitato politico e di sicurezza del Consiglio dell’Unione europea ha elaborato i “Principi di base per il ricorso alle misure restrittive (sanzioni)” nel 2004, testo di grande importanza. Ecco alcune delle norme previste dal presente strumento per l’imposizione di sanzioni contro altri paesi:
- I membri dell’UE si sono impegnati a “un uso efficace delle sanzioni come uno strumento importante per mantenere e ristabilire la pace e la sicurezza internazionali conformemente ai principi sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite….” (par. 1);
- Le sanzioni UE dovrebbero essere imposte, se necessario, “per sostenere gli sforzi nella lotta al terrorismo e alla proliferazione delle armi di distruzione di massa e quali misure restrittive in difesa del rispetto dei diritti umani, della democrazia, dello stato di diritto e del buon governo.” Le sanzioni dovrebbero essere imposte “conformemente alla nostra politica estera e di sicurezza comune… e rispettando pienamente gli obblighi previsti dal diritto internazionale.” (par. 3);
- Al fine di rendere più efficaci le sanzioni, il Consiglio dell’UE lavorerà “per ottenere l’appoggio del maggior numero possibile di partner alle sanzioni autonome dell’UE.” (par. 4)
- “Le sanzioni dovrebbero essere mirate in modo tale da avere il massimo impatto sui soggetti di cui intendiamo influenzare il comportamento. Le misure mirate dovrebbero ridurre quanto più possibile eventuali conseguenze negative sotto il profilo umanitario o le conseguenze indesiderate per le persone che non ne sono oggetto o per i paesi vicini.” (par. 6)
Sembra che, sotto pressione politica anche da parte del regime sionista di Israele, l’Unione Europea abbia ignorato le regole di cui lei stessa era promotrice, e abbia imposto sanzioni contro l’Iran su delle false motivazioni. Inoltre il Consiglio europeo, al fine di rendere le sanzioni più mirate, aumentare l’impatto delle misure restrittive e ridurre gli effetti delle sanzioni sui comuni cittadini, ha adottato un altro set di norme note come “Le migliori pratiche dell’UE per l’attuazione effettiva di misure restrittive”. Le norme delineate dai consulenti di politica estera dell’Unione imponevano l’obbligo all’Unione Europea, conformemente alla PESC, di formulare delle “Linee guida per l’attuazione della PESC” nel 2003. L’UE ha anche sottolineato nelle Linee guida sopracitate la necessità di usare sanzioni intelligenti e mirate contro l’Iran. Anche il paragrafo 7 dell’ultima risoluzione adottata dal Parlamento europeo contro la Repubblica Islamica d’Iran ha messo in rilievo l’imposizione di sanzioni intenzionali e mirate, al fine di evitare conseguenze negative per il popolo iraniano.
Tuttavia, le statistiche e le prove disponibili mostrano che le sanzioni attuali hanno facilmente ignorato molti di questi criteri, tra cui la conformità ai requisiti del diritto internazionale, l’osservanza delle norme e dei regolamenti della Carta delle Nazioni Unite per evitare gli effetti indesiderati sul popolo iraniano, ed il fatto che le sanzioni dovrebbero essere necessarie e sostenute dalla comunità internazionale. Queste norme sono state ignorate dalle risoluzioni anti-Iran dell’EU e, pertanto mancano di legittimità nei confronti del diritto comunitario e delle norme del diritto internazionale umanitario. L’uso di alcune frasi sospette e non giuridiche nella suddetta risoluzione contro l’Iran, come l’uso della parola ‘regime’ per descrivere il governo legittimo e consolidato della Repubblica Islamica d’Iran, o come il tono secco e ostile della risoluzione, sono chiaramente indicativi della pressione esercitata sull’Unione da parte delle lobby politiche sioniste e nordamericane. L’uso di tale terminologia ha portato a gravi sospetti sulle vere intenzioni di chi ha redatto la risoluzione e sollevato questioni circa la possibilità che la minaccia dell’uso della forza e il cambio di regime siano in realtà gli obiettivi principali.
C) La legittimità delle sanzioni dal punto di vista delle norme generali di diritto internazionale ( Lex generalis)
C.1. Le sanzioni europee e la violazione del principio giuridico del “non intervento”
Il principio di non-intervento negli affari interni o esterni di altri paesi è uno dei principi fondamentali del diritto internazionale. Questo principio è sottolineato nel paragrafo 7, articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite e può essere anche dedotto dal preambolo e da altri articoli della Carta. La procedura adottata dagli Stati fornisce la conferma a questo principio e un consenso giuridico esiste tra gli Stati a tale riguardo. Questo principio è stato consacrato anche da molti altri trattati internazionali e norme consuetudinarie. La parola intervento indica qualsiasi tipo di intervento diretto o indiretto, così come interventi negli affari interni ed esteri degli Stati. La Corte Internazionale di Giustizia ha riaffermato questo principio nel caso delle attività militanti contro il governo del Nicaragua, affermando che secondo una regola generalmente accettata, il principio di non intervento impedisce a qualsiasi paese o gruppo di intervenire direttamente o indirettamente negli affari interni o esteri di altri governi. Per quanto riguarda le sanzioni imposte contro l’Iran da parte dell’Unione Europea (così come le sanzioni imposte dagli Stati Uniti che eccedono il campo di applicazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza), queste hanno chiaramente portato a un intervento “indiretto” negli affari domestici ed esteri dell’Iran dal momento che un certo numero di istituzioni iraniane che sono oggetto di sanzioni, incluse le banche, le imprese e le istituzioni militari, sono una componente indispensabile degli affari interni dell’Iran.
C.2. Le sanzioni europee e la violazione dei regolamenti della Carta delle Nazioni Unite e dell’UNCTAD
Il commercio internazionale è uno dei fattori più importanti per lo sviluppo economico dei paesi. In altre parole, l’obiettivo principale dietro il commercio internazionale non è semplicemente quello di soddisfare le esigenze economiche di due partner commerciali. Quando da un lato vi è un paese in via di sviluppo, gli scambi commerciali dovrebbero essere usati come mezzo per promuovere lo sviluppo economico e colmare il divario tra i paesi poveri e quelli ricchi. La Carta dei diritti e dei doveri economici degli Stati, ratificata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1974 con voto unanime degli stati membri e che comprende i principi che governano il sistema economico mondiale moderno, ha precisato che le concessioni ai paesi in via di sviluppo e gli aiuti al loro sviluppo economico attraverso l’espansione del commercio internazionale sono un dovere imperativo. D’altra parte la necessità dello sviluppo economico è stata gradualmente riconosciuta come un diritto internazionale denominato “diritto al commercio” per gli Stati. Visti i recenti sviluppi in diritto internazionale, gli Stati hanno l’obbligo di evitare misure (ad esempio sanzioni) che siano in conflitto con la cooperazione internazionale. Pertanto, nei casi in cui il Consiglio di Sicurezza si astiene dal prendere una decisione a questo proposito, gli Stati membri non sono autorizzati a ricorrere a sanzioni economiche nei confronti di altri paesi.
Il paragrafo 4, dell’articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite ha indirettamente confermato la questione chiedendo a tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite di evitare il ricorso alla forza nelle relazioni internazionali o contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato membro. Vieta inoltre agli Stati membri di ricorrere a qualsiasi altro metodo che possa essere in contrasto con gli obiettivi delle Nazioni Unite. Non vi è dubbio che la promozione della cooperazione internazionale sia uno degli obiettivi principali dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, e le sanzioni economiche rappresentano una grave minaccia alla cooperazione internazionale e sono in completo disaccordo con lo spirito del sistema economico moderno che si sta prospettando a livello internazionale. La Dichiarazione dei principi del diritto internazionale concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione tra Stati membri, approvata nel 1970, ha posto l’accento su questo punto. La dichiarazione considera che le minacce contro le componenti politiche, economiche e culturali della sovranità di uno Stato siano in contraddizione con i principi del diritto internazionale. Anche alcune risoluzioni adottate dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, così come i comportamenti dettati dalla consuetudine e dalle azioni dei singoli paesi affermano questo punto di vista. D’altra parte, la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD) ha adottato una risoluzione che vieta agli Stati di imporre embarghi, vietare il commercio o di imporre altre forme di punizioni economiche che possano influenzare lo sviluppo economico, politico e sociale dei paesi. L’UNCTAD ha costatato in una risoluzione che tali misure non contribuiscono in alcun modo a creare un’atmosfera di pace, prerequisito essenziale dello sviluppo.
C.3. Il conflitto con le normative fondamentali dei diritti dell’uomo e con le regole di diritto internazionale umanitario
Nonostante le tendenze pubblicamente proclamate dall’Unione Europea, apparentemente basate sulla promozione dei diritti umani attraverso le politiche dell’Unione, le sanzioni che essa ha imposto contro l’Iran sono chiaramente in contrasto con un gran numero di norme di diritto internazionale umanitario, delle quali parleremo di seguito.
- Violazione dei diritti personali e civili: come dimostra l’elenco allegato al testo delle sanzioni, molte entità fisiche, compresi funzionari iraniani, manager e anche gente comune sono stati messi sulla lista delle sanzioni in appendice della risoluzione senza alcuna motivazione. Essere in questo elenco ha chiaramente privato queste persone di molti diritti civili fondamentali tra cui il diritto alla libertà personale e alla sicurezza, il diritto a viaggiare liberamente, il diritto al libero commercio e al lavoro e il diritto di difendersi in tribunale mediante giusto processo. Essere sulla lista delle sanzioni ha anche intaccato il loro prestigio personale e familiare oltre ad essere in palese contrasti con molti altri diritti personali e familiari. Tali diritti sono stati stipulati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, approvata nel 1948 e ribaditi dal Patto internazionale sui diritti civili e politici approvato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1966, convenzione alla quale la maggior parte dei paesi, compresi gli Stati dell’Unione europea, sono membri. La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, conosciuta anche come Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) – che è stato redatta dal Consiglio d’Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale nel 1948 – e i suoi 5 protocolli hanno chiaramente stabilito che il contenuto della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici è vincolante per tutti gli Stati membri.
- Diritti economici: Il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali è stata approvato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1966 e la maggior parte dei paesi, compresi gli Stati dell’Unione Europea ne sono ora membri. Gli articoli 7, 11, 12, 13, 14, 15, e 18 del Patto trattano del diritto di ogni persona ad eque condizioni di lavoro, condizioni di vita adeguate, vestiario, alloggio, sanità e istruzione. Afferma anche il diritto di ogni essere umano di avvalersi delle scienze e delle tecnologie avanzate, oltre a sfruttare le conquiste intellettuali e artistiche dell’umanità. Anche le sanzioni imposte sui cosiddetti beni a duplice uso, come radio-farmaci, componenti di aerei e altri beni presenti in questa categoria hanno, secondo i rapporti ufficiali, danneggiato la sicurezza dei cittadini iraniani o addirittura messo a repentaglio la loro vita.
Le sanzioni hanno senza dubbio privato il popolo di questi diritti. Pertanto, questa contraddizione non può essere facilmente ignorata semplicemente sostenendo che tali sanzioni sono state imposte al fine di mettere sotto pressione esclusivamente il governo iraniano ed il suo sistema politico. Il fatto di permettere al “commercio legittimo di continuare in condizioni controllate” non fornisce alcuna giustificazione a tali sanzioni. Queste sanzioni non solo calpestano i diritti della generazione attuale degli iraniani, ma anche i diritti delle generazioni future. Chi crederebbe veramente che l’imposizione di sanzioni per l’acquisto di petrolio iraniano o le sanzioni sulle assicurazioni, sul commercio e sulle transazioni bancarie anche per i comuni cittadini del paese, oltre alle sanzioni che praticamente impediscono la ristrutturazione dell’industria petrolifera iraniana e gli investimenti diretti esteri, e il divieto alla Banca Centrale del paese di trattare con gli stranieri per l’importazione e l’esportazione di beni, non colpirà la gente comune?
- Diritto allo sviluppo e all’autodeterminazione: le sanzioni hanno ignorato e violato il ‘diritto allo sviluppo’ della nazione iraniana. La Dichiarazione di Vienna e il Programma di azione, adottati dalla Conferenza mondiale sui diritti umani il 25 giugno 1993, hanno chiaramente menzionato il diritto allo sviluppo e il ‘diritto all’autodeterminazione’ definiti dal par. 2, articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite come due componenti indispensabili dei diritti umani fondamentali. La Commissione per i diritti umani nella sua nota sul rapporto tra diritti umani e azioni unilaterali ha chiaramente considerato gli embarghi commerciali, come il divieto di transazioni e il blocco dei beni, delle «azioni forti» in contraddizione con i diritti umani. Tali diritti non solo appartengono alla generazione presente, ma anche a quelle future.
C.4. Sanzioni in contrasto con la libertà di commercio
Ovviamente, tutti i membri della comunità internazionale hanno interessi comuni in un’economia globale. Pertanto, i paesi non hanno solo il diritto, ma anche l’obbligo di adottare misure per la creazione di un sistema mondiale di gestione integrato e aperto per impedire qualsiasi danno al loro sviluppo economico. Di conseguenza, la cosa più importante per gli esperti legali internazionali non risiede nell’obbligo di stabilire rapporti commerciali con tutti i paesi, ma in quello di vietare agli Stati di porre divieti ai loro cittadini alle attività di libero scambio e alla “libertà di commercio” con le altre nazioni. Questo principio giuridico si situa senza dubbio tra i principi fondamentali e naturali del diritto privato e degli scambi e transazioni commerciali. La Commissione dei diritti dell’uomo [che ha preceduto il Consiglio dei diritti umani] aveva anche vietato qualsiasi coercizione economica o politica che potesse mettere in pericolo l’integrità territoriale o l’indipendenza politica dei governi. ‘La libertà della navigazione commerciale’ è un simbolo importante del principio di ‘libero scambio’. Tuttavia, le sanzioni imposte all’Iran hanno fortemente limitato questa libertà per il paese. ‘La libertà di navigazione’ è tra i principi più ampiamente riconosciuti della ‘Legge del Mare’ e della “Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982″, e del diritto consuetudinario. La causa intentata da una compagnia di navigazione tedesca, il cui nome è stato inserito nella lista delle sanzioni dell’Unione Europea secondo l’ordinanza n 961/2010, datata 2010, ramo 4 della Corte di giustizia europea, è solo un esempio delle numerose azioni legali che hanno chiaramente stabilito la natura illegittima delle sanzioni dell’Unione europea contro l’Iran. Anche le compagnie di navigazione iraniane si sono riservate il diritto di intentare causa contro le sanzioni illegali europee.
C.5. Sanzioni in contrasto con gli obblighi internazionali e bilaterali
Gli esperti legali ritengono che ogni misura che rischia di limitare le attività economiche o che viola degli obblighi di un trattato speciale o dei principi generalmente accettati del diritto internazionale, dovrebbe essere considerata illegale. L’obiettivo più importante e uno dei principi fondamentali dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) è la clausola della nazione la piu favorite. Secondo l’articolo 1 di questo strumento, la libertà di tutte le forme di commercio deve essere rispettata e nessun Stato membro è autorizzato ad esercitare forme di discriminazione contro un altro paese per l’esportazione o l’importazione di beni, compresa l’applicazione di sanzioni. Lo stesso principio è stato messo in evidenza dall’articolo 2 dell’Accordo generale sul commercio dei servizi (GATS), nonché dall’articolo 4 dell’Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (TRIPS) ed era sottolineato dall’articolo 3 dell’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (poi sostituito dall’Organizzazione mondiale del commercio).
Per quanto riguarda i trattati bilaterali, gli Stati Uniti hanno violato i contenuti del Trattato del 1955 di amicizia, relazioni economiche e diritti consolari (compreso il paragrafo 2, articolo 8 e articolo 10), nonché l’accordo di Algeri del 1988 (compreso il suo articolo 10) imponendo sanzioni unilaterali contro l’Iran. Sia l’Iran che gli Stati Uniti hanno fatto frequenti riferimenti all’accordo di Algeri negli ultimi anni, accordo ancora legalmente in vigore. L’autenticità di tale accordo è stata ripetuta dalla Corte internazionale di giustizia nel caso delle piattaforme petrolifere iraniane nel Golfo Persico nella cui sentenza la Corte ha confermato che il contenuto del trattato regola tuttora alcuni aspetti delle relazioni dell’Iran con gli Stati Uniti. I singoli paesi europei (tra cui l’Italia) hanno firmato molti accordi nei vari settori economico, finanziario, bancario e fiscale con l’Iran, che sono stati trasmessi dagli organismi giuridici di entrambi i paesi e sono vincolanti per entrambe le parti. In particolare, gli accordi di ‘incoraggiamento e di sostegno reciproco negli investimenti bilaterali’ e di ‘esenzione dalla doppia imposizione’ sono tra gli accordi comuni tra paesi. L’Iran ha altresì firmato tali accordi con molte altre nazioni. Le ultime sanzioni unilaterali contro l’Iran hanno portato alla revoca unilaterale di tali accordi. Ai sensi dell’articolo 35 dello statuto della Corte europea dei diritti dell’uomo, è possibile per i cittadini iraniani intentare azioni legali contro le decisioni dell’Unione europea se sono stati colpiti personalmente dalle sanzioni o dalle pressione dell’UE.
D) Le sanzioni contro la Banca Centrale dell’Iran
Alcuni punti delle ultime risoluzioni adottate contro la Repubblica Islamica d’Iran da parte dell’Unione Europea hanno aggiunto delle restrizioni notevoli nei confronti della Banca Centrale iraniana. Esse comprendono un congelamento generale dei beni e dei trasferimenti di denaro della Banca centrale d’Iran all’interno dell’Unione europea, il divieto di vendita di metalli preziosi in Iran e il divieto di ulteriore fornitura di banconote e monete alla Banca centrale iraniana. Anche se a causa di certi sviluppi giuridici nel campo delle relazioni economiche internazionali, la dottrina comune dei secoli 18esimo e 19esimo – circa l’immunità assoluta degli Stati e dei beni dello Stato – è stata gradualmente sostituita con un’immunità limitata nel 20esimo secolo, le sanzioni contro la Banca centrale d’Iran hanno attirato una notevole attenzione degli esperti legali a causa della loro importanza. Nel 1876, la Corte Suprema di Firenze è stata la prima giurisdizione a distinguere chiaramente tra le azioni degli Stati dividendole in ‘acta jure gestionis’ o ‘atti di diritto di dominio’ e ‘acta jure gestionis’ o ‘atti di diritto di gestione ‘, che comprendono le attività di natura commerciale intraprese da uno Stato. Di conseguenza, la Corte precisava che l’immunità può essere estesa solo per il primo tipo di atti – che denotano il controllo dello Stato sul suo stesso territorio, condizione necessaria per mantenere l’ordine pubblico. La Corte ha poi osservato che nei loro atti di gestione – che sono di natura privata e in cui gli Stati si comportano come businessmen del settore privato – gli Stati non dovrebbero godere di nessuna immunità.
Non vi è per il momento alcun accordo internazionale globale per quanto riguarda l’immunità dello Stato e dei suoi beni e la Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni del 2004 non è ancora entrata in vigore dal momento che il numero di paesi che l’hanno ratificata non ha raggiunto il quorum necessario. Tuttavia, la Convenzione europea sull’immunità degli Stati del 1972 è tra le piu importanti convenzioni a questo proposito ed è anche vincolante. L’immunità limitata della teoria dello Stato è il fondamento principale di entrambe le convenzioni. La convenzione suddetta ha rilevato che gli atti dello Stato per diritto di dominio (iure imperii) (soprattutto in relazione alle attività diplomatiche e militari) sono gli atti che un governo compie al fine di dimostrare i suoi diritti sovrani. Le dogane e la politica monetaria rientrano in questa categoria. Gli articoli 6-10 della Convenzione europea sull’immunità degli Stati hanno enumerato gli atti di gestione di un governo, attinenti al commercio. Indipendentemente dal criterio che viene preso in considerazione per distinguere tra atti di dominio e atti di gestione, non vi è dubbio che le politiche ‘monetaria’ e ‘finanziaria’, nonché i «beni speciali, i diritti, gli interessi e le attività» della Banca centrale iraniana, che si manifestano in attività quali investimenti, trasferimenti di denaro e capitali, la stampa di banconote e il regolamento dei rapporti interbancari… sono tra le più importanti funzioni della Banca centrale. Queste funzioni fanno chiaramente parte delle funzioni sovrane del governo iraniano.
Senza dubbio, l’imposizione di sanzioni globali contro la Banca Centrale d’Iran sarà un ostacolo notevole al rispetto della sovranità e del potere politico ed economico del paese. Tuttavia, molti di questi problemi sono stati coperti dalle sanzioni dell’UE contro l’Iran nella misura in cui esse hanno anche violato i contenuti della Convenzione europea sull’immunità degli Stati. È interessante notare che in base alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, ratificata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2004, i beni appartenenti alla Banca centrale iraniana o ad altri istituti finanziari affiliati al governo iraniano sono considerati beni speciali dello Stato. Pertanto, a norma dell’articolo 21 della convenzione, anche questi beni, cosi come quelli di natura militare e diplomatica, rientrano tra le attività speciali del governo e godono dell’immunità. Inoltre, a causa della grande importanza delle banche centrali e del loro ruolo diretto nella regolazione della vita delle persone e del destino dei paesi, le banche centrali di alcuni paesi europei e degli Stati Uniti godono di un più alto grado di immunità, indipendente dall’immunità degli Stati. Di conseguenza, anche nei casi in cui l’immunità di un governo è violata, l’immunità della sua banca centrale viene rispettata.
Pertanto, le sanzioni imposte alla Banca centrale dell’Iran costituiscono una palese violazione del diritto internazionale in campo economico e politico.
Conclusione
Il diritto internazionale in generale, e gli strumenti internazionali che sorvegliano la pace e la sicurezza internazionale – il più importante dei quali è la Carta delle Nazioni Unite – cosi come la consuetudine internazionale e la procedura giudiziaria hanno invariabilmente basato la risoluzione delle controversie internazionali o regionali sul principio del rispetto della sovranità e dei diritti degli Stati. Solo in casi molto rari, e rispettando numerose condizioni, l’uso della forza è stato usato in modo temporaneo e con particolare attenzione alla buona fede ed al rispetto di tutte le norme generali del diritto internazionale, nonché con la dovuta attenzione per i diritti dell’uomo e per i principi del diritto umanitario. Questo problema è stato costantemente sottolineato da vari strumenti europei e da molte convenzioni.
Un’analisi approfondita delle sanzioni contro la Repubblica Islamica d’Iran sotto tutti gli aspetti, politico, economico e dei diritti umani, ed il confronto delle sanzioni con gli strumenti internazionali, oltre che con le norme generali o specifiche del diritto internazionale, ed alla luce del comportamento selettivo e sleale di alcuni paesi occidentali e della loro politica “due pesi due misure”, dimostrerà che la maggior parte di tali norme e regolamenti è stata ignorata al momento di imporre sanzioni contro l’Iran. Come risultato delle sanzioni, la sovranità di uno Stato membro delle Nazioni Unite è stata danneggiata e i diritti dei suoi cittadini sono stati violati. Ancora più importante, la continuazione di queste sanzioni costituisce una grave minaccia per le prospettive future della comunità internazionale. Di fatto, la continuazione delle sanzioni e l’insistenza di alcuni paesi sul prolungamento e persino sull’intensificazione delle sanzioni sta facendo correre rischi irreparabili al futuro delle relazioni internazionali. Inoltre i diritti sovrani degli Stati per quanto riguarda la libertà di commercio e di attività bancarie e finanziarie subiscono un duro colpo mentre vengono violati i diritti dei cittadini e i concetti fondamentali dei diritti umani. Di conseguenza, tali sanzioni, in considerazione della loro vastità e diversità, possono essere considerate misure prese in cattiva fede e una grave minaccia alla comunità internazionale.
Inoltre, vi è un ulteriore problema quando si tratta di operazioni commerciali ed economiche tra la Repubblica Islamica d’Iran e gli Stati membri dell’Unione Europea. In vista della vasta cooperazione economica e commerciale tra la Repubblica Islamica d’Iran e questi paesi, l’istituzione e il mantenimento di tali sanzioni, soprattutto date le attuali circostanze in cui l’Unione Europea si trova ad affrontare particolari condizioni economiche, possono rappresentare una vera minaccia per il diritto legale di entrambi le parti ad agevolare gli scambi finanziari e commerciali tra le loro entità fisiche e giuridiche. Questi paesi, così come le loro società ed i loro cittadini perderanno molte opportunità preziose, le cui conseguenze irreparabili saranno chiaramente visibili in un futuro molto vicino.
(Traduzione dall’inglese di Giulia Torresin)