Sull’Everest
(da Facebook)
Se non provi a fare una cosa, non saprai mai se è davvero impossibile
Quando chiude gli occhi la sera nella sua tenda, sono convinto che gli appaiano volti e luoghi, quelli che ha visto, calpestato o solo sfiorato negli ultimi dieci anni. Come in un caleidoscopio il tempo non esiste più, le immagini non hanno più un ordine e si incastrano fra di loro, sembra una cascata: una cosa si trasforma nell’altra e Keiichi rivede asfalto, tanto asfalto e poi polvere, alberi, quindi improvvisamente è circondato d’acqua e infine compaiono i volti. Rivede i pescatori che lo guardano con sorpresa mentre rema nel Gange, si rivede circondato di ulivi in Puglia con la schiena a pezzi e la paura di non alzarsi più e una ragazza del suo Paese che gli porta da mangiare. Rivede un uomo in un vicolo buio di Delhi che gli punta contro un coltello, rivede le cime dell’Himalaya dalla vetta dell’Everest. Sembrano dei denti minacciosi, da lì, sembrano volerlo divorare, ma a lui in quel momento non fanno paura, pensa solo a dove andrà dopo. Come quel giorno di sette anni fa gli manca il respiro.
Nello zaino e nelle borse porta lo stretto necessario, poche cose, alla fine, anche se pesano. Ma con sé porta gli incontri e le immagini raccolte lungo sessantamila chilometri di strada percorsi in dieci anni di viaggio. E ancora, porta soprattutto, il ricordo di chi lo ha aiutato a fare un piccolo tratto di strada, di chi ha incontrato. Nel 2002 Keiichi Iwasaki installava condizionatori a Gunma, non lontano a Tokyo. Poi un giorno ha deciso di fare quello che tanti sognano, ma che richiede tanto coraggio e un po’ incoscienza (c’è chi dice pure un po’ di egoismo): ha fatto un salto nel vuoto. Keiichi ha mollato tutto ed è partito, contando su poche cose: le sue abilità da artista di strada, la sua curiosità, la fiducia nel prossimo. E sulla sua bicicletta. Sui pedali e con in tasca l’equivalente di un euro e mezzo, nove anni dopo è arrivato in Italia. Con un bagaglio di avventure inverosimili. Per esempio racconta di essersi avvicinato all’alpinismo in Nepal, perché sarebbe stato un peccato non salire sulla montagna più alta del mondo. Forse l’occasione non gli sarebbe più capitata, così Keiichi si è allenato, ha scalato, ha imparato. Grazie a un amico e alla generosità di una spedizione che gli ha permesso di unirsi a loro – perché i costi sono molto alti – è salito in cima all’Everest. Chi sa di alpinismo non ci crede. In India ha percorso il Gange da Varanasi fino al mare su di una barca a remi. Sembrerebbe tutto inverosimile, se Keiichi Iwasaki non lo raccontasse con una semplicità disarmante e non mostrasse le foto e i video delle sue imprese. Mi verrebbe da non credergli, avendolo visto incantare con i suoi giochi di prestigio una folla di gente rapita e divertita in via Rizzoli a Bologna. Si mantiene così, con spettacoli di magia, trucchi imparati da un prof quando era studente. E con la generosità di chi gli offre ospitalità, un passaggio, un euro per il sorriso che gli ha regalato. Ma il suo sorriso mi scrolla di dosso l’idea sia solo un altro trucco.
In bici
Keiichi Iwasaki racconta il suo viaggio sul suo sito Feel the earth, aggiornato in giapponese, poco nelle pagine inglesi (ma potete leggere con un traduttore gli aggiornamenti in ideogrammi). E da un po’ che va e torna dall’Italia, rientrando dopo vari periodi in viaggio in giro per l’Europa. Ma la sete di conoscere non si è fermata e, assicura, il suo viaggio sarà ancora lungo. Io l’ho incontrato un anno fa, per caso, a Bologna, e scrissi una breve foto notizia per il mio giornale. Ora gli ho scritto di nuovo, per chiedergli come va. Piuttosto bene, pare.
Keiichi, quando è partito per questo incredibile viaggio a 28 anni cosa aveva con lei?
Un coltellino da viaggio, uno spazzolino e 160 yen (1,5 euro), una macchina fotografica e un computer. Tutto in una borsa a tracolla. Ora ho troppe cose, quasi trenta chili: la tenda, il sacco a pelo, il fornellino e i pentolino, abiti per l’inverno e l’estate (e, aggiungo io, un raccoglitore con tutti gli articoli che parlano di lui, ndr). Ma preferisco un bagaglio leggero. Un bagaglio pesante non va bene per viaggiare.
In questi dieci anni ha compiuto esperienze fuori dell’ordinario. Qual è stata la più incredibile? Si è mai sentito in pericolo?
Keichi intrattiene il pubblico per le strade
(foto di keichi Iwasaki)
Scalare l’Everest è stata l’esperienza più straordinaria. Di solito chi vuole scalare l’Everest si prepara a lungo. Servono soldi e naturalmente abilità alpinistiche. Ma quello che ho fatto è stato diverso. Mi è venuta questa idea durante il viaggio. Mi sono semplicemente chiesto se era possibile scalare il luogo più alto al mondo. Fortunatamente ce l’ho fatta in un anno, ma se non ce l’avessi fatta sarei rimasto più a lungo. Attraverso questa esperienza quello che voglio dire è: se c’è qualcosa che vuoi fare, vale la pena provarci. Molte persone si dicono “no, non è possibile”, ma nessuno sa per davvero se è possibile. E se ci provi e ti rendi conto che non è possibile davvero, non avrai rimpianti.
Sì, mi sono sentito in pericolo a volte. Specialmente nella natura: è una forza enorme, e noi non ci possiamo opporre. Se fai la scelta sbagliata la Natura ti può uccidere facilmente. Ho anche incontrato un rapinatore col coltello, in India, ma fortunatamente sono ancora vivo.
Ha mai nostalgia di casa?
Non molto. Amo viaggiare, visitare posti che non conosco e incontrare nuove persone. Qualche volta mi manca il cibo giapponese. Un po’ lo trovo dappertutto, ma non certi piatti. Per esempio il ramen mi manca tantissimo. E’ davvero difficile trovare vero ramen fuori dal giappone (concordo, ndr). Quanto ai miei genitori, sono venuti cinque volte a incontrarmi durante il mio viaggio, raggiungendomi nei posti dove mi trovavo e possiamo parlare facilmente su internet. Anche gli amici ogni tanto sono venuti a visitarmi e ora so cosa ognuno sta facendo grazie a Facebook. Lo sviluppo di Internet ha attenuato la nostalgia.
E’ da un po’ che va e viene dall’Italia… quanto c’è rimasto e cosa ha trovato nel nostro Paese che continua a richiamarla?
Sono stato complessivamente due anni. E ogni volta sono arrivato da un Paese diverso: Austria, Francia, Svizzera. Questa volta (ora sono a Trieste), sono arrivato dalla Slovenia. Del vostro Paese mi piace che c’è tanto da vedere. Ogni città ha la sua storia. E’ così diverso dal Giappone, dove le cose non durano, anche perché abbiamo sempre costruito tutto in legno e a volte è difficile conservarlo a lungo. Ma in Italia c’è molto di più. E poi c’è molta bellezza, le montagne, il mare. E poi il cibo tipico come la pasta, il gelato, il prociutto non è neanche troppo costoso, il che va benissimo per un ‘turista squattrinato’ come me. Mi ha scioccato mangiare la pizza a Napoli, così buona e così economica. Non potevo permettermi di ordinare la pizza in Giappone. E poi le persone, che amano vivere. La gente che parla, che ama incontrarsi. Penso sia importantissimo in una società incontrarsi e parlarsi. In Giappone non si vedono spesso persone parlare a lungo fra di loro nei paesi. Dicevo che internet è importante, ma anche il contatto reale lo è: viviamo in un mondo reale, con persone reali. Ho attraversato 43 paesi in dieci anni e l’Italia è uno dei Paesi migliori in assoluto, per me. Invidio le persone che vivono in questo Paese.
A Bologna, in via Rizzoli
(ottobre 2011)
Pensa di tornare indietro un giorno?
Sì, ma ci sono ancora molti posti da visitare e se le possibilità e le situazioni me lo consentono vorrei continuare a viaggiare. Naturalmente dipende anche dalla mia salute e di quella dei miei genitori.
Qual è la sua prossima destinazione?
Voglio tornare in Slovenia e Croazia, e poi fra alcuni anni voglio vedere l’Africa, il Sud e il Nord America. Viaggerò forse altri dieci anni.
Buon viaggio, ci sentiamo fra un po’.
Due precedenti interviste:
Dal Giappone a Urbino in bici (Il Resto del Carlino – Pesaro)
Man bikes around the world (National Geographic)
Feel the earth (il sito di Keiichi Iwasaki)