Magazine Cinema
«poi d'improvviso un miracolo
tante persone mi applaudono
i fari sul palco si accendono»
(Da L'uomo e la valigia di Mino Reitano )
«Dei miei vent'anni che me ne faccio
se questo mondo mi lascia indietro»
(Da Avevo un cuore (che ti amava tanto) )
Eva Aulin/Anna Andersson: "Non hai niente da dirmi?"
Mino Reitano/Andrea Rispoli:- " Servirebbe a qualcosa?".
Il primo trafiletto su Mino Reitano, pubblicato su Sorrisi e Canzoni n° 32 del 6 agosto 1961 a pagina 36
Questa mini-rassegna dedicata alla breve ma intensa e significativa carriera cinematografica del Nostro mitico e amato Mino, non può che essere inaugurata da “Una Vita lunga un giorno” (1973) diretto da Ferdinando Baldi (con il prudente pseudonimo anglofono di Sam Livingstone) il quale fu il secondo interpretato da Mino Reitano, e sempre per il quale insieme all'inseparabile fratello Franco compose una colonna sonora interamente strumentale e rock, praticamente perfetta. Questo di Baldi , fu ed è rimasto il l più famoso dei film interpretati da Reitano, dopo il precedente “Tara Pokì” (1971) del mio concittadino labronico Amasi Damiani, per il quale come si sa, si dovette fermare più volte la lavorazione, dato il numero di fans, soprattutto giunti dalla Calabria, che si accalcavano e lo invocavano estatici fuori dalle sbarre ai cancelli degli studi della De Paolis, sulla Tiburtina a Roma, senza in pratica permettere di passare ai mezzi. E ai quali come un Messia, Mino doveva quindi prendere in braccio infanti a beneficio di fotografie della reliquia, dispensare baci a nonni, dispensare consigli e raccomandazioni, accogliere accorate richieste e preghiere per un favore ecc., sarà anche per questo che il film di Baldi venne girato e ambientato in esterni a San Remo, più lontana da raggiungere per i torpedoni di fans adoranti dalla Calabria, e anche perchè sopra Roma nessuno lo avrebbe probabilmente riconosciuto né chiesto di toccargli i bambini in braccio, tanto più se truccato e abbigliato come un Marlon Brando.
(da “Fronte del porto” di Fiumara )
Mino Reitano, in giacca bianca a sinistra, insieme ai suoi fratelli nel 1960.
Mino Reitano riceve da Alfredo Rossi il disco d'argento per le 500.000 copie vendute di Una chitarra, cento illusioni (nel febbraio 1969).
Infatti, egli interpreta nel film un portuale, che appena tornato a casa (sempre presente riecheggiante il tema di Mino dell' eradicamento dell'emigrante), cioè la stanza della pensione in cui vive, incontra una ragazza svedese, cioè “nordica”, appena arrivata in città e nipote della in sua assenza defunta proprietaria, interpretata dalla bella, fasciata nelle sue prepotenti forme, supertopa Ewa Aulin già in uno dei suoi ultimi film, finta cardiopatica per la quale da vero eroe romantico vivrà la sua disperata “Love Story”, raggirato e tradito, verrà coinvolto in una spietata “Pericolosa partita”, una caccia nella quale lui sarà la preda (o la “Decima vittima”) ben remunerata in caso di sopravvivenza, organizzata dal ricco e perverso Philippe Leroy e altri suoi facoltosi accoliti, e che si svolgerà dalla collina scendendo fino al porto e attraversando tutta la città. Una vera lotta per la sopravvivenza a cinque tentativi d'ucciderlo nei più diversi modi, per coltello, per arma da fuoco, con l'automobile, con il fuoco, e infine con i cazzotti sulla noce del capocollo, a mò di pugno di ferro, dalla quale uscirà vincitore ma comunque amaramente disilluso.
Reitano attore sarà sicuramente un po' monotono, ma non è così inespressivo come si potrebbe credere.
Baldi dalla sua parte dirige come al solito abbastanza bene, anche se l'ultima mezz'ora in cui dal sentimentale il film vira decisamente verso l'azione, cade nella prevedibilità e soprattutto nell'inconcludenza.
Luciano Catenacci, con quella sua faccia, se la cava come sempre, ovviamente nella parte del cattivo.
Per ogni adoratore del povero Mino, così prematuramente scomparso, il film è certamente opera a dir poco magnifica, ma bisogna dire che come versione italiana di film rientrabile nel filone delle “Manhunt”, della “caccia all'uomo”, non è secondo a molti altri titoli ben più celebrati, a partire proprio dal datato e decisamente invecchiato male, irrisolto, “La Decima vittima” ('66) di Elio Petri. Al quale Baldi nelle scene d'azione, anche quando un po' assurde, spacca letteralmente il culo.
Ascoltare la introvabile colonna sonora rock strumentale del film, composta da Mino con il fido fratello Franco, per rendersi bene conto di quanto i Reitano fossero stati dei musicisti molto lontani da quello che avrebbero dovuto essere, una volta raggiunto il successo popolare.
La scena della rivelazione finale “ Face to face” con la Aulin, è inarrivabile e una vera e propria gemma, per chiunque pensa che comunque Reitano “non è mai stato un attore”, altro che far ridere.
"UNA RAGIONE DI PIÙ: Sai, c'è una ragione di più
per dirti che vado via... »
(Una ragione di più )
Napoleone Wilson
credits: le immagini di Mino Reitano provengono da Wikipedia.
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