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una vita senza automobile – parte terza

Creato il 20 gennaio 2013 da Gaia

[Segnalo un interessante intervento di Travaglio sul voto utile]

Il prezzo del mio esperimento inizia a salire: ho rifiutato un invito a passare due giorni in montagna perché non c’era modo di spostarsi con i mezzi pubblici (se vi interessa, la Saf vi può portare anche la domenica fino in val Pusteria – ma c’è solo una corsa di andata e una di ritorno al giorno, e nelle tre ore tra l’una e l’altra non credo di riuscire a salire e scendere da una malga). Ovviamente mi dispiace e mi sento anche un po’ in colpa. Sto organizzando una cena di finanziamento per Radio Onde Furlane e non ho ancora avuto il coraggio di annunciare che non potrò parteciparvi perché per andare da Udine a Premariacco in bicicletta bisogna affrontare o chilometri di statali assassine di notte o il guado del letto del Torre al buio. Naturalmente uno può dire: chi ti obbliga, prendi l’auto solo una volta. Ma il mio esperimento deve essere fatto fino in fondo, altrimenti non ha senso.
Il punto è sempre quello: se non fossi la sola ad oppormi, in casi come questo, all’uso dell’automobile, si troverebbero soluzioni alternative per tutti. Ad esempio, per chi organizza un evento fuori dai centri abitati diventerebbe normale allestire anche un servizio di bus navetta/furgoncini con autisti qualificati e sobri che portino su e giù la gente. Ma siccome tutti hanno la macchina, tutti si arrangino – sperando di scansare le pattuglie della polizia.
Per tirarmi su e dimenticare l’odio che inizio ad attirare, continuo con la mia serie di post in cui mi spiego. Sarebbe adatto passare al libro di Ivan Illich, ora, e a come il trasporto motorizzato oltre una certa velocità deforma lo spazio e lascia indietro chi non ne vuole o può fare uso, e toglie (spoiler) a ognuno la sensazione di vivere al centro del proprio mondo, visto che ne sono un esempio sempre più calzante, però prima c’era la parte sul carburante, quella in cui sostengo che l’utilizzo del mezzo motorizzato privato, soprattutto se su quattro ruote, non è sostenibile su scala globale anche perché non disponiamo di sufficiente energia per farlo andare avanti. Qui il problema è che sono poco competente in materia oltre che pigra e non ho voglia di cercare dati su quanto petrolio è rimasto, anche perché, come ho già scritto in passato, nessuno lo sa con certezza e molti mentono. Per quanto riguarda il riscaldamento globale, non credo abbiate bisogno di un mio post per essere aggiornati sul dibattito. Che l’inquinamento provocato dal traffico uccide e fa ammalare, anche questo lo si sa bene. Credo ci siano cose che si possano dare per scontate, per non reinventare la ruota ogni volta.
Inoltre, non ho idea di quanto acciaio, plastica e vetro pro capite ci siano al mondo. Suppongo che non bastino per un’automobile ciascuno, e conoscendo un ragazzo che lavora in un’acciaieria mi viene da dire che dato il suo costo anche umano l’uso di questo materiale dovrebbe essere limitato allo strettissimo indispensabile, ma anche qui, non ho dati. Se vi interessa approfondire, ho trovato un sito che si occupa solo del mercato mondiale dell’acciaio. Dando un’occhiata vedo che per ora il problema della scarsità non c’è, grazie alla crisi economica, ma che si prevede che la domanda continui a salire. Come tutte le altre cose, anche l’acciaio non è infinito, inoltre serve per le case.
Veniamo ora alle fonti alternative. Mi risulta ci siano due grosse alternative alle fonti fossili, per far andare avanti le automobili (e anche le corriere, per carità).
Un’alternativa, formalmente sostenuta e incentivata dall’Unione Europea, sono i biocarburanti, cioè carburanti prodotti con biomasse vegetali. Anche qui, tutto quello che ho letto va nella stessa direzione: crea più problemi di quanti ne risolve, almeno per ora. A parte il fatto che coltivare consuma energia e molti sostengono che se ne produca meno di quanta se n’è già usata per i mezzi agricoli e la lavorazione, ma questo varia di caso in caso, resta il fatto che i paesi ricchi non hanno abbastanza terra anche per i biocarburanti, e in un mondo affamato, sovrappopolato e dove intere nazioni non riescono a garantire il cibo ai propri cittadini, è immorale utilizzare terra, acqua e altre risorse di questi stessi paesi per coltivare carburante. Un po’ più complessa è la questione dell’accaparramento di terre, o land grabbing, cioè l’acquisizione da parte soprattutto di multinazionali e governi occidentali di grandi estensioni di terre coltivabili sottratte ai contadini e alle comunità di paesi più poveri che ne hanno bisogno per il proprio sostentamento. Questo fenomeno è legato anche alla semplice coltivazione di cibo, non solo ai carburanti. È abbondantemente denunciato e documentato: eccovi un sito, per esempio, che se ne occupa. È un fenomeno complesso e interessante, che per quanto mi riguarda chiama in questione anche una delle mie idee fisse, e cioè che su un territorio debba vivere solo la quantità di persone che quel territorio è in grado di sostenere dal punto di vista alimentare. Questo non significa essere contrari al commercio, ma pensare che, qualunque cosa accada (salvo eruzioni di vulcani o cataclismi simili), una popolazione debba almeno garantire a se stessa il cibo, e non doverlo sottrarre ad altri. È recentemente emerso che l’Italia non ha questa autosufficienza; inoltre, io definirei ‘territorio’ come spazio un po’ più piccolo di uno stato nazione europeo; non ho una formula, ovviamente, e non credo se ne possano fare, ma per me la comunità geografica e politica immediata per quanto riguarda la gestione delle risorse, nel mio caso, è il Friuli Venezia Giulia, e al limite le regioni e gli stati confinanti.
Torno al carburante. In questo bel libretto divulgativo sul tema dell’energia, scritto da un chimico e da un ricercatore del CNR, trovo il dato che “il cittadino europeo medio usa quasi un terzo dei propri consumi energetici complessivi per spostarsi con qualche mezzo motorizzato” (e che il treno riduce dell’80% il consumo energetico, presumo pro capite, rispetto all’auto). Gli autori procedono poi a fare affermazioni sull’insostenibilità dell’attuale sistema dei trasporti molto simili alle mie

:)
, anche se sono più moderati nella proposta di soluzioni. Forniscono inoltre un grafico che dimostra quanto sia distorta la percezione dei cittadini riguardo ai consumi energetici domestici, secondo un’indagine Eurobarometer del 2007: mediamente gli europei pensano che il 39% vada in luci ed elettrodomestici, che invece prendono appena l’8%, e non si rendono conto del peso enorme di riscaldamento (metà) e automobile (quasi un terzo).
Quello che voglio dire è che chi propugna i veicoli elettrici come la soluzione ai problemi causati dai combustibili fossili dovrebbe spiegare in maniera molto chiara come pensa di generare quell’energia in più. Dove la troviamo tutta questa elettricità?? Prendo solo il Friuli Venezia Giulia, ma quello che dico vale dappertutto: abbiamo paura delle centrali nucleari in Slovenia, ci opponiamo al devastante progetto di elettrodotto della Terna, i contadini sono incazzati perché il mais invece di andare alle persone e agli animali finisce negli impianti a biogas, la gente di montagna non vuole rovinare ulteriormente laghi e fiumi con centrali idroelettriche, e per quanto riguarda i pannelli fotovoltaici, ok, ma non sui campi come già si vede fare, perché i campi servono a mangiare. Con tutti questi problemi, con la necessità di emanciparsi da vecchie fonti energetiche ritenute dannose o pericolose, e non ancora autosufficienti energeticamente, con le centrali a fusione che ancora non ci sono e non ci saranno per un bel po’, come pensiamo di far marcire un parco auto elettrico identico in dimensioni al parco auto attuale? A me sembra follia. Per non parlare dell’eventuale paralisi se salta l’elettricità. Un paio di articoli: questo, in cui si dice anche che la produzione delle batterie per le auto elettriche è molto inquinante, e questo, secondo cui, in Cina, “l’energia necessaria per far funzionare le auto elettriche produce polvere [sic] sottili in percentuale maggiore rispetto a quelle emesse dalle auto a benzina”. Naturalmente questo in teoria non accadrebbe se le auto fossero alimentate con fonti rinnovabili, ma anche produrre pannelli solari richiede materie prime da estrarre, lavorare e smaltire, energia, e spazio. Siamo punto e a capo.
Insomma, biocarburanti o auto elettriche, è sempre la stessa storia: pensare di risolvere ai problemi creati dall’abuso di una tecnologica semplicemente sostituendola con un’altra tecnologica non funziona. Bisogna imparare a ridurne l’uso.
Concludo dicendo che forse dai miei post emerge un tono vittimistico. Se così fosse, vi garantisco che una vita in cui si consuma meno, almeno per me e ovviamente al di sopra di certi livelli di privazione che non vanno bene e a cui speriamo tutti di non dover tornare, è una vita piacevole perché si ha tempo ed energia per altre cose. La frustrazione, semmai, deriva non dal non poter avere cose che non si vogliono, ma dal riscontrare che, in una società in cui quelle cose sono imprescindibili per una vita sociale, lavorativa e familiare normale, e considerate ancora diritti, la maggior parte delle persone non sono disposte a una rinuncia che pure libererebbe il loro tempo e la loro mente, e anzi, senza cattiveria, tendono ad escludere chi questa rinuncia è disposto a farla – anzi, a percepire queste persone come auto-escludentesi.
Ma io mi consolo pensando a questa scena.


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