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La trama (con parole mie): David Dunn, una guardia di sicurezza alle prese con la possibile separazione dalla moglie ed una tristezza che pare non lasciarlo mai, sopravvive miracolosamente ad un disastro ferroviario dal quale, unico tra i passeggeri del treno coinvolto nell'incidente, esce illeso. A seguito dell'evento si interessa a lui Elijah Price, appassionato di fumetti e proprietario di una galleria d'arte affetto da una malattia che fin dai tempi della sua giovinezza gli è valsa l'appellativo di "uomo di vetro" a causa della facilità con la quale le sue ossa finiscono per spezzarsi.Price è convinto che Dunn, inconsapevole, sia nato con dei "poteri" che lo rendono un guardiano del bene, e spinge l'uomo a verificare in quali occasioni, nel corso della sua vita, si sia in qualche modo ferito, o sia stato malato: quando i dubbi di Elijah cominciano a farsi strada anche nella mente di David, inizia per quest'ultimo una nuova fase della vita.
E' incredibile quanto i tempi siano cambiati, per M. Night Shyamalan.Alle soglie del nuovo millennio, infatti, questo autore dal nome curioso era sulla bocca di tutti grazie all'ottimo esordio con Il sesto senso, che di fatto gli aprì le porte del giro che conta e lo condusse ad un atto secondo della sua filmografia che, seppur non all'altezza del primo ed in parte contestato dalla critica, si rivelò un valido esperimento nel fantasy moderno e rispetto al genere supereroistico, che di lì a poco sarebbe esploso con il primo film della trilogia di Spider Man firmata da Sam Raimi: quei tempi, come ben sa chi ha avuto la sfortuna di vedere robaccia come L'ultimo dominatore dell'aria o il più recente After Earth, ormai, sono finiti, e dunque parlando del buon M. Night si è costretti a rifugiarsi nella casualità di incrociare, in tv, frammenti del suo passato come il qui presente Unbreakable.Onestamente, ricordo che quando lo vidi per la prima volta rimasi piacevolmente sorpreso dall'idea che Shyamalan ebbe rispetto al modo di affrontare la figura del supereroe: partendo, infatti, da un intrigo nello stile collaudato del già citato Il sesto senso - con tanto di protagonista in comune, il sempre mitico Brus Uillis, ed un rapporto padre/figlio in primo piano -, il regista analizzò il tema della nemesi e dello scontro Bene/Male anticipando, di fatto, quello che Tarantino avrebbe sviluppato nel faccia a faccia decisivo tra la Sposa e Bill in Kill Bill Vol. 2, ribaltando il concetto classico dello scontro tra eroe e villain e trasformando lo stesso in una sorta di rapporto simbiotico secondo il quale non esiste uno senza l'altro.Rivedere questo film a distanza di una decina d'anni buona non ha cambiato quella che era stata la prima impressione, ovvero che si trattasse di un lavoro dignitoso dai ritmi forse un pò troppo dilatati ma dalle idee interessanti, giocato più sull'attesa che sull'effettiva azione pronta ad esplodere nel salvataggio dei due ragazzini tenuti prigionieri dal serial killer individuato da David in quella che è, senza dubbio, la sequenza più efficace e carica dell'intero lavoro: certo, gli appassionati di fumetti riusciranno con una maggiore facilità ad inserirsi nel concetto espresso dal film - oltre che a farsi affascinare dalle decine di albi disseminati alle spalle di Elijah in più di un'occasione -, eppure l'idea di modificare il classico concetto del "buono" che si ritrova a dover scovare e cacciare il nemico numero uno ribaltata in una febbrile ricerca - dal prezzo sconvolgentemente alto - del malvagio disperatamente bisognoso di una nemesi per poter dare un significato alla sua vita e alla sua maledizione - un pò come intese Stan Lee rispetto ai "supereroi con superproblemi" che rivoluzionarono il genere tra gli anni sessanta e settanta - è interessante ed ai tempi certamente non sdoganata come ora, dal meraviglioso Joker di Heath Ledger al Loki made in Marvel, fino al Khan dell'ultimo Star Trek, anche se in questo caso si esce almeno in parte dal seminato del fumetto.
Credibili, tutto sommato, anche i due protagonisti, nonostante Bruce Willis ricalchi di molto le tracce lasciate da Il sesto senso e Samuel Jackson si prodighi a fare il Samuel Jackson, pur imprigionato in un charachter molto meno "fisico" - almeno da un certo punto di vista - di quelli cui l'attore afroamericano ci ha abituati dai tempi di Pulp fiction.
Una piacevole riscoperta, dunque, che mi ha riportato alla mente i tempi in cui guardare un film targato Shyamalan era un discreto piacere e non una potenziale tortura: che il regista abbia trovato, con il tempo, la sua peggiore nemesi in se stesso?
MrFord
"We gotta stay tuned
cuz there's more to see (Unbreakable)
through the technical difficulties (Unbreakable)
we might have to take a break
but ya'll know we'll be back next week
I'm singing this love is unbreakable
oh yeah yeah..."
Alicia Keys - "Unbreakable" -
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