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“Une éducation libertine” di Jean-Baptiste Del Amo

Creato il 27 settembre 2010 da Sulromanzo
“Une éducation libertine” di Jean-Baptiste Del AmoDi Angelica Gherardi
“Une éducation libertine”, il nuovo “ventre di Parigi”
Un libro può essere contemporaneamente un libro noioso e un bel libro? È la domanda che mi pongo da quando ho iniziato a leggere Une éducation libertine, di Jean-Baptiste Del Amo, e a oltre metà dell’opera (450 pagine scritte fitte fitte) ancora non sono riuscita a sciogliere la prognosi. Sicuramente alcuni eminenti specialisti prima di me lo hanno reputato bello, visto che ha vinto il premio Goncourt del primo romanzo, ma d’altra parte il Goncourt, come il nostro Strega, non è esente da critiche e scandali più o meno occulti.
Resta il fatto che Une éducation libertine è un bel libro. Scritto particolarmente bene, con uno stile contemporaneamente antico e moderno, un vocabolario esteso e ricercato seppur mai fuori luogo, sembrerebbe scritto nell’Ottocento se non fosse per passaggi alquanto scabrosi, ma mai volgari, che all’epoca probabilmente sarebbero stati censurati. Il problema qual è? È la trama, che sembra quasi un pretesto, e il protagonista, Gaspard, che non è il vero protagonista. Perché a fare la parte del leone e ad essere antropomorfici sono la città, Parigi, e il fiume, la Senna. La prima è quella di prima della rivoluzione, sporca, puzzolente, senza fogne, senza onore e senza gloria, calpestata dai suoi cittadini poveri, volgari, cenciosi, violenti, elemosinanti, e qualche borghese o nobile irrispettoso, chiuso sul suo mondo, pronto a travolgere con la sua carrozza qualche misero, uomo, donna o bambino, senza che ciò abbia conseguenze. Il secondo è quel turbinio di acque sporche quasi tentacolare, di cui la città non può fare a meno, di cui i cittadini non possono fare a meno, perché è lì che le lavandaie vanno a lavare i panni, è lì che si gettano i rifiuti, è lì che arrivano mercanzie e legna, è lì che ci si suicida, ed è lui (lui, non esso) che attira o respinge irresistibilmente il giovane Gaspard. Le descrizioni sono accurate e estremamente crude, dal vecchio barbone che muore per strada ancora con la mano tesa, defecando anche dalla bocca il marcio dei suoi intestini, all’impiccagione del pedofilo assassino che non muore immediatamente davanti alla folla prima esultante poi in ribellione contro il boia e le forze dell’ordine. 
“Une éducation libertine” di Jean-Baptiste Del AmoE Gaspard? Di lui sappiamo, nelle prime 250 pagine, solo che è povero, che viene da Quimper per scoprire la vita parigina, che lavora per un po’ nella Senna a sganciare i tronchi che arrivano, poi come apprendista da un parrucchiere (artigiano delle parrucche) e che conosce la sua prima esperienza sessuale nonché omosessuale ad opera di un nobile annoiato. Ma anche lui sembra quasi una comparsa della città, un povero tra gli altri, uno che dorme nella cantina della bottega tra i ratti e le acque che la allagano, che soffre l’estremo freddo o l’estremo caldo che Parigi distribuisce a seconda delle stagioni. Ma la sua storia non appassiona, per il titolo e per le sue gesta finora già si intuisce lo svolgimento, ci si chiede quando si arriverà a qualcosa che susciterà un interesse che non sia quello morboso per la città nel suo vestito più lurido. In fondo chi è che subisce un’educazione libertina, Gaspard o Parigi? O è forse la seconda che istruisce il primo e lo porta nel suo ventre fetido? 
Resta che da un giovanissimo scrittore, il ventisettenne Del Amo alla sua prima prova, non ci si aspettava cotanta maestria nella scrittura e altrettanta cultura, un quadro d’epoca così particolareggiato e preciso. Seppur senza alcuna passione e con un po’ di noia, arriverò fino alla fine.
Addendum: L’ho finito. Il seguito è meno scontato di quanto pensassi. Ho deciso: mi è piaciuto.
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