Articolo pubblicato nella Webzine Sul Romanzo n. 3/2013, Le tentazioni della cultura.
Basta il solo intuito per comprendere che è meglio pubblicare a Ovest che a Est dell’Europa. E se di punti cardinali si parla, è meglio ancora nel Nord-Ovest. Infatti, la Germania spende circa sette miliardi di euro all’anno per i libri, mentre l’Italia circa un miliardo.
Per i temerari, tuttavia, va precisato che pure nell’Est il mercato ha una sua vita pulsante sotto le ceneri dell’apparente spegnimento. E il Paese con più acquirenti di libri è l’Ungheria, dove si investono, pro capite, circa ventiquattro euro all’anno. Ma se si è scrittori, editori o aspiranti tali e si vuol accedere ai lettori dell’Est dell’Europa, va bene anche il russo come idioma, perché anche lì il mercato è abbastanza solido. Chiuso, ma solido. Non appare conveniente scrivere in romeno, perché l’investimento medio pro capite nel Paese è di circa tre euro all’anno. Colpa della crisi economica che non ha risparmiato nessuno, ci viene da pensare, pur di dare una giustificazione alle cifre. Anche se, forse, le ragioni di tali discrepanze sono da cercare altrove. Probabilmente, è a causa di ciò che il mercato offre ai lettori o forse di meccanismi ignoti o ragioni storico-culturali. Con un pizzico di fantasia, si potrebbe redigere una lista controversa di motivazioni. Teniamo a bada le teorie sulla questione, in tanti hanno già trattato ampiamente l’argomento. Buttiamoci nella mischia, invece, e scopriamo quali sono i trend letterari degli ugro-finnici, dei neo-latini e degli slavi per eccellenza.
Vestendo i panni degli scienziati della curiosità morbosa, gettiamo ora un breve sguardo alla storia comune dei tre Paesi, con l’intenzione di prefiggerci una tesi da confutare. Senza scomodare la preistoria e le teorie che vogliono la Romania, e la zona del Danubio, la culla della civiltà europea – sul tema, Costantino Dragan, uno studioso romeno, ha pubblicato un volume molto interessante e ben scritto –, soffermiamoci sulla storia recente. Prendendo un momento a caso dei rapporti tra l’Ungheria e la Russia, gli annali raccontano che morirono circa 2.800 ungheresi per mano delle armate sovietiche durante i moti di ribellione del 1956. La situazione non migliora, se prendiamo in considerazione anche la Romania. Solo a titolo di esempio: la Transilvania, regione della Romania, presa dall’impero austro-ungarico. Per quanto riguarda la Russia, basta citare il 30 settembre 1808 e la convenzione segreta tra Napoleone I e Aleksandr I con la quale veniva riconosciuta l’annessione di due principati romeni al territorio zarista. Alquanto inesistenti, però, le ferite inflitte dagli ungheresi e dai romeni nei confronti dei russi. Bisogna ammetterlo, i periodi di tensione tra i tre Stati non sono mancati, anzi sono persistiti lungo i decenni.
Per continuare a leggere l’articolo, clicca qui.
[Seguiteci su Facebook, Twitter, Google+, Issuu e Pinterest]
Media: Scegli un punteggio12345 Nessun voto finora