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Unicocampania: sistema tariffario da difendere

Creato il 07 giugno 2012 da Ciro_pastore

UNICOCAMPANIA: SISTEMA TARIFFARIO DA DIFENDERE Il Consorzio è tuttora feudo incontrastato dell’ultimo sopravvissuto boiardo dell’era Bassolino UNICOCAMPANIA: SISTEMA TARIFFARIO DA DIFENDERE Il Direttore Generale del Consorzio nell’orbita del Partito dei Carini? Da anni, oramai, divampa una serrata polemica sullo stato di fibrillazione che coinvolge il Consorzio UNICOCAMPANIA e le aziende di trasporto ad esso aderenti. Anche il sottoscritto, ben prima degli attuali detrattori, ne scrive fin dal lontano 2008, come possono testimoniare gli innumerevoli articoli pubblicati sui quotidiani locali e sul web. Occorre premettere, però, che pur essendo il Trasporto Pubblico Locale (TPL) un settore in crisi, per una miope strategia del Governo Nazionale e Regionale che taglia i fondi proprio in un momento di crisi generalizzata che spingerebbe schiere di cittadini ad un maggior uso del trasporto pubblico che, però, viene inesorabilmente decurtato nell’offerta quantitativa e qualitativa. L’esperienza meritevole di consorziare le più importanti aziende per offrire ai cittadini una tariffa unica ha creato, attraverso la semplificazione tariffaria, un clima positivo che, però, ora come ora, necessita di una sostanziale rivisitazione per le mutate condizioni economico-finanziarie delle aziende consorziate. Qui in Campania, ad una stagione fiorente dal punto di vista degli investimenti sulle infrastrutture, soprattutto ferroviarie, non ha fatto seguito, è bene ammetterlo, un pari impegno sul fronte della gestione dei servizi. Ogni anno ci ritroviamo a discutere di linee programmatiche per il rilancio del trasporto pubblico locale ma puntualmente, le Finanziarie nazionali e regionali prevedono soltanto tagli. Nonostante appaia, invece, assolutamente necessario che il Governo e Giunta Regionale, al di là di ogni schieramento politico, prendano in seria considerazione il servizio di trasporto pubblico locale del Paese, dando finalmente delle risposte strutturali ai problemi del settore. Questo implica delle scelte politiche durature e da trasformare in provvedimenti di legge coerenti e di lungo respiro. Nelle dichiarazioni di intenti tutti sostengono che non si può fare a meno dell’apporto centrale della mobilità sostenibile, una mobilità fortemente basata sul trasporto pubblico locale. Nei fatti, poi, tutto si tramuta in tagli, tagli ed ancora tagli. Venendo a UNICOCAMPANIA, è innegabile il fondamentale passo avanti compiuto mediante l’integrazione tariffaria. Però, non si può accettare una definitiva ingessatura del sistema. Ritornando alla querelle di questi anni, infatti, tutte le aziende aderenti al Consorzio lamentano una diminuzione drastica degli introiti di competenza, il che spinge molte di esse (qualcuna lo ha già fatto) a minacciare seriamente una loro uscita dal consorzio. Le ragioni dei mancati incrementi dei ricavi sono molteplici e non è questa la sede per analizzarli. Quel che è certo, è che si poteva puntare a delle economie di scala - che non sempre sono state realizzate - e che dovranno probabilmente diventare oggetto di una radicale rivisitazione dell’intero sistema su cui si basano le regole di funzionamento di UNICOCAMPANIA. Occorrerà, inoltre, aggiungere una maggiore collegialità nelle scelte, una minore segretezza nella gestione, una più flessibile attività dei responsabili. Si tratta di modifiche che è lecito attendersi per scongiurare una conflittualità tra aderenti e struttura consortile A questi necessari aggiustamenti, dovrà far seguito un rinnovato meccanismo di calcolo degli introiti spettanti alle singole aziende che tenga maggiormente conto della capacità di incassare introiti da parte di ciascuna di esse. Si potrebbe immaginare, cioè, un sistema di tipo premiale per quelle aziende che, attraverso la propria rete di vendita, si attivano per un incremento degli incassi. Pensare di risolvere il problema dei mancati incrementi solo attraverso un inasprimento delle multe a carico degli evasori è pura demagogia. È dimostrato, infatti, che aumentare le sanzioni non fa altro che allontanare quei cittadini, oggi riottosi nel pagarne i costi, dal trasporto pubblico. Cosa più intelligente sarebbe, invece, trovare sistemi più efficaci ed efficienti di controllo che conducano in maniera dolce verso una maggiore osservanza delle regole, in una città che ha sempre difficoltà a rispettarle. Il Consorzio è tuttora feudo incontrastato dell’ultimo boiardo dell’era Bassolino, da tempo sotto gli strali, non solo del centrodestra, ma anche di buona parte delle aziende “costrette” a parteciparvi a condizioni capestro. Infatti, chi ne esce si ritrova a perdere il 30% dei contributi regionali. Questa consistente penalità aveva consentito la sopravvivenza del Consorzio, pur fra i malumori più volte espressi dalle aziende partecipanti. Nessuno contesta, infatti, il benefico ruolo sociale svolto in questi anni dal sistema tariffario intermodale che ha costituito uno straordinario veicolo di promozione della mobilità pubblica. La tariffa unica, in un sol colpo, ha eliminato disagi e costi per il cittadino, costituendo anche un utile strumento di avvicinamento al trasporto pubblico. I veri problemi fatti rilevare dalle aziende sono nati sul fronte del clearing (ripartizione) dei ricavi consortili e, soprattutto, riguardo ai costi complessivi della struttura Consorzio, partendo dalle faraoniche campagne pubblicitarie e finendo ai costi di distribuzione dei titoli di viaggio. C’è da sottolineare come la stessa introduzione del sistema tariffario unico abbia sottratto alle singole aziende una quota di ricavi, visto che con lo stesso titolo di viaggio è possibile usufruire di più linee, fatto che determina che nell’area metropolitana di Napoli il costo nominale di un biglietto ha un valore effettivo che corrisponde quasi al doppio e, conseguentemente, ciò si traduce, per le aziende, in una perdita secca di introiti pari al 50%. Ovviamente, i vantaggi indiretti per l’intera collettività (in termini di migliore mobilità e vivibilità ambientale) hanno ampiamente compensato i minori introiti delle singole aziende, le quali, però, hanno sofferto i danni economici dell’operazione, senza riceverne gli auspicabili ristorni che i singoli contratti di servizio avrebbero dovuto coprire. Il modello di clearing adottato in Campania valorizza sicuramente la maggiore offerta che produce un incremento della domanda, tentando di premiare le aziende virtuose in relazione alla loro capacità concreta di lotta all’evasione che esse avrebbero dovuto mettere in campo. Il sistema, peraltro, tenta di conciliare le posizioni pregresse garantendo l’introito storico, così come determinato nella fase ante integrazione. Insomma, un esperimento, solo parzialmente riuscito, per tenere insieme passato e futuro. La lotta all’evasione/elusione nei fatti si è dimostrata incapace di ricondurre i “riottosi” verso la regolarità. Nei fatti, le aziende hanno progressivamente abbassato la guardia sul fronte della “lotta ai portoghesi”, determinando un calo sostanzioso dei recuperi, specie negli ultimi anni. D’altra parte, la politica di forte incentivazione degli abbonamenti annuali - se ha prodotto un benefico effetto fidelizzazione – ha anche determinato un’ulteriore perdita di ricavi, perché ha spostato i clienti già virtuosi verso un titolo di viaggio, fin troppo conveniente, senza però incidere significativamente sull’emersione degli evasori, il cui numero totale è, peraltro, in aumento esponenziale. E’ del tutto evidente, che in un comparto economico in cui la scarsità di risorse è sempre più preoccupante, l’evasione tariffaria costituisce ancora un serbatoio al quale attingere per dare respiro alle sofferenti finanze aziendali. L’evasione produce danni diretti sia per i bilanci delle singole aziende che per le casse erariali (visto che chi non paga il biglietto è anche un evasore IVA) e danni d’immagine nei confronti dei clienti virtuosi che, considerano l’evasione come un’incapacità delle aziende a far valere il proprio diritto alla riscossione. Per quanto riguarda i costi di struttura del Consorzio, da anni fervono le polemiche, e molti sono stati i dubbi sulla consistenza degli stessi che, peraltro, ricadono direttamente sui bilanci delle aziende consorziate. Nel corso degli anni, il ruolo egemone di chi ha fatto nascere e guidato il Consorzio, notoriamente personaggio ostile alla mediazione con il mondo politico e con quello delle aziende di trasporto, ha fatto crescere ed espandere un clima di disagio che, in questi ultimi tempi, da strisciante è diventato manifesto. Clima che lascia intravedere un futuro poco roseo per il Consorzio, inteso come struttura, anche se pare assicurata la sopravvivenza del sistema tariffario integrato. Sotto la lente di ingrandimento il servizio di distribuzione dei titoli di viaggio, che ha un costo annuo di circa 6 milioni di euro. In passato, proprio sulle modalità ed i costi della distribuzione si erano appuntate le ire ed i dubbi delle aziende consorziate. Si tratta di un importo che incide per oltre il 6% sui ricavi. Nell’epoca delle vacche magre, si tratta di una cifra che potrebbe spingere qualcuno a pensare di recuperarli, almeno in parte, riportando la vendita dei biglietti esclusivamente all’interno delle singole aziende. Parallelamente, notizia di ieri l’altro, si lanciano singolari joint venture con i nuovi competitor di Trenitalia (il cui AD è inviso alla Direttrice del Consorzio) che lasciano intravedere nuove “liaisons dangereuses” che, magari, porteranno anche la Antonietta la Sanguinaria ad approdare tra le fila del Partito dei Carini. Ciro Pastore – Il Signore degli Agnelli
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