di Oleksiy Bondarenko
Pur rappresentando un cambio di marcia rispetto agli anni ’90, il primo periodo di vita della CEE fu caratterizzato da numerose difficoltà. La rivoluzione arancione in Ucraina e l’ascesa alla presidenza del paese di Viktor Juščenko, con la sua politica volta all’integrazione europea di Kiev, segnarono, ad esempio, uno stop nella creazione di uno Spazio Economico Unico tra le quattro economie più forti dello spazio post-sovietico. In effetti, sono serviti più di dieci anni per la costituzione e la concreta entrata in funzione dell’Unione Doganale (costituita da Russia, Bielorussia e Kazakistan nel luglio 2011) e dello Spazio Economico Unico (tra le stesse tre repubbliche nel gennaio 2012), entrambi progetti che si sono dovuti realizzare senza un attore regionale strategicamente ed economicamente molto importante, l’Ucraina.
Che cos’è l’Unione Euroasiatica?
Composizione EurAsEC
A differenza di quello che spesso s’intende in Russia e in Europa quando si parla d’integrazione euroasiatica e dell’eurasismo in genere, la concezione che Vladimir Putin ha voluto dare al progetto si fonda su aspetti politico – economici (se si vuole pragmatici), che poco hanno a che vedere con l’idea messianica attribuitagli da alcuni sostenitori dell’eurasismo (o meglio del neo-eurasismo) russo come, tra tanti, Aleksandr Dugin, coordinatore del “Movimento Euroasiatico Internazionale”. Il termine “Eurasia”, infatti, per un paese e una società come quella russa, storicamente in bilico tra Occidente e Oriente, tra la sua cultura europea e quella asiatica, non evoca semplicemente un concetto politico, ma piuttosto rappresenta una delle tante risposte, di alcuni ambienti intellettuali, alla crisi dell’Unione Sovietica, alla perdita del ruolo centrale di Mosca nelle relazioni internazionali causata della fine del bipolarismo e spesso anche al rifiuto di considerare i valori occidentali in termini assoluti. Ad esempio, alla base del “Movimento Euroasiatico Internazionale”, come si può leggere nel suo Manifesto, vi è una “contrapposizione” ai valori universali “dell’atlantismo” e “dell’americanismo”, sia da un punto di vista politico sia da quello culturale [2].
Proprio qui, spesso, nasce la confusione riguardo al progetto putiniano dell’Unione Euroasiatica, equivocato (non sempre per errore, dato che lo stesso Dugin ha più volte “incluso” Putin e Nazarbaev tra i principali esponenti politici che sostengono i principi dell’eurasismo [3]) con il movimento euroasiatico che affonda le proprie radici negli anni ‘20 del secolo passato e che ha riscoperto nuova vita all’interno del panorama politico della Federazione Russa nella seconda metà degli anni ’90 (favorito dal chiaro fallimento della politica “atlantista” di Yeltsin e del suo ministro degli esteri Kozyrev).
In verità la politica adottata da Vladimir Putin ha poco a che vedere con le idee professate dai sostenitori dell’eurasismo. Essa appare piuttosto un progetto volto a consolidare la posizione di Mosca all’interno dello spazio post-sovietico, rafforzare (o ricreare) il suo ruolo di “grande potenza” e formare un nuovo, solido ed affidabile polo nelle relazioni internazionali del XXI secolo. Come ha sottolineato lo stesso Putin, nell’ormai famoso articolo pubblicato sul quotidiano Izvestia nell’ottobre 2011, per Unione Euroasiatica non si intende la “rinascita dell’Unione Sovietica”, ma si tratta di un “unione sovranazionale” aperta a tutti, capace di sfruttare coscientemente a proprio vantaggio l’eredità “infrastrutturale, culturale, linguistica lasciata dall’Urss” per potersi porre non come rivale, ma come “cinghia di trasmissione”, come “ponte” tra Europa e Asia [4]. Il modello preso ad esempio dal presidente russo è quello europeo che dovrebbe portare, tramite la Comunità Economica Euroasiatica, l’Unione Doganale e lo Spazio Economico Unico, ad una forma integrativa politico-economica di una buona parte dello spazio post-sovietico, prendendo il nome di Unione Euroasiatica.
Cos’è cambiato dall’ottobre 2011 ad oggi?
Sebbene il periodo putiniano (considerando come tale anche il mandato presidenziale di Medvedev) sia stato sempre caratterizzato da una politica estera volta ad assicurare la creazione di un mondo multipolare per garantire il ruolo di “grande potenza” e di “ponte” tra Oriente e Occidente alla Russia, sembra che con la sua rielezione, Putin, abbia deciso di creare un contenitore più grande per tutti questi concetti. L’Unione Euroasiatica potrebbe così diventare un unico vettore capace di promuovere gli interessi di Mosca nell’arena internazionale.
Innanzi tutto, un’importante novità è apparsa nella rielaborazione della Strategia di Politica Estera (Foreign Policy Concept) della Federazione Russa, approvata dal presidente il 12 Febbraio 2013. Per la prima volta in un documento ufficiale della Federazione Russa appare il termine ed il concetto (sebbene non propriamente precisato) di Unione Euroasiatica che diventa così uno dei principali obiettivi in politica estera del Cremlino.
In secondo luogo, nella stessa Strategia di Politica Estera vengono, in un certo senso, identificati i due aspetti del processo integrativo dello spazio euroasiatico, quello occidentale e quello orientale. Secondo il documento, infatti, la priorità in politica estera non risiede solo nello “sviluppo della cooperazione” con i paesi centroasiatici all’interno della varie strutture sovranazionali già esistenti (CEE, Unione Doganale e Spazio Economico Unico), ma è costituita dal consolidamento e dalla formazione di un nuovo livello cooperativo tra Mosca e Kiev, partner “prioritario” nei futuri “processi integrativi” [5].
La dimensione europea dell’integrazione euroasiatica sembra così assumere, nel nuovo corso della politica del Cremlino, un aspetto ancor più importante rispetto al passato. La principale “battaglia” del terzo mandato da presidente di Vladimir Putin potrebbe essere combattuta proprio su questo terreno, dove Mosca sembra aver registrato già una prima “vittoria”.
Kiev, che nonostante il ritorno al potere di Viktor Janukovyč non sembrava aver abbandonato la speranza di un progressivo avvicinamento all’Europa occidentale, appare negli ultimi mesi “costretta” ad operare una netta virata nei propri orientamenti di politica estera, avvicinandosi di nuovo a Mosca. L’approvazione, da parte della Verhovna Rada (Parlamento ucraino), di un memorandum per richiedere lo status di membro osservatore all’interno dell’Unione Doganale (UD) appare come un primo passo verso la possibile integrazione di Kiev nello Spazio Economico Unico ed è stata accolta con particolare entusiasmo da Mosca e Astana [6]. Il progetto, che garantirebbe a Kiev un periodo preliminare da osservatore per prendere confidenza con le strutture e gli ordinamenti dell’UD, dovrebbe promuovere la piena integrazione dell’Ucraina nello Spazio Economico Unico entro qualche anno, rafforzando in tal modo le possibilità di veder realmente nascere una nuova unione politica tra la Russia ed i propri vicini.
L’importanza di Kiev
Il ruolo che l’Ucraina ricopre da sempre nella politica estera del Cremlino non può essere limitato ai pur innegabili legami storico-culturali che uniscono indissolubilmente i due paesi. Data l’attuale situazione interna della Federazione Russa, infatti, l’aspetto europeo dell’integrazione euroasiatica non può che assumere carattere prioritario per Mosca. Questo è dovuto non solo all’eurocentrismo politico dell’elite dominante all’interno del Cremlino, ma soprattutto al peso economico che l’Ucraina possiede e alla sua posizione strategica ormai concretamente al confine con l’Unione Europea [7]. Kiev rappresenta un mercato molto importante per la Russia e possiede numerose risorse industriali di primo ordine nello spazio post-sovietico. Inoltre, nonostante lo sviluppo e la progettazione di pipeline alternative (come il progetto Nord Stream entrato in funzione in ottobre 2012, e Sud Stream), l’Ucraina rappresenta tutt’ora il principale canale di trasporto del gas russo verso gli acquirenti europei.
Infine, un ulteriore elemento che negli ultimi tempi ha fatto pendere la bilancia verso la dimensione europea dell’integrazione è il sostanziale sottosviluppo infrastrutturale dell’Estremo Oriente Russo (non risolto nonostante numerosi piani di sviluppo promossi da Mosca), oltre alla costante penetrazione della Cina (che vede con diffidenza la creazione di uno spazio economico e politico unico sotto la guida di Mosca) in Asia Centrale che limita gli spazi di manovra ed i mezzi di pressione che Mosca possiede in questa regione [8].
Reti energetiche post-sovietiche; Fonte: Limes
Se l’obiettivo principale della Russia è quello di porsi come “ponte” tra Europa e Asia, appare evidente l’importanza strategica dell’inclusione di Kiev in questo progetto.
Le ragioni di Kiev
Le conseguenze per la politica estera ucraina e per la futura collocazione di Kiev sullo scacchiere della politica europea dipendono indissolubilmente dalla recente decisione della Verhovna Rada. Sebbene prevedere le oscillazioni nei rapporti con Bruxelles sia piuttosto difficile, appare abbastanza evidente come un avvicinamento diretto a Mosca potrebbe significare l’addio all’integrazione dell’Ucraina nelle strutture dell’Unione Europea, ferma già da anni a causa delle numerose critiche nei confronti del livello di democraticità del governo di Janukovyč.
Proprio i problemi interni che Kiev ha dovuto affrontare, sembrano aver delineato la nuova scelta in politica estera. In primo luogo hanno pesato sul peggioramento dei rapporti con Bruxelles le elezioni parlamentari svoltasi a Ottobre dello scorso anno. La mancata partecipazione della ex-leader del movimento arancione, Julija Tymošenko, arrestata nel 2011 e condannata a sette anni di reclusione per abuso d’ufficio nel delicato affare sulla fornitura di gas con la Russia, ha sicuramente deteriorato le relazioni con l’Unione Europea. Come si legge nel report dell’OSCE pubblicato il 3 gennaio 2013, le elezioni sono state considerate dalla Comunità Europea ”non del tutto regolari”. Secondo i rappresentanti OSCE esse sono state caratterizzate, infatti, da una netta “mancanza di trasparenza” sia nello svolgimento della campagna elettorale, sia nel processo di finanziamento ai partiti, oltre ad aver avuto una “copertura mediatica del tutto inadeguata” [9].
Non vanno però dimenticati in questo contesto anche i problemi che la stessa Unione Europea sta affrontando al suo interno. L’allargamento ad est, avvenuto tra il 2004 e il 2007 non è stato ancora metabolizzato, mentre la crisi economica ha contribuito alla formazione di un nuovo tipo di dibattito all’interno dell’UE che ha messo in discussione le basi stesse “dell’idea europea”. In questa situazione Bruxelles non sembra in grado di soddisfare le richieste di Kiev per una cooperazione più stretta, soprattutto sul piano economico.
In ultimo, un fattore che ha esercitato una grande pressione sull’esecutivo ucraino è stato quello energetico. Attualmente, l’Ucraina si trova a pagare un prezzo esorbitante, considerando l’economia interna, per la fornitura di gas russo, che soddisfa oltre il 90% del fabbisogno del paese (intorno ai 400-420 dollari per mille metri cubi). Nonostante le numerose visite del Primo Ministro Azarov a Mosca, la Gazprom non sembra intenzionata a concedere nessun tipo di sconto. Considerando l’inattività e l’assenza di una politica comune da parte dell’Unione Europea, oltre al rifiuto di Mosca di riconsiderare i prezzi, Kiev appare avere a disposizione due scelte. Da una parte si discute l’ipotesi di creare un consorzio tra Gazprom e Naftogaz (forse anche con una partecipazione europea) per la gestione delle pipeline che attraversano l’Ucraina. Questo significherebbe la perdita del controllo sulle proprie infrastrutture da parte della Naftogaz, compagnia statale Ucraina, con la conseguente perdita di autonomia decisionale da parte di Kiev nel settore energetico. Dall’altra, vi è la prospettiva di entrare a far parte delle strutture sovranazionali promosse dal Cremlino (Spazio Economico Unico su tutti), rinunciando così ad un po’ di sovranità in cambio di un abbassamento della pressione energetica che rischia di mettere in ginocchio Kiev [10]. Il memorandum approvato dalla Verhovna Rada a fine maggio sembra aver posto le basi per questa seconda opzione e ha permesso ad una delegazione ucraina di partecipare per la prima volta alla riunione della Commissione dell’Unione Doganale svoltasi a Mosca il 3 luglio 2013.
Conclusioni
La creazione dell’Unione Euroasiatica appare come un progetto molto ambizioso, che ha suscitato numerose preoccupazioni e critiche, spesso accentuate dall’apparente mancanza di chiarezza sui suoi scopi e obiettivi. In verità, sgombrando il campo da fraintendimenti e facili assimilazioni con i movimenti di stampo “imperiale” formatisi all’interno del panorama politico russo, l’idea dell’integrazione politico-economica dello spazio post-sovietico potrebbe apparire più realistica e concreta. Le difficoltà dell’Unione Europea, inoltre, sembrano “spingere” di nuovo attori importanti come l’Ucraina a riconsiderare i vantaggi di una politica più vicina a Mosca.
La riconfigurazione dello spazio che va da Kiev ad Astana sotto la guida (e non il dominio) della Russia, potrebbe aprire nuovi scenari anche per i rapporti tra Mosca, Bruxelles e Pechino. Guardare alla formazione dell’Unione Euroasiatica solo in termini di rivalità con l’Unione Europea appare, infatti, riduttivo e semplicistico.
Sebbene le prospettive di veder nascere quest’Unione in termini temporali piuttosto brevi appaiono limitate (anche se Putin ha più volte insistito sul 2015 come anno della formazione dell’Unione), l’avvicinamento di Kiev potrebbe essere un primo segnale della vitalità e della validità del nuovo corso politico intrapreso dal Cremlino, non a caso scelto come uno dei perni della campagna elettorale che ha portato alle rielezioni di Vladimir Putin.
* Oleksiy Bondarenko è Dottore in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’Università degli Studi di Bologna (sede di Forlì)
[1] – ДОГОВОР об учреждении Евразийского экономического сообщества (Carta di Fondazione della Comunità Economica Euroasiatica) – disponibile sul sito web dell’organizzazione (http://www.evrazes.com/docs/view/3)
[2] – Манифест Международного Евразийского Движения (Manifesto del Movimento Euroasiatico Internazionale) – disponibile sul sito web del movimento (http://www.evrazia.org/modules.php?name=News&file=article&sid=1571)
[3] – Interessante, da questo punto di vista, è uno degli ultimi libri di Dugin dal titolo piuttosto eloquente, “La missione euroasiatica di Nursultan Nazarbaev”, così come numerose interviste concesse per la rubrica “Hero (Герои)” gestita dallo stesso Dugin presso il portale d’informazione on-line Russia.ru (http://www.russia.ru/hero/dugin/)
[4] – “Новый интеграционный проект для Евразии — будущее, которое рождается сегодня” – Intervista di Vladimir Putin per il quotidiano Izvestia (Un Nuovo Progetto Integrativo per l’Eurasia – Il futuro che nasce oggi) – 3 ottobre 2011 – Izvestia (http://izvestia.ru/news/502761#ixzz277EyYdT5)
[5] – Foreign Policy Concept of Russian Federetion – 3 febbraio 2013
[6] – Ria Novosti, “Customs Union Backs Ukraine Observer Status Bid.” – 29/05/2013 (http://en.rian.ru/world/20130529/181411574/Customs-Union-Backs-Ukraine-Observer-Status-Bid.html)
[7] – F.Lukyanov, “The Form and the Essence of the Eurasian Union”, Russia in Global Affairs, 7 settembre 2012
[8] – A.Ferrari, “Sotto il segno della Russi: prove d’integrazione in Eurasia”, ISPI Commentary, 19 dicembre 2012.
[9] – Ukraine Parliamentary Elections of 28 October 2012 – OSCE/ODIHR Election Observation Mission Final Report – 3 Gennaio 2013
[10] – Александр Черевко ,“Как загоняют Украину” (Aleksandr Cerevko, “Come stanno intrapolando l’Ucraina”) – Экономическая правда, Четверг, 14 марта 2013
Share on Tumblr