di Giulia Spiaggi
La leadership tedesca
La necessità di una riforma istituzionale e di un nuovo trattato per salvare l’euro e rafforzare politicamente ed economicamente l’Eurozona è ormai all’ordine del giorno nell’Unione europea. Ma istituzioni europee, governi nazionali e partiti hanno opinioni diverse sia riguardo all’ampiezza di tali riforme sia riguardo al metodo e agli strumenti con i quali realizzarle.
In questo contesto, la Germania, per il suo ruolo di leadership economica e politica nel processo in corso, rimane il quadro da seguire con la massima attenzione. Qui il dibattito è aperto, come dimostra anche il congresso della CDU appena conclusosi; e uno dei punti su cui sembrano convergere i politici di ogni corrente è la richiesta di una nuova convenzione europea per superare la crisi. La convenzione dovrebbe essere composta da rappresentanti dei parlamenti nazionali, dei governi, del Parlamento europeo e della Commissione, e dovrebbe avere l’incarico di riformare gli attuali trattati nel più breve tempo possibile. Infatti in Germania molti sono consapevoli che la crisi dell’euro potrebbe presto diventare crisi dell’Unione europea e che quindi dei passi istituzionali sono assolutamente necessari.
Le proposte tedesche per la “nuova” Europa
[...] Recentemente, anche il ministro degli Esteri Guido Westerwelle leader del partito alleato FDP, in un editoriale apparso sul giornale Tagesspiegel, ha voluto sottolineare che è necessario rafforzare le regole di stabilità riferendosi al debito dell’eurozona. [...]
Finora le proposte più concrete sono state avanzate dalla CDU e Westerwelle condivide alcune delle loro idee. La CDU suggerisce innanzitutto un rafforzamento del controllo da parte dell’Unione sui bilanci degli Stati membri, ed in particolare: il diritto di portare le violazioni al Patto di stabilità e crescita davanti alla Corte di giustizia europea; l’adozione di sanzioni più severe contro i paesi che violano ripetutamente i limiti imposti alla crescita del debito, che vanno dal togliere loro il diritto di voto nel Consiglio fino alla assegnazione ad un commissario UE della tutela di questi paesi per quanto riguarda le politiche di austerità, arrivando a prevedere, nel caso di un processo di ristrutturazione per i paesi con gravi problemi del debito, nell’eventualità che un paese rischi di diventare insolvente, che il commissario per l’austerità abbia il diritto di intervenire nella politica finanziaria del paese; infine sono a favore anche di una “exit clause”, che “faciliti” l’uscita dall’Eurozona dei paesi che non riescono a rispettarne le regole, modificando i trattati in modo da stabilire che l’uscita dalla moneta unica non implica (come avviene invece al momento) l’uscita dall’UE in quanto tale.
Un governo economico europeo
L’accento è quindi, ancora una volta, posto soprattutto sulla necessità di rispettare i parametri prefissati nel Patto di stabilità come conditio sine qua non per rimanere nell’euro. Tant’è che, sul piano istituzionale, per dare all’Unione maggiori capacità di azione in quelle aree in cui le decisioni del Consiglio dei ministri richiedono ora l’unanimità, la CDU sembra ritenere che la maggioranza qualificata possa essere sufficiente. Le proposte più avanzate riguardano invece la possibilità di riservare, all’interno del Parlamento europeo, alcune competenze, relative specificamente all’Eurozona, ai soli parlamentari dei paesi di quest’area e l’accenno comparso in alcuni casi alla eventuale trasformazione del Meccanismo europeo di stabilità (ESM) in una sorta di Fondo monetario europeo. I Verdi sembrano invece più attenti alla questione politica della legittimità democratica e chiedono un’unione fiscale ed economica, nonché politiche più in linea con le esigenze e la volontà dei cittadini. Ma per raggiungere questi obiettivi il partito propone una serie di misure che includono la trasformazione della Commissione europea in un governo economico controllato dal Parlamento europeo e l’idea di combinare in un unica figura le funzioni di presidente della Commissione europea e del Consiglio europeo, facendolo eleggere direttamente dai cittadini dell’UE in occasione delle elezioni del PE.
Uscire dalla logica dell’Europa a ventisette, il niet inglese
Quest’ultima è un’idea approvata con entusiasmo anche dal congresso della CDU nei giorni scorsi, ma nessuno sembra notare, per ora, la contraddizione tra questa proposta e l’esigenza di rafforzare in modo specifico il governo dell’Eurozona, che implica innanzitutto la necessità di trovare le formule istituzionali per uscire dalla logica comunitaria a ventisette, che fa il gioco della Gran Bretagna e degli euroscettici, e costruire concretamente un nucleo federale a partire dall’Eurozona all’interno della più vasta Unione.
[...] Il Primo Ministro inglese David Cameron ha recentemente chiarito che per la Gran Bretagna non sono in programma emendamenti ai trattati; e se in un lontano futuro tali cambiamenti dovessero essere presi in considerazione, essi dovranno innanzitutto prevedere la diminuzione di poteri di Bruxelles e non l’affidamento all’Unione di maggiori competenze. Il ministro degli Esteri austriaco Michael Spindelegger, d’altro canto, recentemente ha detto che non può accettare una situazione in cui Germania e Francia trovano un accordo e si aspettano che gli altri seguano i loro passi. Anche il Primo Ministro irlandese Enda Kenny rifiuta una simile idea.
Una soluzione possibile: il federalismo
Per questo motivo la Germania per prima, insieme alla Francia, per uscire dall’impasse dovrebbe fare una proposta concreta che preveda un rafforzamento politico dell’integrazione in senso federale rivolto ai paesi dell’Eurozona che condividono gli stessi problemi: infatti, solo dandosi istituzioni federali l’Europa potrà affrontare le cause profonde della crisi. Questo primo nucleo di federazione, che dovrebbe essere aperto a quanti vogliano in seguito aderirvi, permetterebbe sia di conservare le istituzioni dell’Unione per i paesi come l’Inghilterra o l’Irlanda che non vogliono andare oltre l’attuale acquis communautaire, ma al tempo stesso impedirebbe loro di bloccare il processo di integrazione per il resto dell’Europa.
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