Nel mondo, in particolare in quello anglosassone, è forte lo stimolo dei blogger scientifici ad aggregarsi in vari network. Il capostipite è stato scienceblogs.com, dal quale poi sono partite molte e varie esperienze, come Field of Science o il recente network di Scientific American. Molti di questi blogger partecipano a più network o hanno anche un blog personale, spesso anche questo tarato sulla scienza. In Italia, invece, come in molti campi, siamo fermi da tempo al solo network degli autori de Le Scienze. Si prova a capire quali possono essere le possibilità di un network italiano e chi potrebbero essere i componenti di questo gruppo.
di Gianluigi Filippelli e Moreno Colaiacovo
[ Questo lavoro è stato presentato oggi da G. Filippelli a Comunicare Fisica 2012 ]
Il fenomeno dei weblog o più comunemente dei blog è in continua espansione: ad esempio dall’ottobre 2006 all’ottobre 2011, il numero di blog si è quasi quintuplicato (dati nielsen). All’interno di questo mondo in espansione una nicchia, più o meno consolidata, è occupata dai blog scientifici.
In generale un blog è di facile definizione: una pagina web aggiornata periodicamente attraverso un software apposito che permette anche l’interazione con i lettori attraverso i commenti agli aggiornamenti (i post) scritti e pubblicati dall’autore. Quando però si cerca di classificare i blog in grandi categorie, ci si trova di fronte a tutta una serie di sfumature, e a queste non sfuggono nemmeno i già citati blog scientifici.
Già Walker, che, oltre ad essere uno dei primi blogger scientifici, ha scritto, insieme con Torill, il primo (o comunque uno dei primi) articoli dedicati allo studio di questa sottocategoria di blog(11), in Blogging From Inside the Ivory Tower(1) distingueva tra due distinte tipologie: public intellectuals, che si occupa soprattutto del dibattito politico, e research blogs, centrato essenzialmente sul mondo della ricerca. In particolare questa seconda tipologia è oggi quella maggiormente identificata come blog scientifico in senso stretto, e anche quella che presenta tutta una serie di sfumature cui si accennava poc’anzi, come rivelato da molti studi e ribadito da Bora Zivkovic, blog editor di Scientific American, nel suo articolo “Science Blogs: definition, and a history“:
Usually it is meant to be a blog that satisfies one or more of these criteria: blog written by a scientist, blog written by a professional science writer/journalist, blog that predominantly covers science topics, blog used in a science classroom as a teaching tool, blog used for more-or-less official news and press releases by scientific societies, institutes, centers, universities, publishers, companies and other organizations.
Per gli scopi della discussione attuale, ha scarso interesse andarci ad occupare di blog scritti da scienziati ma che non trattano di scienza (vanno considerati blog scientifici anche questi?), ma potrebbe non essere così inutile distinguere il sottogruppo dei blog scritti da scienziati che però non si occupano della disciplina in cui si sono formati. Certo, in questi casi è buona norma, seguendo ad esempio i consigli di Peppe Liberti, avere come fonte preferenziale un bravo ricercatore che prova a raccontare ciò che succede nella sua disciplina, tuttavia il primo e più importante criterio per valutare se un blog è scientifico o meno sono l’approccio e il metodo scelti dal blogger.
Un buon modo per distinguere tra i vari blogger scientifici è l’aggregatore Research Blogging (RB), un progetto creato dal Seed Media Group, ora acquisito dal National Geographic, lo stesso del Seed Magazine e del famoso network di blog scientifici Science Blogs. RB è un aggregatore multilingue (a differenza di Scienceseeker, che è solo per i blog in lingua inglese, ma che funziona allo stesso modo se non meglio) che propone un portafoglio di blogger scientifici preventivamente valutati da una squadra di editor, che per l’Italia sono tre: il già citato Peppe Liberti insieme con Amedeo Balbi e Moreno Colaiacovo. Questa struttura dovrebbe garantire al lettore la serietà e la competenza del blogger innanzitutto nel trattamento degli argomenti strettamente legati con la disciplina di ciascuno degli iscritti, e più in generale imponendo agli autori delle norme e delle regole sul metodo e sull’approccio degli autori. Resarch Blogging, infatti, prevede che gli articoli aggregati siano dei commenti o degli approfondimenti strettamente legati alla letteratura scientifica accademica: in fondo a ogni post appaiono una o più citazioni ad articoli pubblicati su riviste scientifiche peer-reviewed, una caratteristica che rende RB sinonimo di serietà e professionalità.
Oltre agli aggregatori tematici, però, un’altra possibile garanzia di qualità e competenza dei blogger proviene dai network di blog scientifici, che possono a loro volta essere distinti in due grandi tipologie: quelli di supporto agli editori cartacei classici, come il network di Scientific American, o quelli per così dire indipendenti, come Science Blogs o Field of Science. In entrambi i casi i network sono realizzati, per quel che riguarda i contenuti, essenzialmente da dottorandi o giovani ricercatori o anche insegnanti delle scuole superiori e solo sporadicamente da professori.
D’altra parte utilizzare i blog per comunicare la scienza presenta degli indubbi vantaggi: permette una condivisione della conoscenza, che può essere sviluppata anche in modo collaborativo(2) (in questo caso attraverso ad esempio blog multi utente, network, o wiki), è un modo eccellente per comunicare la passione per il proprio campo di ricerca(2), permette di partecipare in qualche modo al dibattito pubblico e mantenere la cittadinanza informata(2), permette di restare in contatto con colleghi lontani o di stringere nuovi contatti(3), di migliorare la propria scrittura anche in funzione della stesura di un articolo di ricerca(3).
They are a perfect tool for informal interactive discussions by allowing the authors to post an article about any topic they want and having visitors interact through comments(4)
Nonostante tutti questi indubbi vantaggi, rilevati da vari studi basati più che altro su (poche) interviste a blogger scientifici che lavorano in ambito accademico, e malgrado il loro crescente successo, questa tipologia di comunicazione non sembra ancora riscuotere consensi all’interno delle istituzioni accademiche. Non è solo una questione legata al tempo che bisogna concedere all’attività di blogging e più in generale alla comunicazione (che già da sola non è una attività generalmente ben vista), ma probabilmente anche legata alla così detta caduta delle gerarchie che di fatto avviene con l’uso dei blog e la conseguente interazione(1):
In a well-known case study, Zuboff (1988) documented the tension created within a corporation when a computer-based electronic communication system was installed. The openness, inclusiveness, and anonymity of computer-mediated communication was antithetical to the organization’s hierarchical structure; it facilitated the rise of democratic dialogue among workers, thereby placing stress upon traditional hierarchical roles. (Stephen and Harrison 768-69)
In un certo senso i blog scientifici, che per comodità spesso vengono opposti ai soli giornalisti scentifici in una visione piuttosto semplicistica di una discussione più ampia(5), sono in effetti in contrapposizione anche con le stesse istituzioni accademiche non solo per le questioni poc’anzi accennate, ma anche per la preferenza di queste ultime a veicolare la comunicazione attraverso metodi standard come i comunicati stampa, senza prendersi quella responsabilità diretta ricordata nell’articolo di Ashlin e Ladle(2).
Ad ogni modo, una cosa è certa: l’efficacia dei blog sembra crescere quando questi riescono a fare rete, sia nel caso di un network vero e proprio, come quelli già descritti, sia nel caso di reti costruite attraverso interazioni basate sui link o sui carnevali scientifici (in Italia abbiamo i Carnevali della Matematica, Fisica, Chimica, e dei Libri di Scienza, oltre all’esperienza limitata nel tempo del Carnevale della Biodiversità) o sugli aggregatori.
Dei vari modi per creare una rete di discussione con altri blog, sicuramente l’utilizzo dei link è il più semplice e immediato. E’ interessante notare come María José Luzón Marco in Scholarly hyperwriting: The function of links in academic weblogs(6) abbia cercato di studiare proprio l’uso dei link nei blog accademici, determinando una serie di usi per questa pratica (via hyperlink): i link sono utilizzati per posizionarsi all’interno di una comunità e costruire delle relazioni; per distribuire e organizzare le informazioni; per collaborare nella costruzione della conoscenza; per creare una identità per il blogger e/o il suo blog; per conversare; per pubblicizzare la propria ricerca; per aumentare la visibilità del blog.
Tutti questi compiti possono essere supportati anche grazie ai già citati aggregatori, e in particolare in ambito scientifico il primo e di maggior successo è Research Blogging, che è stato studiato in maniera abbastanza esaustiva da ben due articoli, Groth e Gurney(7), concentratisi sui blog chimici, e Shema, Bar-Ilan e Thelwall(8), che hanno generalizzato quello studio a tutte le categorie (fino ad ora la quasi totalità degli articoli sui blog scientifici era o di tipo editoriale o basato su campioni piuttosto piccoli, poche decine di blogger, e quindi il campione raccolto da RB si presta per uno studio certamente più solido). E’ evidente, come ricordano Shema et al.(8), che non è possibile studiare l’intero gruppo dei blog scientifici, in ogni caso molto vasto, ma i criteri di selezione e gestione di RB rendono questo database un ottimo campione per esaminare lo stato di salute della blogosfera scientifica.
Dalla combinazione dei risultati dei due studi (con il secondo che conferma e generalizza il primo), risulta che la discussione scientifica tra i blog iscritti all’aggregatore è più immediata rispetto a quella della letteratura tradizionale (come ricorda Larry Moran A scientific journal is not the right vehicle for debate and discussion(9)), è più contestualmente rilevante, si concentra sulla scienza di alta qualità, si concentra sulle implicazioni non tecniche della scienza.
Nell’ottica di gettare le basi per un network vero e proprio di blog scientifici in lingua italiana, sulla falsariga di quelli citati in precedenza, noi crediamo che proprio RB possa rappresentare un ottimo punto di partenza per realizzare una rete che sia una fonte affidabile e dinamica di approfondimento sul mondo della ricerca. Per questo motivo, siamo andati a spulciare un po’ nelle statistiche dei blogger italiani presenti sul progetto RB. Dai dati raccolti emerge immediatamente una differenza rispetto all’analisi pubblicata su PLoS: la blogosfera italiana ha nella fisica, nella matematica e nelle discipline direttamente correlate i maggiori punti di forza. Questo dato si spiega da un lato con una maggiore presenza di blogger appartenenti a questa categoria, dall’altro anche con una maggiore prolificità degli stessi:
D’altra parte, nel periodo preso in esame (tutto il 2011), dopo una frequenza di utilizzo abbastanza elevata, l’uso della piattaforma si è stabilizzato su una cifra tra i 20 e i 30 post aggregati al mese (dato che per il 2012 sembra si debba correggere al ribasso):
Un altro dei possibili vantaggi che potrebbe portare l’apertura di un network di blog scientifici sta anche nella possibilità di poter semplificare i rapporti con le istituzioni accademiche e i loro uffici stampa da una parte, e con i giornalisti dall’altra. Per la loro natura di prodotto ibrido, spesso creato da esperti di scienza con il pallino della divulgazione, i blog scientifici si prestano infatti molto bene a svolgere il ruolo di intermediario tra le università e i media tradizionali. Un network di blog scientifici consentirebbe di sfruttare al meglio questo aspetto.
Parallelamente alla creazione del network, sarebbe opportuno interagire con il mondo dei social network e promuovere in questo modo le attività dei blogger iscritti: il supporto di un account social per tutto il progetto, così come le interazioni tra gli account dei singoli componenti della rete con altri blogger scientifici e con i propri lettori possono contribuire al successo e alla visibilità dell’iniziativa, come anche indirettamente mostrato dai dati pubblicati su PLoS(8) e più direttamente nel caso di articoli scientifici i dati raccolti da Melissa Terras(10). Sono tutti aspetti che vanno inevitabilmente curati, senza però dimenticare il punto centrale: i blog e i loro autori.
In quest’ottica il profilo ideale di ciascuno dei blogger sembra essere quello di ricercatori ed esperti (anche non afferenti al mondo accademico) nel proprio campo con un minimo di esperienza nel blogging scientifico. Gli iscritti a Research Blogging, ad esempio, sembrano incarnare perfettamente la figura del blogger richiesto per un simile progetto. Sono infatti proprio la qualità dei contenuti e la serietà dei componenti del network a determinare, secondo noi, il buon esito dell’iniziativa.
Con questo post intendiamo stimolare la blogosfera scientifica italiana, composta fino a questo momento da autori indipendenti, a prendere in considerazione l’ipotesi di aggregarsi in un network e fare rete. Ovviamente, il fatto che un simile progetto non sia ancora stato realizzato in tutti questi anni ci fa pensare che potrebbero esserci dei problemi e degli ostacoli intrinsecamente legati alla situazione italiana, ed è anche di questo che vorremmo discutere: quali sono queste difficoltà? Sono davvero insormontabili? Noi siamo convinti che fare rete possa essere importante per amplificare gli effetti positivi del blogging scientifico, già menzionati più volte in questo post, e vogliamo capire come fare per attuare un progetto che abbia buone possibilità di successo. Come cantavano i Judas Priest negli anni 80: United we stand, united we never shall fall.
Oppure, scritto in altri termini:
Our mission is to build a community of like-minded individuals who are passionate about science and its place in our culture, and give them a place to meet
(dal sito di ScienceBlogs via Eva Amsen)
(1) Jill Walker. Blogging From Inside the Ivory Tower, pages 127–138. Peter Lang, 2006.
(2) Alison Ashlin, Richard J. Ladle (2006). Environmental Science Adrift in the Blogosphere Science, 312 (5771) DOI: 10.1126/science.1124197
(3) Kjellberg, Sara. “I am a blogging researcher: Motivations for blogging in a scholarly context” First Monday [Online], Volume 15 Number 8 (14 July 2010)
(4) Eva Amsen (2008). Who Benefits From Science Blogging? Hypothesis, 4 (2), 10-14 DOI: 10.5779/hypothesis.v4i2.56
(5) Alice Bell, Has blogging changed science writing?. Journal of Science Communication, vol.11, n.1 (2012)
(6) María José Luzón (2009). Scholarly hyperwriting: The function of links in academic weblogs Journal of the American Society for Information Science and Technology, 60 (1), 75-89 DOI: 10.1002/asi.20937
(7) Groth, Paul and Gurney, Thomas (2010) Studying Scientific Discourse on the Web using Bibliometrics: A Chemistry Blogging Case Study. In: Proceedings of the WebSci10: Extending the Frontiers of Society On-Line, April 26-27th, 2010, Raleigh, NC: US.
(8) Hadas Shema, Judit Bar-Ilan, Mike Thelwall (2012). Research Blogs and the Discussion of Scholarly Information PLoS ONE, 7 (5), 1-8 DOI: 10.1371/journal.pone.0035869
(9) Laura Bonetta (2007). Scientists Enter the Blogosphere Cell, 129 (3), 443-445 DOI: 10.1016/j.cell.2007.04.032
(10) Melissa Terras, The Impact of Social Media on the Dissemination of Research: Results of an Experiment. Journal of Digital Humanities, vol.1, n.3, (2012)
(11) Torill Mortensen, Jill Walker. Blogging thoughts: personal publication as an online research tool in Researching ICTs in Context, University of Oslo (2002)