Perché poi perché? Una domanda che mi pongo spesso, in vetta tra tutte le altre, e la definisco “la vera domanda”.
Si comincia con un perché e si arriva ovunque. Al contrario, si dovrebbe cominciare dal punto interrogativo e basta. Un attimo di silenzio.
Le parole, sono nate dopo. Prima i geroglifici, prima gli scarabocchi, prima la punteggiatura, prima i versi.
Abbiamo questo innato senso di comunicazione verbale talvolta accompagnato da frasi fatte, studiate, costruite, istallate come uno scaldabagno. Ci interroghiamo e ci diamo anche la valutazione finale se necessario insieme a tutti quei crediti che posson sempre servire. Siamo così. Ancora un attimo di silenzio.
Perché scrivi, allora? Perché continui a darti dei perché?
Mi piace far capire agli altri, quanto le parole possano essere contundenti e contraddittorie. Sul web si scrive sempre seriamente, e si permettono troppe libertà, mentre scrivere senza una ragione e una logica, è molto più divertente.
Accendo il computer, e anche internet parte sempre dalle notizie, dalle domande, e mai dalle risposte. Le risposte sono delle ignare conseguenze spicciole ed egocentriche che fingon di essere brillanti, innovative, clamorose, quando l’innovazione forse, non è ancora arrivata.
Un altro po’ di silenzio.
Ed è così che un venerdì sera qualunque, riordino le bozze, ricostruisco le parole andate perdute nel quotidiano, e prendo appunti. Appunto. Esistono molti modi per raccontarsela, e questo è uno dei pochi. Silenzio.
Obiettivo: mettere in evidenza i silenzi.