Mercoledì 11 Luglio 2012 15:02 Scritto da Kri2202
C’era una grande foresta che ricopriva i pendii di montagne maestose, e un lago ampio come un occhio spalancato, e lì gli inverni erano lunghi e freddi e le estati brevi e calde.
Giù a valle, sulle rive del lago, gli uomini avevano costruito un villaggio fatto di legno, che cresceva fino al centro dell’acqua stessa, su un lungo pontile scricchiolante che si specchiava sulle onde.
Tra gli uomini del villaggio ce n’era uno che si chiamava Beren, un giovane alto dai capelli scuri la cui principale occupazione era di andare a caccia di lupi nella foresta. Spesso partiva il mattino all’alba, quando i raggi del sole erano rossi e neanche arrivavano a lambire il lago, e tornava giorni dopo all’imbrunire, carico di pelli e carni. Il vecchio Zorb, che era il più anziano del villaggio e ricordava tante cose, non vedeva di buon occhio la passione di Beren, e scuoteva la testa sconsolato ogni volta che il giovane riportava i corpi senza vita dei lupi della foresta.
Un giorno, era l’inizio dell’inverno, Beren si mise in spalla arco e frecce e si allacciò gli stivali: era il segno che aveva deciso di uscire nuovamente a caccia. Zorb, che sentiva avvicinarsi l’ora della sua morte perché troppi freddi inverni avevano sopportato le sue gambe, decise allora di parlargli con sincerità, come un padre potrebbe parlare ad un figlio.
“Beren” gli disse, accostandosi a lui lungo il pontile “Non andare a caccia dei lupi: quelle creature non ti fanno alcun male, e non hai bisogno di mangiarne la carne, perché tanti altri sono i mezzi con cui la natura ci sostenta. Ascolta le parole di un vecchio: quelle bestie sono gli spiriti della montagna, e ci proteggono contro le calamità della natura.
Lasciale in pace, prima che sia troppo tardi.” Ma Beren rise sprezzante.
“Vattene, vecchio, e non pensare di spaventarmi con le tue vecchie favole. I lupi non sono altro che animali, e la loro carne è tenera, e a me piace inseguirli nella foresta e sfidali nel folto fino a che il più furbo, o il più veloce, non vinca sull’altro. Andrò a caccia e li ucciderò, e niente di male accadrà a me o al villaggio” Ma le nubi si addensavano sul lago, e il vento prese a tirare più forte.
Beren si addentrò nel folto, mentre Zorb, che davvero era molto vecchio, sentì che il suo cuore non avrebbe saputo sopportare di vedere un altro tramonto sul lago. Si mise a letto e aspettò che il buio calasse, poi chiuse gli occhi e pregò.
“Spiriti del bosco” disse “vi prego di accompagnarmi in un luogo dove il freddo non giunge mai, dove la primavera illumina i campi” E poi morì.
Nel folto del bosco, Uno sentì il suo richiamo. Era un lupo bianco, il più anziano del branco: al villaggio, solo poche volte gli uomini lo avevano visto. Era saggio e bello, e quando brillava la luna, il suo pelo aveva il candore latteo della neve sui monti.
Uno si mise in cammino, perché aveva sentito la preghiera di Zorb. Il suo compito, da quando aveva memoria, era sempre stato quello di accompagnare le anime oltre il lago, verso le nubi che si addensavano lungo le valli, e lo stesso quella sera voleva fare. Ma sul suo cammino incontrò Beren, e dovette a lungo fuggire da lui e dalle sue frecce, e non riuscì a compiere il suo dovere, e Zorb si perse nelle brume del mattino.
Beren tornò al villaggio a mani vuote quella volta, e venne l’inverno: il più lungo, il più freddo che si fosse mai ricordato. La tempesta spazzava le onde e le acque del lago, e gli alberi si chinavano sotto la furia degli elementi. La legna non ardeva e le onde arrivavano a lambire le case. Tutti erano molto preoccupati.
Beren aveva una moglie e un figlio: il bimbo si ammalò a causa del rigore della stagione, e suo padre era molto triste. Una notte uscì su pontile, e pianse.
“Salvate mio figlio” pregò “La sua anima è innocente, e ha ancora tante cose da fare” In quella, spuntò la luna e una figura bianca gli apparve davanti: se non fosse stato per il fatto che sembrava ondeggiare sulle acque, Beren avrebbe giurato che era un lupo.
La bestia lo guardò a lungo con suoi fondi occhi gialli, e dietro di lui l’uomo percepì la presenza di tanti altri lupi, che parevano osservarlo a loro volta, e capì il sacrilegio che aveva compiuto uccidendo senza motivo i lupi della foresta. Pianse più forte, chiese perdono, ma Uno mosse la coda.
“Troppo tardi giunge il tuo pentimento” osservò, e la sua voce assomigliava stranamente a quella di Zorb “Troppo tardi, uomo, hai ricordato che noi eravamo prima di voi, e che saremo dopo di voi” E sparì.
Il vento soffiò più forte, le nubi si accavallarono in cielo, e in un men che non si dica il lago si aprì, come una voragine nel cuore dei monti. Nessuno ebbe neppure il tempo di accorgersene: le onde si alzarono in un abbraccio, avvolsero le case di legno, e stavano per chiudersi su di esse.
Allora Beren si inginocchiò.
“Spiriti della foresta” invocò “Ho sbagliato e merito la vostra punizione, ma non voglio che tutti paghino a causa mia: vi prego, risparmiate il villaggio!” Allora Uno apparve nuovamente e il suo candore sfavillò nei lampi che solcavano il cielo.
“Ricordalo sempre, uomo: la misericordia è un dono divino, e non è di molti” Poi mosse la coda, e i marosi si placarono, il vento cessò e tutto tornò calmo.
“Ricordalo, uomo, che c’è un patto di fratellanza che ci lega, da ora in poi.” “Non temere, non dimenticherò che ti devo la vita” gridò Beren, ma quando ebbe asciugati gli occhi dal pianto, il lupo non c’era più.
L’inverno finì e tornò la primavera: nei boschi riecheggiava l’ululato dei lupi, e alle orecchie della gente del villaggio sembravano le voci delle montagne stesse che intessevano un canto, il canto della perfetta armonia della natura.
Qualcuno giura persino che Zorb vada con loro, che sia diventato uno del branco, e che il lupo bianco cammini con lui.