Qualche settimana fa, dopo dieci giorni di ferie, tornavo al lavoro.
Lavorare ad agosto, per me, significa misurarsi con delle incognite.O va molto bene perché sono tutti in vacanza, le attività rallentano e si può adempiere ai propri impegni con calma e lucidità oppure va molto male perché alcune attività non conoscono stagioni e ci si ritrova a smaltire, a ritmi vertiginosi, il proprio lavoro e quello dei colleghi in ferie.
Naturalmente mi sono ritrovata nella seconda situazione: lunedì della settimana di ferragosto con 11 ore di lavoro.Vi dispiace per me? Ma no, tranquilli!
Per 11 ore ho lavorato sotto pressione, tuffata nei documenti e nelle leggi, con la testa incapsulata nel monitor del pc e le dita incollate alla tastiera, in versione “Ketty mani di tastiera” (versione 2.0 di Edward mani di forbici) ma poi sono tornata a casa così … riposata!
E’ vero! Non vi sto prendendo in giro!
Dopo dieci giorni di ferie "bambini - full-immersion", il ritorno in ufficio è stata una boccata di ossigeno. Le vacanze con i bambini sono state carezze all'anima e divertimento ma di sicuro non sono state riposanti!
Rincorrerli sulla spiaggia, accompagnarli d’urgenza in bagno non appena si era riusciti a distendersi sotto l’ombrellone, intrattenerli al ristorante per evitare di disturbare gli altri, negoziare continuamente su migliaia di richieste al minuto in ogni negozio ecc. ecc. Sono cose che sapete anche voi.
Convenite allora che è più rilassante una sana giornata di impetuoso lavoro fuori casa che 10 giorni 24/24 da mamma?In quel giorno di rientro della mamma al lavoro, era un’altra la persona stanca, un’altra la persona per la quale provare un po’ di comprensione.
Era il babbo.Il babbo che, in quelle 12 ore di mia assenza, dal momento che lui era ancora in ferie, tutto solo si è occupato dei pargoliHa preparato anche la cena al mio posto. Non ha telefonato neanche una volta per chiedere istruzioni o ricevere conforto.
Quella sera, quando finalmente i figlioli si sono addormentati, l’ho guardato negli occhi e gli ho chiesto: “Com'è stato fare il genitore single a tempo pieno?”.Risposta lapidaria : “Difficile”. E mi ha sorriso.
Non occorrevano altre parole. Nel suo sorriso ho letto empatia nei miei confronti. Durante il congedo di maternità e tutte le volte che lui ha lavorato fino a tardi, sono stata io genitore a tempo pieno.Ha inteso quel giorno, fino in fondo, le mie(stupende, meravigliose, insostituibili) fatiche.
Come si dice? Certe situazioni si capiscono solo quando si provano in prima persona. Io mamma, lui babbo. Io “mammo” e lui “babba”.
E voi vi siete mai trovati a scambiarvi le situazioni?
Ketty
P.S. La foto del post è opera proprio di mio marito, ricco di pazienza ma anche di autoironia.