Il pianeta, o meglio l’esopianeta, HAT-P-11b ha un raggio pari a quattro volte quello terrestre e appartiene alla classe di pianeti extrasolari classificati come giganti gassosi.
Comparazione tra le dimensioni di Nettuno (a sinistra) e HAT-P-11_b
Credits: Open Exoplanet Catalogue
La classe di esopianeti cui appartiene il nostro “osservato speciale” ricorda per taglia e composizione Nettuno, di cui HAT-P-11b supera di poco la massa e la dimensione, e per questo sono chiamati anche “Neptune-sized”, per distinguerli dai giganti gassosi più grandi, i “Jupiter-sized” o pianeti gioviani. I Neptune-sized rispetto ai loro colleghi più grandi sono composti principalmente da elementi meno volatili dell’idrogeno e dell’elio, come acqua, metano o ammoniaca.
Ma non è certo questa la notizia: la scoperta fatta da un team di scienziati, guidato da Jonathan Fraine dell’Università del Maryland e pubblicata sulla rivista Nature, è che nella sua atmosfera sarebbe presente del vapore acqueo. È infatti la prima volta che viene “scoperto” nell’atmosfera di un pianeta della sua taglia, dove scoperto vuole significare che per stanarlo è stato necessario un immenso lavoro di osservazione e analisi incrociata dei dati disponibili.
«HAT-P-11b è un pianeta di dimensione e massa poco più grandi di quelle di Nettuno – commenta Isabella Pagano, ricercatrice dell’INAF – Osservatorio Astrofisico di Catania ed esperta di pianeti extra sistema solare – che orbita a distanza ravvicinata attorno a una stella più fredda del Sole. Un anno su HAT-P-11b dura poco meno di 5 dei nostri giorni. É la prima volta che si riesce a misurare la presenza di vapor d’acqua nell’atmosfera di un pianeta di questa taglia. Questo è stato possibile grazie ai dati raccolti da ben tre satelliti: Hubble, Spitzer e Kepler. In particolare, l’uso dei dati ad altissima precisione fotometrica di Kepler, combinati ai dati infrarossi di Spitzer, ha permesso di escludere che la banda del vapor d’acqua osservata con Hubble fosse generata dalle macchie, simili alle macchie solari, che sono presenti sulla superficie della stella. Senza questo riscontro, l’attribuzione del vapor d’acqua alla atmosfera del pianeta sarebbe rimasta molto dubbia».
La tecnica della trasmissione spettroscopica fino ad oggi aveva permesso di rilevare lo spettro di assorbimento molecolare e atomico nei pianeti giganti gassosi extrasolari, detti anche pianeti gioviani, ovvero quelli che hanno una massa almeno alcune decine di volte superiore a quella terrestre.
Le osservazioni effettuate attraverso la medesima tecnica su pianeti di dimensioni minori, quelli appunto delle dimensioni di Nettuno, durante il loro transito davanti alla stella madre, avevano rivelato solo spettri alquanto privi di righe e bande di assorbimento.
HAT-P-11B invece mostra una ben definita banda dell’acqua; l’ampiezza dello spettro di assorbimento dell’acqua (circa 250 parti per milione) indica che l’atmosfera del pianeta al di sotto dell’altitudine corrispondente a 1 millibar sarebbe prevalentemente chiara e sufficientemente ricca in idrogeno. Lo spettro osservato indicherebbe un’atmosfera nella quale la presenza di elementi pesanti sarebbe pari a circa 700 volte quella del Sole.
Il risultato sarebbe coerente con la teoria dell’accrescimento del nucleo dei pianeti in formazione, secondo la quale attorno ad un nucleo roccioso o ghiacciato si andrebbero accumulando gas ricchi di idrogeno derivanti dalla nebulosa protoplanetaria.
«Le misure fatte fino ad oggi – conclude Isabella Pagano – hanno mostrato che i pianeti simili a HAT-P-11b possiedono atmosfere ricche di molecole ad alto peso molecolare, oppure ricche di nubi, oppure ancora contenenti piccole particelle che, diffondendo la luce, rendono il cielo azzurro (es. GJ 3470b). HAT-P-11b invece ha un’atmosfera leggera, ad alto contenuto di idrogeno. Questo risultato indica che la varietà nella composizione delle atmosfere planetarie è “la regola”. Serve quindi un esteso lavoro di raccolta dati, di analisi e di modellizzazione per avere una descrizione esauriente della formazione e architettura dei sistemi planetari e dei singoli pianeti. E mentre la NASA, in collaborazione con l’ESA, sta per mettere sul campo il James Webb Space Telescope, che tra gli altri compiti investigherà l’atmosfera di un certo numero di pianeti, l’Europa è pronta a schierare nel prossimo decennio E-ELT e PLATO che, da terra l’uno e dallo spazio l’altro, offriranno una straordinaria sinergia per comprendere la composizione e l’evoluzione delle atmosfere dei pianeti di altri mondi».
Fonte: Media INAF | Scritto da Francesca Aloisio