Domenica 30 Settembre 2012 11:07 Scritto da Marcella Geraci
Come trascorrere un piovoso pomeriggio d’autunno, in quel di Gorizia? Chiudersi in casa sarebbe un’idea, magari davanti ad una tazza di te o di cioccolata calda. La piccola Matilde e il nonno Armando trascorrevano così tutti i pomeriggi d’ottobre e l’autunno passava davanti alla loro finestra, velocemente e in punta di piedi.
“Nonno, nonno … come giochiamo oggi?” Chiedeva Matilde, ancora sudata per l’ultima corsetta intorno alla stanza.
“Posso raccontare una storia” rispondeva il vecchio Armando, che tentava inutilmente di leggere il giornale. “Ti racconto la fiaba di Cappuccetto rosso o quella di Biancaneve. Quale preferisci?”
“Ufffffffffff … sempre le stesse storie. Basta! Sono stanca e mi annoio” sbuffava la bimba, con il muso ancora sporco di cioccolato.
“Scommetto che questa non l’hai mai sentita” disse allora il nonno, ormai rassegnato a chiudere definitivamente la Gazzetta. “C’era una volta, in un paese lontano, una bimba che indossava sempre un mantello ed un cappuccio verdi, e per questo tutti la chiamavano Cappuccetto verde.
Un bel giorno, la mamma chiamò Cappuccetto dalla finestra, per portare un delizioso pranzetto alla nonnina che non si sentiva bene. Il panierino conteneva una mela da coltura biologica, un bel piatto di pasta integrale ed un pollo arrosto, allevato a terra, fuori da quelle terribili gabbiette che fanno tanto male agli animali."
“Non è necessario che tu vada dalla nonna difilato” disse la mamma a Capuccetto Verde. “Basta soltanto arrivare in tempo per il pranzo. Se smarrisci la strada maestra ed incontri il lupo, ricorda che è un animale in via d’estinzione e merita rispetto.”
“Va bene” rispose la bimba, mettendosi in viaggio. Gira in tondo e gira in largo, si mise a giocare con le bestioline del bosco, perdendo di vista il sentiero. Ad un certo punto sentì un clang - cleng di arnesi e seguì il rumore fino ad intravedere due figure e una carrozza malandata. “Chissà chi sono” pensò.
“E allora? Va o non va questa carrozza?” gridò una voce di donna, arrabbiatissimissimissima.
“Sto facendo il possibile” rispose il misterioso tassista. La carrozza era infatti l’ultimo grido delle automobili ed un cocchiere sarebbe stato fuori moda.
“Ma così non incontrerò mai il principe azzurro” gridò la biondona, sedendosi a terra rassegnata.
“Cosa succede? Posso darvi una mano?” Chiese Cappuccetto.
“Ormai è andata. Non c’è niente da fare” rispose il tassista guardando, sconsolato, l’automobile.
“Che barba! Tutti continueranno a chiamarmi col mio vecchio soprannome, Cenerentola! E adesso?” si lamentò la donna.
“Aspettate, chiamo la nonna con il cellulare e le dico che arrivo con due ospiti” disse Cappuccetto, digitando il numero nella tastiera del suo Samsung. Intanto, dietro una vecchia quercia, il lupo aveva assistito alla scena, pensando che era meglio rimanere nascosto. Chissà se una Cenerentola senza principe avrebbe potuto fargli del male …
“Come ti chiami?” chiese Cappuccetto a Cenerentola, dopo aver detto alla nonna di preparare quattro coperti.
“In realtà mi chiamo Marina, ma nessuno lo ricorda più. Tutti mi chiamano Cenerentola per via della vita che faccio. Sempre sola a sgobbare, senza mai un grazie, una carezza o una parola buona … Speravo tanto nel principe azzurro” concluse la ragazza sospirando.
“Non preoccuparti. Ti auguro mille principi azzurri. Se oggi non fai in tempo ad andare al ballo, puoi sempre venire con me a gustare un bel pranzetto, insieme al signor tassista e alla nonna."
“Ma sì … e poi c’è anche il pollo” disse Marina, con le scarpette di vetro sporche di fango.
“Hey… aspetta… vengo anch’io!” gridò il lupo a Marina, sbucando improvvisamente da dietro la quercia. “In fondo, per vivere con te non mi occorre molto. Solo due scatole di bocconi di carne, una ciotola d'acqua e qualcuno che mi porti a passeggio ogni giorno. Anch’io ho bisogno d’affetto. Vuoi?”
“Ma certo!” Rispose Marina, sicura che un animale in casa le avrebbe tenuto compagnia.
E si misero tutti in cammino vero la casetta della nonnina, tutti contenti, mentre nonno Armando chiudeva un occhio per il sonno e Matilde, col muso ancora sporco, correva a lavarsi i denti.