Magazine Diario personale
Forse è così che vanno le cose. Sempre. Magari sono solo io che non me ne accorgo.
Ho la mente annebbiata e gli occhi che mi si chiudono, in una sorta di narcolessi non patologica. Sarà colpa degli antibiotici? bho.
E' stata più dura del solito alzarmi, come d'altronde lo sta diventando ogni mattina, ma sono stata graziata dal treno in ritardo.
Sono riuscita, nonostante tutto, a trovare un posto per sedermi. La norma avrebbe imposto che prendessi il mio libro e mi mettessi a leggere, ma non stavolta, non oggi. Ho scelto il mio Ipod e mi sono messa a guardare fuori dal finestrino, che spesso non ci faccio molto caso a ciò che sta al di là del vetro dato che il percorso è sempre lo stesso e ormai lo so a memoria.
Era come scivolare lentamente sull'acqua e lasciar scorrere le montagne, i fiumi, gli alberi, le pecore e le persone sempre più lontano.
La musica mi riempiva di archi e bassi la testa,tanto da non sentire più nulla di ciò che mi circondava, come in una bolla di sapone....
Il mio sguardo vola in alto, nel mezzo del cielo talmente azzurro che mi pare dipinto di acquerello, dove una piccola macchiolina bianca sta riflettendo la luce del sole spostandosi verso ovest.
Mi sono sempre chiesta come sarebbe vivere lassù, ribaltare tutto e poter dire di avere la testa nella terra e non sulle nuvole. Osservare quei minuscoli puntini muoversi come formichine e, la notte, vedere tutte quelle lucine e chissà se formeranno qualcosa.
Mi ricorderebbero i lumini dei cimiteri, nelle fredde e buie serate di Novembre, quelle che mi dovevo mettere il cappotto, le calze pesanti, la sciarpa e nei capelli i miei nastri preferiti.
Le mie gambe si muovono senza che io me ne accorga e, passo dopo passo, mi ritrovo lungo un viale ad aspettare, guardando le foglie cadere dagli alberi, prese e riprese dal vento che gli fa disegnare strani cerchi nell'aria.
Mi perdo tra le nuvole che corrono veloci su quello sfondo d'acquerello. Vorrei saltarci sopra e farmi cullare dalla loro pannosità, fare il giro e tornare. E partire ancora. E ritornare.
Finalmente, in questo inizio di mattina decisamente strano, il mio sguardo ritorna presente e di colpo mi rendo conto che cono arrivata alla mia fermata.
Ora sono le due meno un quarto. Davanti a me il mio pranzo terminato e la stessa musica nelle orecchie. Guardo fuori dalla finestra e vedo una foglia cadere e, più in là, le foglie di un albero mosse dal vento.
Guardo in su e vedo una macchiolina bianca che riflette la luce spostarsi verso ovest.
Ed è come ripartire...
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