Magazine Diario personale

Urla d'impotenza

Da Minerva Jones
Fuck off!Anni orsono - ero molto giovane - lavoravo in un ufficio a fianco d'un collega dichiaratamente gay. Un giorno in cui si stava dicendo qualche stupidaggine, ché l'ambiente lavorativo in quel posto era davvero sereno, ridendo lo mandai a ... e lui, (sor)ridendo, mi rispose "Lo prendo come un augurio!".
Fu un'illuminazione: sino a quel momento usavo questo insulto (sebbene sempre in tono scherzoso, e tra poco ne spiego la ragione), senza rendermi conto di tutto il sottinteso di emarginazione e stigma verso un'intera categoria di persone - negativizzate e colpevolizzate dalla società in funzione dei propri gusti sessuali - insito in tale espressione. Che cosa penosa! :-( E quanto stupida e ipocrita mi si rivela essere proprio in sé, ora che - cresciuta - ho scoperto quanto sia apprezzato il sesso anale anche da tantissimi uomini etero (per quanto coloro che l'hanno provato e apprezzato pubblicamente non lo ammettano *mai* e anzi se ne vergognino pure).
Ma c'è un'altra ragione per cui non sopporto quell'insulto, e lo trovo ulteriormente patetico: esclamare "v*********" - in generale o indirizzandolo a qualcuno nello specifico - a me è sempre suonato come atto di impotenza e rinuncia a combattere perché si è già stati sconfitti. Se ci fate caso, non c'è una relazione paritaria di potere quando uno lo augura all'altro, ma è sempre il debole che lo augura al forte, l'impotente che lo augura al potente di turno - come se quell'esclamazione lo liberasse dell'ingerenza di quest'ultimo sulla sua vita. Peccato che le cose non stiano così.
Quando diciamo una cosa del genere stiamo in realtà soffrendo come cani per l'abuso di cui siamo oggetto da parte dell'altro, dal cui giogo non riusciamo a liberarci. Non è una dichiarazione di estraneità delle reciproche vite, né dell'assenza di influenza del potente su di noi. Non è una dichiarazione di indipendenza o di non prendere in considerazione l'interlocutore, perché - che ci piaccia o meno - possiamo insultarlo finché vogliamo ma quello continua a prendere in considerazione noi e a usarci, a modo suo e per i suoi scopi. Che appunto ci piaccia o meno.
Per liberarsi da presenze nocive c'è bisogno di qualcosa di più profondo di un urlo: bisogna lavorare con determinazione e continuità, voltare le spalle senza insultare, adottare strategie sottili, usare l'intelligenza e agire in silenzio ;-) Andarsene, sottrarsi, addirittura non combattere. Ma senza che l'altro - il nostro aguzzino - se ne renda neanche conto. Per questo Minerva non rivolge mai quell'urlo verso nessuno: perché alla fine quello è solo un urlo di impotenza, e Minerva non vuole neanche saperne di sentirsi impotente ;-)
PS. L'unico cui riconosco un uso produttivo di tale espressione è Ai Weiwei nella famosa serie di studi fotografici prospettici, dato che ne strumentalizza l'abituale dimensione simbolica per sollevare riflessioni sul potere e l'autorità e contestarlo, e pagando altresì costantemente e a caro prezzo in prima persona tale attivismo. PS2. Le suddette mie interpretazioni non valgono per Orsetta in quanto, nel suo specifico caso, la vaffanculite è una patologia, come lei stessa riconosce.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :