La rivoluzione che propone Bossi fa sorridere. O forse è solo irritante, vedete voi. La verità è che è fatta all’italiana: parole tante, concretezze poche. Bossi parla di secessione ma non ha i numeri reali (il 51% degli abitanti del nord) dalla propria. Non sa spiegare come l’economia lombarda da sola potrebbe sopravvivere alla Germania e come la sua nuova fantomatica moneta potrebbe reggere l’urto con euro, dollaro, yen o sterlina. Parla di eserciti pronti a scendere a Roma per conquistarsi una libertà che lui stesso ha tenuto repressa tra gli scranni della casta governativa. Non ci parla di come dovrebbero funzionare le strutture pubbliche, gli ospedali e le forze armate che lui vedrebbe probabilmente vestite tutte di verde con elmetti vichinghi e dotate di clave ed alabarde. Vorrebbe eliminare gli stranieri per dare spazio e lavoro ai nordici italiani senza dirci esattamente come il tessuto sociale attuale potrebbe sopravvivere. Qualcuno dimentica che tra chi paga oggi le pensioni ci sono le migliaia di stranieri regolari e che regolarmente fanno mestieri schiavizzanti tra il facchinaggio e le imprese di pulizia. Per tacere delle badanti, delle quali nessuna ha in tasca passaporto italiano. Non ci spiega quello che ha detto un paio di settimane fa parlando di una macroregione con Tirolo, Svizzera e Baviera… ma ha chiesto davvero informazione ai bavaresi? E’ così sicuro che il loro spirito indipendentista, ammesso che sia così forte, li spingerebbe a fare stato con la Liguria e le Marche?
Nel pieno della crisi politica ed economica la terza o quarta forza politica del paese gioca a Risiko, muove carrarmati e lancia dadi, stringe alleanze e poi le scioglie, grida alla divisione ma rimane ben salda al centralismo sfruttando giochi di prestigio che convincono sempre meno illusi e sempre più disperati. L’ultima forza politica, quella tecnica quindi prima in ordine di importanza, cede alle caste e si muove in continuità con il governo precedente, contro pensioni e lavoro dipendente mantenendo vivo il conflitto tra le classi che poi nelle chiese, la domenica, viene allontanato con forza dalle preghiere della conciliazione come fosse il satana degli anni 2000. Salassi per le classi deboli e nessun aiuto alle amministrazioni locali o alle famiglie. In tutto questo le voci del cambiamento sono davvero poche e di certo non arrivano da un ex ministro della repubblica che continua a sbraitare di mondi medievali riempiendo l’aria di urla e di niente. Un niente che puzza da far schifo ed è diventato insostenibile. Servirebbe cambiare, certo. A cominciare dalle promesse che ci fanno e dalle idee che ci vendono. E da quello che siamo disposti a metterci noi.