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Ursula Meier: Sister

Creato il 27 agosto 2013 da I Cineuforici @ICineuforici
Ursula Meier: Sister Sister
(L'enfant d'en haut, Svizzera 2012, 100 min., col., drammatico)
Ursula Meier è in stato di grazia. Dopo aver realizzato l’incredibile Home – Casa dolce casa? si ripete con Sister, pellicola svizzera girata nel cantone Vallese.
Simon (Kacey Mottet Klein) ha dodici anni e vive con Luise (Léa Seydoux) nella zona industriale del Vallese. Durante la stagione invernale, Simon sale nelle stazioni sciistiche per rubare e rivendere sci e i vari accessori per mantenere sé stesso e Luise, ragazza completamente allo sbando.
Se non ci fossero le montagne si potrebbe pensare che si tratti di una pellicola dei fratelli Dardenne. I protagonisti sono poveri, vivono di espedienti e possono programmare solo un futuro molto prossimo. La difficoltà sociale è evidente, la piccola criminalità serpeggia e la perdita dei ruoli è toccante: Simon non può essere un bambino perché deve cavarsela come un adulto e Louise non può essere adolescente perché non solo deve fingere d’essere la sorella di Simon, ma deve nascondere (attenzione: spoiler!) il suo ruolo di madre.
Ursula Meier: SisterÈ incredibile come il titolo internazionale Sister si allontani, ancora una volta, da quello nazionale L’enfant d’en haut. Nel primo caso si gioca sul ruolo della sorella/madre Louise, mentre nel secondo sul ragazzino. Se si prende il lato della sorella, dunque, si può evidenziare la capacità della Meier di annullare ogni ruolo familiare ideale. Chi è Louise? A sentirla parlare con Simon e chiudendo gli occhi, si potrebbe pensare che il dodicenne sia in realtà più grande della sorella, invece no. La splendida Seydoux, attrice in auge (è suo il ruolo da protagonista nel film fresco di Palma La vie d’Adèle), interpreta evidentemente qualcuno di più grande, la sister maggiore incapace di avere la meglio sul cadetto e priva di veri punti di riferimento. Lo spettatore soffre per lei più che per lui (Simon almeno s’arrangia), ma rimane sconvolto non appena scopre la vera natura di Louise: è in realtà la madre di Simon. Rimane sconvolto per un’importante questione di privazione. Oltre alle persone fisiche, come si accennava, quello che manca volutamente alla vicenda è il ruolo dei protagonisti all’interno della società: nonostante Luise (di Simon se ne parlerà pià avanti) sia madre, non è “madre”. Si faceva fatica a vederla come sorella, ma allora come madre fa davvero pena. Suscita così tanta pena che lo spettatore ne esce spiazzato.
Ursula Meier: Sister Il film di Meier allora è un film sulla famiglia e sulla difficoltà della stessa. Ma, e si faccia attenzione, la regista svizzera non predica la morale cristiana della famiglia classica. Non è infatti di certo meglio la famiglia per antonomasia che impazzisce in Home. La regista, allora, non dice quale famiglia sia adeguata, anche perché il finale di Sister insegna proprio che ci può essere “famiglia” fra Simon e Louise. Quello che interessa alla Meier sono i rapporti che s’instaurano fra gli individui che vivono sotto lo stesso tetto.
Si torni al titolo nazionale andando, e qui sta la bravura della regista, oltre i Dardenne (i “padre padrone” dei film sulla difficoltà sociale contemporanea e sui “nuovi” poveri). Meier ama gli spazi. Se con Home si concentrava sull’orizzontalità, il titolo francese evidenzia invece la verticalità sia fisica sia sociale. Se Simon da valle procede verso la montagna, tenta di farlo anche socialmente: dal “basso” va verso l’“alto” ed è l’unico a farlo (Luise rimane a valle). Il suo non è altro, però, che una chimera. I suoi tentativi di essere “alto”, adulto, capitalista sono vani: è un bambino, gli affari non vanno così bene come spera e non riesce a gestire la sorella/madre.
Incredibili le ultime scene del film: finita la stagione sciistica Simon si trova da solo sulla montagna, ignorato dagli adulti e costretto ad osservare le telecabine spente. Non gli resta che tornare dalla madre a valle: peccato che lei aveva deciso di salire. L’ultimo incrocio di sguardi è quello della speranza: lei da bambina (“basso”, valle) diventa adulta (“alto”, montagna), lui da falso adulto (“alto”, montagna) torna a quello che è: solo un bambino.
Mattia Giannone

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