Usa verso il bando degli antibiotici per promuovere la crescita degli animali?
Il bando totale degli antibiotici utilizzati a scopi non terapeutici ma come promotori della crescita potrebbe essere più vicino anche negli Stati Uniti. Nell'Unione europea il bando è già stato adottato nel 2006.
Adesso, secondo quanto si legge in un articolo pubblicato su Clinical Microbiology Reviews da Stuart Levy della Tufts University, presidente dell'International Alliance for the Prudent Use of Antibiotics, il bando potrebbe essere vicino anche negli Usa.
Levy, un'autorità nel settore, insieme alla sua collaboratrice Bonnie Marshall, ha analizzato decine di ricerche pubblicate negli ultimi anni e ha dunque dimostrato che, se si decide di adottare il principio di precauzione, non è più possibile permettere l'impiego di antibiotici in nessun tipo di allevamento, né nei mangimi usati in acquacoltura.
“Per anni – spiega Levy – si è ritenuto che le basse dosi di antibiotici usati per promuovere la crescita di bovini, suini, pollami e pesci non avessero conseguenze negative. Oggi una mole impressionante di dati dimostra il contrario e si ritiene che l'impiego negli allevamenti aumenta esponenzialmente la resistenza agli antibiotici, compresi quelli più efficaci e nuovi”.
Ecco quanto emerso in particolare dagli studi:
1. L'uso degli antibiotici come promotori della crescita è ampiamente diffuso negli Stati Uniti. Secondo le stime, questo utilizzo sarebbe pari a circa otto volte quello terapeutico.
2. Le pratiche abituali sono ideali per una rapida diffusione dell'antibiotico resistenza. Come ha infatto spiegato Levy la somministrazione prolungata di antibiotici a basso dosaggio fa sì che si crei un ambiente ottimale per il proliferare di diversi ceppi resistenti. Gli animali così trattati diventano una sorta di fattoria vivente, ideale per batteri selezionati, robusti, che non risentono degli antibiotici come il famigerato stafilococco aureo resistente alla meticillina (Mrsa) o a vari tipi di salmonelle. I ceppi resistenti proliferano e tramandano questa caratteristica di generazione in generazione fino a trasmetterla anche al di fuori dell'allevamento, anche se gli antibiotici usati non sono gli stessi impiegati nell'uomo. Molti studi mostrano che chi lavora a contatto con questi animali (veterinari, addetti ai macelli, allevatori e loro familiari e così via)
3. Circa il 90% degli antibotici utilizzati finisce nell'ambiente; in tal modo la resistenza passa anche attraverso il suolo, le acque, l'aria, la catena alimentare e si diffonde
4. L'impiego di antibiotici nell'acquacoltura è potenzialmente ancora più pericoloso, dal momento che l'acqua è l'elemento naturale dove prolifera la maggior parte dei batteri e non c'è modo di evitare che, anche solo attraverso gli scarichi, la resistenza venga trasmessa ai pesci che vivono liberi.
5. Tutto ciò comporta gravi conseguenze: secondo i Centers for Diseases Control negli Stati Uniti ogni anno le infezioni dovute a batteri resistenti, costano 20 miliardi di dollari in terapie e 8 milioni di dollari in giorni di ricovero. Se poi, come spesso accade, il paziente non risponde alle terapie antibiotiche e viene trattato con farmaci diversi, i costi salgono ulteriormente. Queste infezioni inoltre possono aggravare situazioni già compromesse e causare la morte, soprattutto in malati anziani o in condizioni critiche.
6. Il divieto dell'uso non terapeutico degli antibiotici ha già avuto risultati tangibili in Europa. Il bando ha portato a una diminuzione della presenza di ceppi resistenti tra gli animali e anche tra gli uomini.
7. Le pratiche alternative possono aiutare a compensare la perdita di benefici dovuti all'uso degli antibiotici. Su tutte, gli autori ricordano l'impiego di vaccini, l'adozione di migliori standard igienici, il minore affollamento degli allevamenti.
La Food and Drug Administration americana, sottolinea Levy, ha già assunto qualche misura restrittiva, riconoscendo - fatto molto importante - che l'impiego di antibiotici come promotori della crescita risulta in conflitto con la tutela della salute pubblica.
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