Il ‘Mengele americano’, come è stato eloquentemente soprannominato, effettuava aborti anche molto oltre il termine stabilito per legge (24 settimane), arrivando fino a 36 settimane (9 mesi, per intenderci) di gestazione. Ai bambini nati vivi era riservato l’atroce metodo dello ‘snipping‘, come ribattezzato dal dottore stesso: veniva recisa la spina dorsale con delle forbici all’altezza del collo. Una sorta di “decapitazione” come testimoniato dai dipendenti della clinica, il cui pianto dei neonati risuona ancora nitido nelle orecchie. La ‘procedura standard’ prevedeva infatti che i bambini fossero lasciati piangere per circa, mezz’ora prima che un taglio netto separasse il cervello dal resto del corpo. La relazione del Gran Giurì riporta, “queste uccisioni erano diventate talmente di routine, che nessuno ha potuto dare una cifra esatta”.
Il caso Gosnell porta alla luce una serie di scandali concatenati, impossibili da ignorare quanto da metabolizzare. In primis il caso amministrativo. Risulta infatti dal rapporto del Gran Giurì, che la clinica degli orrori fu ispezionata già 3 volte tra l’89 e il ’93, risultando in tutti e tre i casi, assolutamente inadeguata, senza che alcun tipo di azione fosse richiesta a riguardo. Dal 1993 in poi, malgrado le numerose denunce, nessun tipo di controllo -nemmeno pro forma- fu portato avanti. Le indagini inizieranno solo nel 2010, un anno dopo la morte della paziente Karnamaya Mongar, 41 anni.
In secondo luogo, a caratterizzare il caso della “macelleria Gosnell” è stata la silenziosa compiacenza dei media. Senza mezzi toni, la deputata Marsha Blackburn parla del “più grande scandalo mediatico della storia americana”. A rompere il silenzio, un brevissimo servizio della Cnn. Nel frattempo, la protesta montava su Twitter con l’hastag #gosnell, mentre le principali emittenti nazionali come la Abc, la Cbs, la Nbc, la Msnbc o la Npr, si tenevano accuratamente lontani dalla storia. Per rompere quello che è stato definito un vero e proprio “media blackout“ sulla clinica, è stato anche lanciato il sito WhoisGosnell.com, dove sono raccolte in modo esaustivo tutte le informazioni sul caso, comprese le raccapriccianti foto degli aborti. Prevedibilmente, a parte un distratto articolo del Corsera, ed oltre al Foglio, i principali media nazionali hanno completamente ignorato la vicenda.
Infine, ad emergere è la questione sia morale che politica che mette in crisi l’attuale legislazione statunitense sull’aborto. A detta di Obama infatti, l’IVG dovrebbe essere “sicura, legale e rara”, ed è evidente che più di qualcosa dev’essere andato storto nei piani del presidente. Come sostiene James Taranto sul Wall Street Journal, la clinica degli orrori scuote alle fondamenta la legislazione abortista, basata sul fatto che la proibizione dell’interruzione volontaria di gravidanza sarebbe causalmente collegata al pericolo di interventi clandestini che metterebbero a grave rischio la salute della donna. Concezione evidentemente smentita dal caso Gosnell, sviluppatosi in un ambiente giuridico non esattamente restrittivo in materia. La questione che emerge, e che i media liberal hanno tentato di occultare, coinvolge l’aborto e l’operato delle cliniche in quanto tale. Che differenza ci sarebbe infatti tra la macelleria di Gosnell e le altre cliniche abortive? L’igiene -forse-, ha risposto qualcuno.