Buone notizie: il Texas ha effettuato un giro di vite contro l’aborto procurato, che a breve sarà reso decisamente meno accessibile di quanto non fosse prima; verrà infatti proibito dopo la ventesima settimana, con l’obbligo, per le cliniche abortiste, di adeguamento ai medesimi standards richiesti alle altre strutture e la richiesta di accreditamento dei medici che vi prestano servizio presso almeno un ospedale di riferimento. E’ un provvedimento destinato a far discutere e che, in parole povere, potremmo sintetizzare così: meno aborti per tutti e, di conseguenza, maggiore tutela per la salute delle donne.
Non si tratta di uno slogan pro-life ma della realtà giacché evidenze di carattere scientifico hanno già da tempo mostrato come il divieto di aborto – con buona pace di chi agita il ricordo degli aborti clandestini, magari gonfiandone le stime – non risulti correlato alla mortalità materna e men che meno ad un suo peggioramento [1], come prova peraltro l’Irlanda, dove si sta cercando di liberalizzare questa pratica nonostante il Paese abbia un bassissimo tasso di mortalità materna, addirittura il più basso al mondo nel 2005, il terzo più basso nel 2008 [12], e metà di quello registrato nella vicina Inghilterra [3]; invece negli Usa il tasso di mortalità materna è maggiore e, causa dell’aborto indotto, risultano decedute almeno 347 donne [4].
Un dato tragico ma che purtroppo non sorprendente se si considera che in America dal 1991 al 2009 qualcosa come due terzi delle cliniche abortiste sono state chiuse – passando da 2.200 a 713 – per l’avvenuto accertamento di illegalità e procedure mediche pericolose [5], e che, in generale, la pratica abortiva – anche sorvolando sugli altissimi rischi di depressione ed ansia che comporta [6] – è associata ad un maggiore tasso di mortalità, per le donne che vi ricorrono, sia rispetto all’aborto spontaneo che alla gravidanza portata a termine [7]. Comunque la si pensi non si può dunque, stando ai fatti, che applaudire la scelta del Texas nella speranza che altri politici di buona volontà – e poca ideologia – abbiano il coraggio di proporla altrove.
Note [1] Cfr. Koch E. – Thorp J. – Bravo M. – Gatica S. – Romero C.X. – Aguilera H. – Ahlers I. (2012)Women’s Education Level, Maternal Health Facilities, Abortion Legislation and Maternal Deaths: A Natural Experiment in Chile from 1957 to 2007.«PLoS ONE»7(5):e36613.doi:10.1371/journal.pone.0036613;[2] Cfr.«Unicef.org/infobycountry/ireland_statistics», At a glance: Ireland; [3] Cfr. Calhoun B.C. – Thorp J.M – Carroll P.S. (2013) Maternal and Neonatal Health and Abortion: 40-Year Trends in Great Britain and Ireland. «Journal of American Physicians and Surgeons»;Vol. 18 (2): 42-46; [4] Cfr. lifedynamics.com/Pro-life_Group/Pro-choice_Women; [5] Cfr. Riley J. Report: Two-Thirds of Abortion Clinics Closed Since 1991, «christianpost.com»; [6] Cfr. Huang Z. – Hao J. – Su P. - Huang K. – Xing X.- Cheng D. – Xiao L. – Xu Y.- Zhu X. – Tao F. (2012) The Impact of Prior Abortion on Anxiety and Depression Symptoms During a Subsequent Pregnancy: Data From a Population-Based Cohort Study in China. «Bulletin of Clinical Psychopharmacology»; 22(1):51-8; [7] Cfr. Reardon D. – Coleman P. (2012) Short and long term mortality rates associated with first pregnancy outcome: Population register based study for Denmark 1980–2004. «Medical Science Monitor»; 18(9): PH 71 – 76; Gissler M. – Berg C. – Bouvier-Colle M.H. – Buekens P. (2004) Pregnancy-associated mortality after birth, spontaneous abortion, or induced abortion in Finland, 1987-2000. «American Journal of Obstetrics & Gynecology»; Vol. 190, (2): 422-427; Reardon D.C. – Ney P.G. – Scheuren F. – Cougle J - Coleman P. Strahan T. (2002) Deaths associated with pregnancy outcome: a record linkage study of low income women. «Southern Medical Journal»; 95(8):834-41.