News Mondo: In questi giorni in molte città degli USA si sta manifestando contro le morti ingiuste di persone di colore commesse dalla polizia. I protagonisti che vedremo nei singoli episodi sono i medesimi, un poliziotto bianco e una vittima di colore.
Gli avvenimenti per così dire “apripista” dei successivi sono avvenuti quest’estate. A New York il Luglio scorso un poliziotto ha afferrato al collo l’afroamericano Eric Garner soffocandolo e uccidendolo. Il ragazzo stava vendendo sigarette di contrabbando contravvenendo sì alla legge ma decisamente più reo è il poliziotto che lo ha ucciso utilizzando la presa “chokehold” non consentita.
Ad Agosto è la volta di Ferguson, un sobborgo di St. Louis, dove il diciottenne Micheal Brown è stato fermato in pieno giorno da una volante e dopo una colluttazione un agente gli ha sparato.
Disordini e proteste da quel giorno sono andati avanti per settimane a St. Louis e dopo due mesi poco prima di una manifestazione a sostegno della morte di Micheal Brown il copione si è ripetuto. Un agente in quel momento fuori servizio, ma in divisa perché svolgeva il lavoro di agente di sicurezza ha inseguito un gruppo di tre ragazzi che erano scappati dopo averlo visto. Appena raggiunti i ragazzi si è innescata una lite tra un diciottenne e l’agente, il primo ha sparato tre colpi contro il poliziotto e questi ha risposto con ben 17 colpi, alcuni di questi fatali per il ragazzo. Anche qui l’agente era bianco e la vittima di colore.
A far morire due volte le vittime è la Grand Jury, una giuria che stabilisce se le prove raccolte a carico di una data persona sono sufficienti per intraprendere un processo penale. Nei casi di Ferguson e New York la gran giurì ha infatti deciso di non incriminare entrambi i poliziotti, ma questi non sono i soli.
Non colpevole la Grand Jury ha dichiarato anche il poliziotto che tra il 20 e il 21 Novembre ha ucciso un 28enne di colore disarmato che si trovava in una palazzina che in quegli attimi era sotto perlustrazione. La colpa? Trovarsi nel momento sbagliato nel posto sbagliato cogliendo di sorpresa e spaventando la polizia che risponde sparando.
Ma la mattanza razzista non si ferma e pochi giorni dopo il 24 Novembre accade un episodio analogo a Cleveland, un dodicenne secondo alcune chiamate alla polizia spaventava in un parco i passanti con una pistola, rivelatasi ad aria compressa. Secondo un video gli agenti giunti sul posto pochi secondi dopo aver intimato al ragazzino di alzare le mani non hanno esitato a sparargli.
Stesso copione a Phoenix martedì scorso, dove un ragazzo di colore sospettato di avere con sé della droga è stato ucciso dalla polizia con due colpi di pistola. In realtà il 34 enne aveva nella tasca una confezione di pillole di paracetamolo.
Alla luce di quanto è successo in questi mesi e sta succedendo tuttora, sia gli omicidi che le non incriminazioni, molte manifestazioni stanno avvenendo in tutti gli USA. A New York quella passata è stata la terza notte di proteste contro il razzismo e la violenza della polizia. Un gruppo di manifestanti è entrato all’interno del “cubo” della Apple a Manhattan occupandolo e impendendo ai dipendenti di lavorare. I manifestanti hanno messo in scena un “die-in” buttandosi a terra e fingendosi morti. Altri cortei stanno marciando nella grande mela per raggiungere Brooklyn dove è in corso una veglia in onore dell’ultima vittima. Proteste si stanno registrando anche a Boston, Miami, Pittsburgh.
È intervenuta l’amministrazione Obama che promette la svolta antirazzista con nuove regole che bandiscono il “racial profiling” ovvero la pratica secondo cui se sei di colore questo è determinante nel modo di intervento della polizia. Una modus operandi decisamente illegale, il modo di intervento della polizia deve variare in base alla gravità del caso non in base al colore della pelle di chi commette l’infrazione.
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