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Ustica: una storia scritta male. Intervista a Fabrizio Colarieti -1ªparte-

Creato il 26 giugno 2011 da Yourpluscommunication


Trentuno anni fa il Dc9 IH-870 precipitava nelle acque di Ustica. Da quel 27 giugno 1980 i perché intorno al volo Itavia e alla tragedia dei cieli si sono moltiplicati. Una verità che Fabrizio Colarieti, un esperto del caso, cerca da tempo. Un caso a cui dare risposte. Questa ricerca, per lui, è diventata quasi una ragione di vita.

Ustica: una storia scritta male. Intervista a Fabrizio Colarieti -1ªparte-

Come e perché si è specializzato su Ustica?

Il mio interesse per la strage di Ustica nasce da quando ero ragazzino vedendo in tv il film “Il muro di Gomma”. Poi questa storia si è avvicinata di molto anche alla parte iniziale della mia professione. Ho iniziato a scrivere per un quotidiano che, anche se locale, mi aveva permesso di avere un accesso diverso a questa storia. Dopo il film ho iniziato a sentire un po’ di persone, un po’ di colleghi che si occupavano del caso, ho cominciato a leggere qualcosa su internet, perché la mia passione nasce parallelamente anche ad internet. Erano i primi anni in cui c’era la possibilità di navigare sul web e, in quel periodo, ho conosciuto un tecnico, un esperto che si occupava di periziare l’aereo per conto della compagnia Itavia. La conoscenza di Luigi Di Stefano mi ha permesso anche di avvicinarmi alle carte, agli atti processuali e da lì nasce un interesse che poi è diventato quasi una ragione di vita.

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Dopo anni di ricerche, si è fatto un’idea del “chi”?

Dopo anni di ricerche, si, mi sono fatto un’idea del “chi”. Studiando le carte, e dopo dieci anni di immersione negli atti dell’inchiesta (che sono sterminati, immensi) sono riuscito a focalizzare bene il contesto, a capire “chi”…forse non il “perché”, ma “chi” certamente, si.

Quanto è difficile rompere il “muro di gomma”?

Il muro di gomma nasce da un’intuizione di Andrea Purgatori che ne dà anche il titolo al film/inchiesta. L’unico film serio che sia stato fatto sulla strage di Ustica, che ha vinto dei premi e che, oggi come ieri, è di grande attualità: davvero un peccato che non si trovi a noleggio. Il muro di gomma è la rappresentazione delle domande che sbattevano contro un muro, appunto di gomma, e tornavano indietro con la stessa forza: Trovare le porte chiuse, non avere risposte dai governi…
Oggi, il “muro di gomma” è stato certamente scalfito ma ha sicuramente danneggiato non solo le attività della magistratura, ma dei giornalisti, della politica. Tutti sono andati a sbattere contro questo muro all’interno di questa storia. Sicuramente siamo andati spesso e volentieri molto vicini alla verità di questa storia (anche recentemente abbiamo saputo qualcosa in più), però, non credo che ci sia la possibilità di abbattere questo muro. Ci sono cose più grandi, cose che vanno anche oltre la nostra stessa sovranità…

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Secondo lei con la caduta di Gheddafi, riusciremo a sapere qualcosa di più?

Con la caduta di Gheddafi non so…Quel che posso dire, e che ho anche scritto recentemente commentando le dichiarazioni di Romiti (che era il presidente della Fiat) in riferimento al famoso Mig libico che cadde sulla Sila. (poi magari avremo anche modo di spiegare quando e come)

Gheddafi, vale la pena ripeterlo, perché lui lo ribadisce da tanti anni, nella vicenda di Ustica è una vittima tanto e quanto il nostro Paese, lo ha detto decine di volte pubblicamente. Se è vero che l’operazione chiamata dal giudice Priore di “polizia internazionale” doveva servire a far fuori Gheddafi, è anche vero che quella notte c’è stato un errore e cioè che quella sera, doveva essere preso un aereo e ne è stato preso un altro. Quindi Gheddafi credo sappia bene chi gli abbia teso questa imboscata.

Sappiamo che c’era un volo da Tripoli a Varsavia, sappiamo che quella notte certamente Gheddafi era in volo e si stava spostando, c’erano i suoi Mig di scorta…quindi probabilmente l’imboscata era per lui e non per il DC9 che portava a bordo 81 cittadini italiani che andavano chi in vacanza, chi in ospedale, chi a trovare i familiari. Non c’era nessuno su quel volo che potesse motivare il volere “tirarlo giù”. Questa è una delle prime parole che è stata detta da un giornalista: «l’hanno tirato giù».

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Quanto lo Stato Italiano sa e non dice?

Beh io sono uno di quelli che ha sempre creduto nel lavoro svolto dalla Magistratura fin’ora. C’è un’inchiesta ancora aperta alla Procura di Roma scaturita dalle parole di Cossiga che ha partorito delle rogatorie internazionali controfirmate dal Ministro Alfano e che speriamo presto ci diranno se qualcuno risponderà a queste domande che, per l’ennesima volta, la nostra autorità giudiziaria ha posto ai nostri alleati.

Certamente il governo italiano sa molto, nel senso che pur non esistendo un segreto di Stato attorno a questa strage confermato recentemente anche dal DIS, (Dipartimento dell’Informazione di Stato) quando ha detto che su Ustica non esistono atti di alcuna natura coperti dal segreto, di fatto, però questo segreto esiste. Esiste perché ciò che è avvenuto, è avvenuto in un momento particolare per il nostro Paese, in un momento in cui i rapporti con il bacino del Mediterraneo, più in generale, il nord Africa, la Libia, anche per la presenza degli americani, erano abbastanza tesi.

Quindi, probabilmente, se in questa vicenda c’è un segreto, è un segreto che va al di là anche del nostro Governo, della nostra sovranità. Un segreto Nato, un segreto che comunque riguarda più soggetti. In questa vicenda, vale la pena di ricordarlo, in quella notte c’erano in volo aerei italiani ma, ce n’erano americani, ce n’erano certamente francesi. Portaerei, sia in radar sia in navigazione.

C’era un Awacs della Nato, sull’appennino tosco-emiliano, che registrò tutto e, di quello che registrò, noi non ne siamo mai venuti a conoscenza. Tutto questo, e tutto quello che è avvenuto ad Ustica, nel punto Condor, che è poi la zona più buia dei nostri cieli andando verso il basso Tirreno, è avvenuto sicuramente sotto l’occhio e sotto l’ombrello di copertura di numerosi satelliti spia. Non dimentichiamo che nel 1980 sicuramente i russi avevano interesse ad osservare la sesta flotta americana distanziata a Napoli. Quindi c’erano satelliti che vigilavano. Non dimentichiamoci, ancora, che negli anni ’80 come oggi, l’Italia è disseminata di basi americane per la sorveglianza elettronica, per la sorveglianza radar. In Puglia c’era una base dell’N.S.A. che probabilmente svolgeva anche l’attività di Signit, cioè i Signal Intelligence.

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Quindi, quest’incidente è avvenuto si in un punto buio ma anche osservatissimo. Se è vero che i mig libici, di produzione russa andavano a fare manutenzione nei Balcani, utilizzando un corridoio che tagliava in diagonale la Calabria (frutto di un tacito accordo con l’Italia, che “addestrava anche i loro piloti in Sardegna”) era un “sorvolamento” che non andava tanto giù agli americani. Tant’è che nelle settimane e nei mesi che precedono la strage di Ustica, ci sono delle tensioni diplomatiche fortissime in questo senso. Gli americani, in ambienti diplomatici, dicevano “prima o poi glielo tiriamo giù uno di questi mig”…quindi…insomma…

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Il DC9 si trova in un punto, in una zona, in un momento sbagliato, certamente, e comunque al centro di uno scenario complesso. Non è assolutamente vero quello che i nostri governi hanno ripetuto (e qualcuno lo ripete anche tutt’ora) e cioè che attorno al DC9 quella sera non c’era alcuna battaglia, non c’era niente. La Nato dice che c’erano degli aerei militari. Sappiamo con certezza, come ho ripetuto, che c’erano delle portaerei. Ci sono tracce di caccia che atterrano sul pelo dell’acqua, quindi probabilmente c’era una portaerei al nord della Sardegna (questo è un dato di fatto, a meno che questi aerei non siano tutti caduti in mare). Abbiamo un Mig trovato sulla Sila secondo l’Aereonautica trovato il diciotto luglio ma va detto che il corpo del pilota ritrovato era in avanzato stato di decomposizione. Ci sono delle testimonianze di persone che dicono di aver piantonato questo Mig prima del 18 luglio. C’è la CIA che se ne interessa prima del diciotto luglio. Ci sono decine e decine di servizi occidentali che vanno a chiedere informazioni, a visionare questi resti. Spadolini disse ai giornalisti: «trovate la verità sul Mig e avrete anche la verità su Ustica».

Io credo che ci sia ancora margine per trovare la verità. Un’azione che non può fare la magistratura, perché la magistratura credo abbia fatto il possibile. Non è stato celebrato un processo sulla strage di Ustica. E’ stato celebrato un processo alla nostra Aereonautica che ne è uscita, secondo me, anche con le ossa rotte perché L’Aereonautica Militare Italiana non ha detto, o se ha detto lo ha fatto male. E poi sono avvenute, tra l’altro, nelle loro basi, in giro per l’Italia, delle cose assurde. Sono state fatte delle manipolazioni, dei depistaggi.

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Sono stati tagliati a filo di lametta intere pagine di registri, manomesse le registrazioni. Basta pensare a quello che è avvenuto a Licola di Marsala, nei centri radar del sud, quelli che direttamente potevano vedere quanto avvenuto nel Punto Condor. Loro ci hanno raccontato che c’era in corso un’esercitazione che ha coperto il traffico aereo reale. C’era cioè un videogioco in corso e loro non vedevano quello che avveniva: è impensabile.

E’ impensabile che il Mig caduto la notte di Ustica abbia bucato il cielo italiano e nessuno se n’è accorto. Quella notte, tra l’altro, c’era in corso una grossa esercitazione internazionale nelle acque del Mediterraneo. Quindi questo Mig attraversa il cielo indisturbato, esaurisce la benzina e finisce sulla Sila. Tra l’altro è noto che (e di questo ce ne sono ampie tracce nelle poche carte sopravvissute nel centro Sismi di Verona), ci raccontano come noi avessimo la “moglie americana e l’amante libica”.

Il nostro governo se la intendeva con Gheddafi: addestravamo i loro piloti a Decimomannu in Sardegna. C’erano dei rapporti, delle relazioni abbastanza intense e ciò, lo ripeto, non andava bene ai nostri alleati, primi fra tutti gli americani.
Credo che l’azione più forte da fare, anche adesso, è un’azione diplomatica. Devono cioè essere sollecitati a dire quello che sanno gli Stati Uniti e la Francia, in particolare. Perché, probabilmente loro, ne sanno addirittura più di noi a mio avviso. Perché quella notte, loro c’erano.

Per quanto riguarda l’Aereonautica Militare, recentemente il sottosegretario Giovanardi, in un pezzo sull’Espresso, (non so se sono parole vere perché non era un virgolettato) dice che sul DC9 c’era una bomba. Non dice però chi l’ha messa e le bombe, di solito, si rivendicano quando c’è un attentato su un aereo. Dobbiamo ricordare a Giovanardi un fatto ovvero che ci sono decine e decine di perizie che dicono il contrario di quello che lui afferma. E dobbiamo dire anche che ci sono degli riscontri di cui non possiamo non tenerne conto.

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Il DC9 è partito con 2 ore di ritardo da Bologna.Due ore di ritardo che accumula durante i vari spostamenti lungo tutto lo stivale. Da Bologna parte alle 20.08. Questa bomba, quando è stata messa sull’aeromobile? Quando era a Bologna? Sarebbe scoppiata mentre l’aereo era ancora fermo ad imbarcare i passeggeri. Invece scoppia dopo quasi un’ora di tragitto, quasi alla fine. Perché quando perdiamo le tracce del DC9, alle 20.59, siamo a 13, 14, 15 minuti dall’atterraggio a Punta Raisi. Quindi scoppia alla fine. Come fa una bomba a scoppiare così, c’è un kamikaze a bordo? C’è un timer altimetrico che precedentemente programmato, arrivando ad una certa altezza esplode?

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Se è vero che questa bomba è stata messa nella toilette dell’aereo, bisogna ricordare a Giovanardi e a chi persegue questa stramba ricostruzione dei fatti, che il lavabo del DC9 non è stato neanche scalfito. E’ stata recuperata una tavoletta del water intatta. Il bagno, era una delle parti, diciamo un po’ meno danneggiate. E se continuiamo, la parete del bagno dava le spalle un passeggero. Una donna che aveva delle fratture e per questo, era stata legata ai sedili. Il cadavere di questa povera signora è uno di quelli “meglio conservati”, quello che “aveva meno danni”. Quindi se la signora Calderone, mi pare si chiamasse, dava le spalle a una bomba della signora Calderone, non ci sarebbe rimasto nulla.

Nei giorni del trentennale, in un programma radiofonico, ho sentito dire «chi l’ha detto che la tavoletta del water fosse del DC9?». Beh io sfido chiunque a tremilaseicento metri di profondità, nel mar Tirreno, a recuperare, tra tanti pezzi che non erano del DC9, una tavoletta di un bagno. Non so in fondo al Tirreno chi ce l’ha lasciata. La tavoletta era del DC9…

…Continua

Alessandro Ambrosini

Montaggio: Giovanni Mercadante


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