Qui la prima parte dell’intervista a Fabrizio Colarieti che segue così alla domanda:
Quanto lo Stato Italiano sa e non dice?
Giova poi ricordare che quando sono stati recuperati i pezzi del DC9 che sono stati ricostruiti nell’’87 e nel ’91, nel corso di due campagne di recupero (costate tantissimi soldi al nostro governo), sono state recuperate anche parti che non erano del DC9, come un serbatoio di un caccia che la Boing, non è riuscita a dire di chi era perché, guarda caso, il file che conteneva quei numeri di serie, era scomparso. E’ stato recuperato un corpetto con la scritta CV60, che è la sigla radio della Saratoga, la portaerei americana che era a Napoli. Sono stati recuperati altri pezzi strani, bombole, certamente appartenenti ad aerei militari. E’ stato recuperato un casco con la scritta “John Drake”, questo è un fatto che nessuno mai ricorda, questo casco, rotolando, è andato a finire in una spiaggia siciliana ed è sparito degli uffici dell’Aereonautica Militare? Chi era “John Drake”? Perché c’era un casco di un aviatore americano nelle acque?
Qualche tempo fa nel 2002/2003, io ci sono stato, me lo ricordo, nel litorale pontino, a Gaeta, un peschereccio recuperò dei pezzi di un F-4 Fantom, quasi una parte intera di carlinga…non ci scordiamo che il Fantom era uno degli aerei che nell’’80 era in volo ed in uso agli americani. Ci sono delle questioni che vanno approfondite.
Ci sono due magistrati della Procura di Roma che stanno indagando su quanto ha detto Cossiga. Perché Cossiga, prima di scomparire, anche a Giampiero Marrazzo, in un libro dvd che lui ha realizzato, ha detto “è stata la Marina francese, io l’ho saputo dal Sismi”. Di questo era stato informato anche Amato.
Lo ha ripetuto in un’udienza di un processo civile a Palermo intentato dai familiari delle vittime e tutt’ora in corso. Insomma c’è un Capo dello Stato che è stato anche Capo di Governo che dice “io ho saputo dai miei servizi, dai miei interlocutori, che in questa storia ci sono di mezzo i francesi”, beh, credo che quest’affermazione vada presa in considerazione.
E’ troppo facile dire che Cossiga nella sua vita ha detto e contraddetto di tutto, ha cambiato idea tante volte. Su Ustica, ha detto una cosa seria e sensata che trova riscontro anche sui tracciati radar. I francesi c’erano quella notte.
Uno dei più stretti collaboratori del Generale Dalla Chiesa, il Generale Bozzo, era in vacanza con suo fratello che era appassionato di mezzi aerei a Solenzara.
Bozzo arriva il 27 pomeriggio a Solenzara. In un ristorante nelle vicinanze dell’albergo dove dovevano restare a dormire, durante la cena, sentono un intensissimo traffico aereo proprio sopra il cielo del ristorante/albergo. Alla hall dell’hotel chiedono “ma tutta questa confusione, proseguirà anche nel corso della notte?” e l’albergatore risponde “sono i francesi della vicina base aerea. E’ stranissimo che volino a quest’ora, sarà successo qualcosa”.
Bozzo era un collaboratore di Dalla Chiesa, un carabiniere serio, uno di quelli con la schiena dritta, va da Priore e racconta quanto si ricorda “io ero in vacanza a Solenzara, e se può interessarle, alle nove e mezza, alle dieci, alle undici, atterravano e decollavano caccia francesi”. Caccia. Mirage gli dice. Questo racconto cozzerà con i francesi, andrà ad infrangersi con le loro risposte perché i francesi, dicono che Solenzara ha finito la sua attività alle ore 17:00.
A Solenzara c’è un testimone oculare: è il generale Bozzo. Il quale afferma che alle 10 (pm) i francesi ancora decollavano.
Sappiamo che la Foch e la Clemenceau (due portaerei), erano certamente in mare. Perché? Perché di fronte alla Toscana, di fronte l’Isola d’Elba, ci sono delle tracce che terminano a zero. Quindi sono aerei che sono caduti o che sono atterrati. La Toscana, i cieli della Toscana, hanno un significato chiave all’interno di questa vicenda. Perché se è vero che sotto la pancia del DC9 c’era nascosto un altro aereo che sfruttava la sua ombra radar, tutto questo avviene sull’appennino tosco-emiliano, dove c’è l’Awacs in volo, un aereo con un radar sopra di cui, però non abbiamo le risposte.
Lì avviene qualcosa di importante. Ciampino chiede al DC9 di rettificare la radiale verso Firenze, il DC9 risponde “siamo su Firenze, anche se un po’ spostati”. Dopo alcuni minuti Ciampino richiama il DC9 e dice “Ora siete su in linea” e il pilota del DC9 Fontana, dice “No, guarda che noi non ci siamo mai mossi” (ci sono gli audio che testimoniano questo). Quindi, in quel momento, sotto ed intorno al DC9, avviene qualcosa.
Per quanto riguarda l’Aereonautica Militare Italiana, io dico soltanto una cosa che è provata dalle loro voci: Ciampino registra le sue telefonate. Quando il DC9 cade e si sentono i controllori di volo che controllano l’orologio e dicono “ecco sta scadendo l’autonomia dell’aereo”, (c’erano già i familiari che telefonavano, i giornali), c’è un audio di operatore che tutti possono ascoltare, un audio originale disponibile, una registrazione ambientale fatta da loro (perché le linee telefoniche venivano registrate) che è possibile ascoltare sul mio sito stagi80.it, dove si ascolta “chiama la Attacché dell’Ambasciata Americana di Roma, e chiedi se per caso c’era qualcuno che “svolazzava”, c’era loro attività perché sulla radio si sente traffico americano”. Per radio, cioè, si sentivano voci di piloti dall’accento americano.
Questo non è un dato da sottovalutare, perché è l’Aereonautica che certifica che intorno al DC9, intorno a quell’area, c’erano gli americani. In quel momento Ciampino, che deve organizzare i soccorsi e deve cercare l’aereo, che motivo avrebbe di chiamare immediatamente gli americani. E’ come se oggi, precipita un aereo e la torre di controllo di Fiumicino dice “chiamiamo l’Ambasciata americana, vediamo se sanno qualcosa”.
Questo è un dato incontrovertibile. Dovrebbero smentire le voci di queste persone. Ma questo è un elemento che possiamo dibattere ma che di certo non possiamo cancellare. E’ una prova granitica.
Che ci fossero, poi, degli aerei intorno al DC9, è un fatto assodato. Non l’ha scritto Priore per pura fantasia o perché da questa inchiesta doveva nascerne un caso. Noi andiamo dietro a questa storia da trent’anni e, da trent’anni, ci sono i familiari di queste ottantuno vittime che cercano delle verità, delle risposte, non cercano dei denari.
Nel suo lavoro di giornalista d’inchiesta quanto si assorbe della rabbia dei parenti delle vittime?
Con alcuni dei familiari delle vittime sono nate delle amicizie anche molto forti, molto importanti. Nutro un profondo rispetto e un grande affetto per queste persone. Ne ho conosciute moltissime, ho seguito i processi, ho seguito le udienze, conosco i loro avvocati e devo dire che spesso e volentieri accuso a me stesso di aver perso quel distacco necessario nell’affrontare questi argomenti. Purtroppo sono storie particolari.
Ho conosciuto Roberto Superchi, il papà di Giuliana, 12 anni, una delle vittime di Ustica. La storia di questo padre è incredibile.
Mi dispiace che il cinema non abbia ancora trovato il tempo di raccontare la storia di almeno una di queste ottantuno vittime. Servirebbe raccontare solo una storia di questi familiari. Penso ad Alberto Bonfietti che era un giornalista come me e che si trovava lì sopra, il fratello di Daria, presidente dell’Associazione parenti vittime strage Ustica. Penso ai genitori di Linda ed Elisabetta Lachina, entrambe lì. Era un aereo pieno di persone normali come noi che, come ho detto prima, andavano chi al mare, chi a fare una visita, chi a trovare familiari, chi pendolare per lavoro…C’è tutta l’Italia su quell’aereo. Ci sono storie bellissime.
C’era anche un detenuto che veniva trasferito da un carcere all’altro. Ha fatto bene Paolini nel suo monologo a dire “Ustica siamo tutti noi” Ustica potrebbe accadere in qualunque momento a chiunque, perché tu a Sali su un aereo a giugno, a Bologna, fa caldo, vuoi andare in vacanza, stai con i tuoi familiari magari sono seduti accanto a te, ridi, scherzi dopodiché, ad un certo momento, va via la luce e il tuo aereo finisce in mare. Nessuno sa perché, come, quando, dove… Trentanove salme, non sono mai state recuperate tra cui quella di Giuliana Superchi.
Non esiste.
Spesso penso a queste famiglie che non hanno avuto nemmeno una tomba su cui poter piangere…E’ una cosa drammatica.
Si è persa la memoria di questi fatti. Ho sentito che in un questionario sottoposto ai giovani universitari italiani, qualcuno ha detto che Ustica era una battaglia in mare avvenuta non so quanti secoli fa.
La memoria su questo fatto andrebbe valorizzata. Non dico che tutti dovrebbero conoscere le carte come le conosco io o qualunque collega, perché io non credo di aver fatto nulla di eccezionale, però dovremmo ricordare. Noto comunque che ultimamente ci sono delle iniziative, come questa intervista, che aiutano.
Internet sta facendo molto contro chi non vuole che si sappia la verità, contro chi tiene questi segreti. Proprio a loro vorrei dire di fare attenzione, perché internet sta mettendo molto, molto in discussione i vostri pensieri, le vostre tesi. La rete permette di condividere, conoscere pensieri. A me viene riconosciuto, ad esempio, di aver fatto una cosa importantissima: ho messo on line gran parte degli atti giudiziari.
Questa storia la puoi conoscere si dalla televisione, leggendo gli articoli, ascoltando “La Storia siamo noi”, Carlo Lucarelli, libri, dvd, però per conoscere Ustica, devi entrare dentro le carte e lì ti arrabbi veramente. Quando entri dentro le carte, quando ti sporchi le mani toccando queste cose allora a quel punto ti rendi conto di quello che è avvenuto, di chi sono le responsabilità, di quanto i nostri governanti su questa vicenda sappiano e non dicono.
Credo che il passaggio importante su questa vicenda sia questo cioè parlare di Ustica, parlarne a scuola. Tra l’altro Ustica è un contenitore di misteri, c’è tutto dentro Ustica ma, c’è anche uno spaccato della nostra Italia di quei tempi. Io credo che Priore in cinquemila pagine oltre ad aver scritto la sua sentenza di ordinanza, ha scritto un trattato di storia contemporanea. Dentro c’è il nostro Paese, i suoi difetti, le sue debolezze, le cose indicibili: c’è tutto.
Alessandro Ambrosini
Montaggio: Giovanni Mercadante
Riprese: Paolo Pineschi