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Annusando qui e là gli infiniti dibattiti su realta' e prospettive della cosidetta ”crisi”, si ha la netta sensazione che i problemi siano stati solo in parte individuati e che, conseguentemente, sia molto difficile applicare dei correttivi davvero efficaci. Non e' cosi. Pur non potendo quantificare l'esatta forza propulsiva di ogni dinamica, vi sono delle regole di base ampiamente note, disapplicate semplicemente perche' consentono grandi utili privati e possibili remissioni che diventano pubbliche; una prova provata? La regolamentazione degli istituti di credito.
Se ne sta' occupando, molto tardivamente, il commissario Ue al mercato interno e servizi finanziari, tal Michel Barnier, che il 2 ottobre ha presentato alla stampa il rapporto del cosiddetto 'Gruppo Liikanen', che era stato incaricato dallo stesso Barnier di riflettere sulla possibilita' di una serie di riforme della struttura del settore bancario, alla luce delle lezioni apprese dalla crisi. Il rapporto contiene cinque raccomandazioni, tra cui una ineludibile: la separazione obbligatoria, all'interno dello stesso gruppo bancario 'universale', del 'trading' ad alto rischio (come i famigerati derivati, ad esempio) dal resto delle attività di deposito, che significa il divieto di utilizzare i soldi dei correntisti per operazioni speculative tanto azzardate quanto remunerative.
La norma non e' accessoria, ma sostanziale; impedisce di investire con la leggerezza di chi są che, in caso di perdite, potra' contare su aiuti statali. La distinzione non è affatto una novità ; negli Stati Uniti del New Deal, una riforma di questo tipo, ma in una versione più drastica (Glass-Stagall Act, 1933), fu adottata in risposta alla grande crisi del 1929, restando poi in vigore per 70 anni. Un vincolo che non sopravvisse ai ruggenti anni Novanta, e alla presidennza Clinton che cancellò la separazione, con effetti di deregolamentazione liberista e crescita geometrica degli attivi bancari Usa, fino alla crisi del 2007 dei mutui subprime. E molti vedono proprio il suo smantellamento come causa e moltiplicatore di quel processo di finanziarizzazione dell'economia che, insieme alla mancanza di controlli adeguati, ha creato gli squilibri responsabili della crisi attuale.
Simili i ricorsi storici nel Vecchio continente, e in Italia, con la legge bancaria del '36 accantonata nel '93 per un ritorno alla banca universale, che svolge tutti i mestieri, anche quelli in conflitto, e porta in sè il germe dei rischi sistemici. Le raccomandazioni del gruppo Liikanen verranno ora sottoposte a un processo di consultazione pubblica (di cittadini, 'stakeholder', banche e consumatori) di sei settimane, dopo di che la Commissione, anche in base agli 'input' ricevuti, deciderà, finalmente, se trasformare alcune di esse in proposte legislative vere e proprie.Era cosi difficile da prevedere che le banche, agitando lo spauracchio del fallimento ed il rimborso a carico degli stati sovrani dei depositi privati, intraprendessero investimenti fortemente speculativi ma ad altissimo rischio? Anche con la totale assenza di lungimiranza, bastava guardare la storia, lo avevano gia' fatto nel '29, non puo' essere una sorpresa, sopratutto per gli organi preposti al controllo.
Questa politica scientemente delittuosa ha portato effetti negativi a catena, tra cui l'attuale stretta del credito alle imprese "reali" che soffrono della mancanza di liquidita' proprio nel momento in cui ne avrebbero piu' bisogno. Possiamo sperare che la legislazione ci aiuti almeno per il futuro?
La storia bancaria del Novecento rema contro, e dimostra che misure simili a quelle pensate da Liikanen vengono prese puntualmente dopo una crisi finanziaria, e smantellate altrettanto puntualmente quando il ciclo si inverte e tornano gli anni grassi sui mercati, ma anche stavolta ci vorra' molto tempo..
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