Magazine Diario personale

V’è una malinconica solitudine

Da Chiara Lorenzetti

Turlough O’Carolan (ascolta Captain O’Kaine)

Vi è un luogo profondo dentro noi, nascosto ai nostri stessi occhi e al cuore. Un nocciolo, un nucleo che arde di fiamma perenne ma che spesso tace di poesia ucciso. E’ un pulsare lento – non lasciarlo morire, morirai con lui, nella diffidenza, nell’indifferenza. E’ un battito audace – fermati ad ascoltarlo, è la linfa che brucia, la passione che smuove.

Celtica, il bosco del risveglio, il bosco della magia.
Celtica e la sua musica: l‘arpa.
L’arpa risuona in ogni dove, intrecciata alle fronde e germogliata dalle radici delle piante, sussurrata dal vento, nascosta sotto il cuscino, tra il pane e il sidro. Ovunque volgi il respiro, è d’armonia d’arpa che vieni colmato.
Occorre essere pronti al silenzio per accogliere quei tocchi di corde con i polpastrelli, preparati a far percorrere alla musica quel viaggio così ardito che è dentro di noi.
L’arpa tocca, risuona, modella, vibra; vibra le emozioni, ne crea concordia e pace ed armonia.
L’arpa è serenità, tranquillità, è un ricongiungersi al grembo materno, guidato dalle sole emozioni.

La più antica arpa celtica arrivata a noi è quella del Re Brian Borù , sovrano supremo d’Irlanda dal 1002 al 1014. La cassa in legno ricordava la forma di un cigno e proprio per questo, l’animale associato all’arpa è il cigno, con la sua leggerezza e beltà. Bardi, maghi e Re possedevano un’arpa, che non era solo strumento musicale, ma simbolo di possesso e potere. Vi era in essa una misteriosa magia che stabiliva un legame tra la morte e la vita. 

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Potere racchiuso tra le corde di budello, unite con chiavi su armoniose linee di legno intarsiate: questo il vessillo dei Bardi celtici.
I Bardi cantavano elogi ai loro signori,  raccontavano novelle e profezie, intonavano storie d’amore, guerra, amicizia e magia. Erano tenuti in altissima considerazione, mai gli veniva rifiutato cibo e alloggio e fu tale la loro importanza che i Re dovettero limitarne i poteri. 
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L’arpa suona a Celtica, in una melodia infinita, la notte e il giorno, tra le rughe della pelle e le pieghe dei vestiti; instilla amore e pace e lacrime sciolgono le sconfitte e gli sbagli. I tocchi melodiosi paiono carezze leggere, invitano a lasciarsi penetrare, d’amore profusi, naufraghi senza ritorno.
V’è una malinconica solitudine ad attenderci al limitare del bosco, quel bozzolo ora sbocciato non conosce vita fuori e con dispiacere vien riposto. Ma s’è vissuto nella melodia ai piedi degli alberi e vita v’è stata seppur breve.
L’arpa echeggia in lontananza.

Chiara 


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