Nell’ambito della letteratura disegnata, Alan Moore è senza dubbio uno dei nomi più quotati a livello mondiale. Per inserire il geniale scrittore di Northampton ai vertici di una ideale classifica di talenti basterebbe prendere in considerazione opere come Watchmen, From Hell o V for Vendetta.
V for Vendetta fu proposto dalla DC Comics dopo Watchmen, in un periodo nel quale era ormai chiaro che Moore incominciava a considerare, dal punto di vista narrativo, il genere super-eroistico piuttosto limitante.
Pubblicato in bianco e nero, a puntate, tra il 1982 e il 1985, sulla rivista britannica Warrior, V for vendetta rimase però incompiuto quando la testata chiuse i battenti. Tre anni dopo, i vertici DC permisero a Moore e all’eccezionale disegnatore David Lloyd di concludere l’opera, ripubblicando tutta la serie in una collana di dieci numeri, a colori. Dopo un po’ di tempo dalla pubblicazione del numero 10, la serie venne ristampata dalla DC Comics in un unico volume, come graphic novel. In Italia la storia apparve nel 1991. Fu un successo planetario.
L’opera si collega alla tradizione narrativa tipicamente anglosassone della distopia. Moore immagina una Gran Bretagna dominata da un potere fascista (chiara metafora dell’Inghilterra thatcheriana) che controlla ogni aspetto della vita umana attraverso un apparato repressivo di polizia e i mass media.
In tale contesto fa la sua apparizione V, un uomo con il volto coperto da una maschera che riproduce le fattezze dell’anarchico Guy Fawkes, che decide di sfidare il potere costituito e fomentare una rivoluzione, aprendo la strada a un nuovo ordine attraverso omicidi e dinamite. Queste le parole con cui V si presenta: «Io sono il re del ventesimo secolo. Sono l’uomo nero. Il cattivo di una pièce teatrale. La pecora nera della famiglia».
Consapevole che i suoi metodi sono brutali, V prende con sé una ragazza, Evey (altro character fondamentale della storia), per istruirla e affidarle il compito di guidare una nuova era. La sua, fatta di odio, vendetta ed esplosivi, è solo transitoria.
Entrare nei particolari della trama sottrarrebbe qualcosa al piacere della lettura di un’opera che, come poche, può dirsi realmente incentrata sul carisma di un unico personaggio. Perché V for vendetta è soprattutto V; il resto è solo sfondo. Evey è l’interlocutrice privilegiata che discute col protagonista, bizzarro e perverso pigmalione, e viene costretta a riviverne le esperienze così da poterlo comprendere.
Eppure V è fatto di una sostanza troppo estrema perché la si possa accettare del tutto. Di sé dice ancora: «Sotto questa cappa non ci sono né carne né sangue da uccidere, c’è solo un’idea».
Ma la realtà di V for Vendetta è una pura fantasia? A rileggere l’introduzione di Alan Moore sul primo numero della serie, si direbbe di no.
La sua narrazione è imbevuta di realismo e le vicende sono una possibile evoluzione di politiche degeneranti e di un potere che si afferma grazie alla paura.
Nei testi di Moore non mancano monologhi interiori di stampo joyciano, riferimenti alla pubblicistica punk e underground, all’occultismo di Aleister Crowley e al satanismo e a una gamma di ispirazioni impossibili da elencare in questa sede.David Lloyd, con i suoi disegni dai violenti chiaroscuri, impreziosisce quella che è forse l’opera più cupa di Alan Moore. Un’opera nella quale non si distoglie mai lo sguardo dall’intrinseco messaggio di speranza.
Angela Pansini
Alan Moore (sceneggiatura), David Lloyd (disegni), V for Vendetta, Planeta De Agostini, pp. 304, € 21,00