Magazine Maternità

Vacanze è: tornare bambini

Da Suster
Vacanze è: tornare bambini
Ucchebella l'estate! Ma de che?
Da qualche anno a questa parte per me l'estate si riduceva a: afa asfissiante, città-forno, lungarni maleodoranti, vicoli deserti, pure maleodoranti popolati di sorci indisturbati, giornate di reclusione forzata in casa per non soccombere alla calura, sudate sui libri, serate a gocciolare sudore nei piatti della gente al ristorante, rientri post-lavorativi a ore sempre più assurde, aspettando la perenne ultima sigaretta dell'ultimo tavolo di buontemponi, rimasti in veranda a prendere fresco, odio patologico per la categoria umana del medio avventore estivo di trattorie tradizionali storiche, eco dei miei passi per le strade vuote di una città universitaria più che vuota almeno fino a settembre, la tesi che non finiva mai e gli orari estivi ridotti delle biblioteche che mi costringevano a levatacce mattutine, le sortite solitarie al mare nel giorno libero ad arrostirmi sui ciottoli della Marina, ritornando sempre un po' rintronata.
Poi l'anno scorso portavo il mio pancione a spasso in bicicletta per la città, con quel senso di arrogante orgoglio che talvolta accompagna le donne gravide, lo accomodavo al tavolino del bar all'imbrunire aperitivando con me a succo d'ananas, a leggere con me Guerra e pace nell'attesa, col mio sorrisetto da ebete stampato in faccia pensando chissà come sarà che farà a chi somiglierà e non vedo l'ora di vederla in faccia e avere una sua foto da attaccare in camera accanto alle altre.
Poi è arrivata, e io troppo impegnata a starle dietro per accorgermi che era estate, tempo di mare e gite e relax e letture.
Ottimista senza cognizione ho traslocato buona parte della mia biblioteca personale nella casa di villeggiatura affittata da mia madre in quel di Calci, ridente cittadina di media montagna nella provincia di Pisa, sede della celebre Certosa. Lì la mia permanenza è stata allietata da risvegli notturni con pianti allegati, esaurimenti nervosi miei, giorni a sballottare in giro una recalcitrante e molto incazzata pupa, passeggiate dall'esito tragico fino a giù in paese e ritorno con lei furibonda nell'ovetto, via vai di amici e familiari che si avvicendavano al mio fianco senza riuscire peraltro a domare la belva furiosa che avevo incautamente messo al mondo, libri accatastati sul ripiano del soggiorno a prendere fresco e polvere, intonsi, con mio gran disappunto. Se sono riuscita a finire Guerra e Pace è stato solo per accanimento testardo e recidivo della secchiona che ancora dimora in me, ancora non del tutto convinta a dover sloggiare dal mio corpo.
E' stata un'estate particolare, fresca, per fortuna, ma piuttosto devastante da tutti i punti di vista.
E poi, riecco l'estate, che porta a mia figlia il compimento del suo primo anno di vita e a me la novità di viverla con lei. Con lei un poco più partecipe e di piacevole compagnia.
Vacanze? Diciamo che le mie vacanze durano ormai da più di un anno: mi sono convinta a considerare la mia maternità indeterminata come un periodo di vacanza un po' faticosa, in cui ho l'opportunità di osservarla crescere, senza dovermi dividere tra lei e l'ansia di un lavoro quasi sicuramente non soddisfacente e non adeguatamente retribuito.
L'estate è diventata solo un'occasione per goderci di più il mondo insieme.
Girovaghiamo per i giardini spopolati di bimbi villeggianti altrove a conquistare castelli in miniatura fatti di scivoli pertiche ponticelli e rampe di scale, osserviamo formiche al lavoro sotto il sole di luglio e ci deliziamo del canto di spensierate cicale.
Poi, quando ci va, e il tempo lo permette, che quest'anno è un po' bizzarro, ci infiliamo in macchina e ci buttiamo in spiaggia.
Il mare con pupa è un po' diverso da come lo ricordavo in solitaria.
Certo: ho smesso di portarmi il solito libro in borsa, e in compenso mi accollo una bustona carica di secchielli, palette e formine, magari prendo meno sole, abolita la nuotata corroborante a largo, ma, credetemi, mi diverto molto di più.
La nostra spiaggetta prescelta si trova all'inizio del lungomare di Marina di Pisa, lungomare dalla storia lunga e travagliata, poiché le mareggiate si portano via la sabbia. Invano il Comune ha tentato di porre rimedio a questo accidente innalzando robusti frangiflutti di fronte alla linea di costa, e infine ha optato per sostituire la spiaggia sabbiosa con una gettata di ciottoli, piuttosto scomodi per la verità.
Solo all'inizio del lungomare è rimasta questa spiaggetta, bassa bassa, e tangenziale alla riva, una piscina d'acqua marina protetta dalla barriera scogliosa del frangiflutti, che non supera mai i trenta centimetri di profondità, perché sospetto si stia impantanando.
Insomma: non proprio la spiaggia ideale per chi voglia farsi delle gran nuotate; ideale invece per chi voglia portarvi bambini.
E infatti la nostra spiaggetta pare il giardino di un nido d'infanzia: una quarantina di bambini dai dieci anni in giù, con allegati genitori single o accoppiati, stipati in una quarantina di metri quadrati. Va da sé che si sta gli uni addosso agli altri, ma non importa, va bene così.
La pupa razzola, rotola, raccoglie la sabbia a piene mani e mi sfida guardandomi dritta in faccia, aspettando che le dica "No, in bocca no!", poi scuote la testa e ride. Gattona, striscia, si tuffa, ci si fa lo shampoo, poi galoppa sicura verso il bagnasciuga, senza curarsi se finisce, nera di sabbia com'è, su qualche asciugamano estraneo lungo il percorso, e la mamma arranca dietro.
La pupa in spiaggia guarda gli altri bambini correre e urlare, ride e urla pure lei come loro, poi mi chiede di prenderle le manine e corre con me sulla battigia, arraffa i giochi degli altri, si intrufola nelle architetture arenarie innalzate da operosi architetti in erba, entra e esce da fossati e buche.
- No, lui non può giocare con noi: è troppo piccolo!
- Guarda: ci ha distrutto tutta la fortezza! Portalo via!
Sono un disastro a mediare:
- Veramente è una bambina... dai, vi aiuto a ricostruire la fortezza. E' piccola, non vuole distruggere, vuole solo giocare con voi.
- Noi non vogliamo giocare con lei.
Lei intanto, incurante delle proteste degli ingegneri acquatici, dopo una rapida incursione in acqua, è tornata, sempre nera di sabbia e ora anche bagnata, a tuffarsi nella buca, demolendo argini sabbiosi e poderose muraglie.
- No, fermo! Gli dici di smettere?
- Oh, quante storie, dai, fate finta che lei era un mostro marino che arrivava e distruggeva tutto e voi ogni volta dovevate ricostruire da capo, no?
L'idea ha avuto un successo insperato.
- Ah ah ah! Mostro mostro! Vieni qua mostro!
- No vieni da noi, mostro!
E fu così che mia figlia divenne il mostro della spiaggia, e felice distrusse decine e decine di castelli e fortezze.
E io, che come madre forse devo ancora conquistare un minimo di credibilità, come inventrice di giochi non me la cavo affatto male.
Ecco forse perché per il resto della giornata uno stuolo di ragazzini mi è rimasto appiccicato alle calcagna.
- Voi domani tornate?
- Quando andate via me lo dici? Io sto là in quell'ombrellone.
- Quando vai via con la macchina mi fai ciao?
- Va bene, vedrò cosa posso fare.
- Ma il mostro quanti anni ha?
- Ma il mostro parla o ruggisce?
- Ruggisce, per ora.
E in effetti il mostro, manco avesse capito il ruolo che le era stato assegnato, ruggiva giulivo e soddisfatto scorrazzando per la spiaggia, seminando distruzione dietro di lei.
Ecco forse anche perché ero l'unica madre ad essere nera pure io di sabbia, e non di tintarella, da capo a piedi, mentre le altre, come diavolo facciano non saprò mai, si sporcano a mala pena la pianta dei piedi.
E poi, quando è l'ora di levare le tende, un rapido ultimo bagno a mare a togliere di dosso il rivestimento sabbioso del mostro, la avvoltolo in un asciugamano mentre lei mangia melone con gran gusto, raccattiamo i giochi in giro, salutiamo tutti, passiamo a fare una cavalcata rapida su uno dei cavallini della giostra ferma, che tanto c'è scritto: vietato salire e scendere dalla giostra mentre è in movimento, e la infilo in macchina stremata.
Ha la sabbia persino nelle orecchie.
Sulla via del ritorno stramazza nel suo seggiolino.
Bella l'estate, che fa tornare bambina un po' anche me.
Questo post partecipa al blogstorming
Vacanze è: tornare bambini

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Magazines