Vacilla l'impero dello zar

Creato il 09 dicembre 2011 da Episteme

Dmitrij Anatol'evič Medvedev, presidente russo


Le elezioni parlamentari russe per il rinnovo della Duma, tenutesi il 4 dicembre 2011, costituiscono uno snodo epocale nella storia del gigante euroasiatico: sebbene il partito di Putin e Medvedev, Russia Unita, sia ancora di gran lunga la prima formazione del Paese e abbia conquistato la maggioranza assoluta dei seggi, il crollo verticale avuto da questa formazione rispetto alle precedenti elezioni del 2007 apre scenari nuovi nella politica della Federazione, che potrebbero portare grosse soprese già dal prossimo appuntamento elettorale.

Risultati delle elezioni legislative russe 2011


Il primo dato rilevante riguarda l'affluenza alle urne: si sono recati al voto, con il 99% delle schede scrutinate 65.665.259 elettori, con un'affluenza tra il 60% ed il 61%. Il dato risulta in calo rispetto al 2007, quando si recarono alle urne oltre sessantanove milioni di cittadini russi, con un'affluenza di poco inferiore al 64%.
Una diminuzione tutto sommato moderata in termini percentuali, che l'analisi dell'andamento dei partiti consentirà di inquadrare in maniera piuttosto precisa all'interno di un contesto di progressiva disaffezione politica verso il governo in carica.
I partiti dentro la Duma erano quattro nel 2007 e restano quattro nel 2011, disegnando uno scenario politico piuttosto semplice: da destra a sinistra, il Partito Liberal-democratico di Zhirinovski, Russia Unita di Putin e Medvedev, Russia Giusta di Levichev, ed infine il Partito Comunista della Federazione Russa di Zyuganov.
Ciò che tuttavia cambia drasticamente rispetto al 2007 sono le proporzioni tra le formazioni, che vedono di fatto una Duma profondamente rinnovata.

Composizione della Duma dopo
le elezioni legislative 2011


Il parlamento russo conta 450 seggi, assegnati attraverso un sistema proporzionale con una soglia di sbarramento piuttosto elevata. Partecipano infatti alla spartizione proporzionale dei seggi solo i partiti che superano il 7% delle preferenze, ed è inoltre garantito un diritto di tribuna per i partiti che si attestano tra il 5% ed il 6% (un seggio) e quelli che raggiungono un risultato tra il 6% ed il 7% (due seggi).
La durezza della soglia di accesso è rimarcata dal fatto che il sistema elettorale non prevede la dichiarazione di coalizioni, costringendo ogni partito a correre con i propri mezzi.
Ai blocchi di partenza si presentavano sette formazioni, da destra a sinistra:
  • Partito Liberal-democratico di Russia, di stampo nazionalista e xenofobo
  • Russia Unita, conservaotre di impronta nazionalista e populista
  • Giusta Causa, formazione conservatrice
  • Partito Democratico "Jabloko", partito liberale ed europeista
  • Russia Giusta, di vocazione socialdemocratica
  • Patrioti della Russia, formazione di sinistra nazionalista
  • Partito Comunista della Federazione Russa, erede del PCUS
Lo scenario costituisce una semplificazione rispetto al 2007, quando le formazioni in lizza erano ben undici. Alcune formazioni che hanno partecipato alle precedenti elezioni legislative, come il Partito Agrario e Potere Civile, assieme ad altri come gli ecologisti, hanno deciso di appoggiare il candidato di Russia Unita, Medvedev.
Esaminando lo scacchiere politico russo, da destra a sinistra, queste elezioni si concludono in maniera dolceamara per i liberaldemocratici. Se infatti è vero che incrementano il proprio bacino elettorale di circa due milioni di consensi, aumentano la propria quota percentuale del 3,5% e si portano a 56 seggi nella Duma, è anche innegabile che si tratta di uno dei partiti che ha conseguito gli incrementi più bassi, venendo per altro scavalcato da Russia Giusta come terza forza del Paese. La condivisione di certi tratti ideologici con Russia Unita non è stata sufficiente per garantire al Partito Liberal-democratico di Russia il massiccio afflusso dei voti in fuga dalla formazione di Putin, e costituisce forse la spia più significativa della mutazione politica in corso nel Paese.
Proprio su Russia Unita, tuttavia, devono concentrarsi le maggiori analisi del risultato elettorale. 49,32%: è questo numero, di poco sotto la soglia della maggioranza assoluta, che viene sbandierato con orgoglio dalle forze di opposizione come l'inizio della fine dello zar Vladimir Putin. In realtà Russia Unita mantiene il controllo della Duma, grazie all'alta soglia di sbarramento prevista dalla legge elettorale che garantisce al partito 238 seggi contro i 226 necessari per controllare l'Aula. Tuttavia il partito subisce un vero e proprio tracollo: con trentadue milioni di preferenze circa, Russia Unita lascia sul campo oltre il 27% delle preferenze raccolte nel 2007; un dato oggettivamente impressionante. Anche in termini di seggi la formazione a sostegno di Medvedev perde tantissimo, lasciando 77 posti ai partiti di opposizione.
I dati di Russia Unita diventano ancora peggiori se si tiene conto del fatto che diversi partiti presenti nel 2007 avevano concesso il loro appoggio a Medvedev senza concorrere direttamente alle elezioni. Sommando quindi i dati del 2007 di Potere Civile e del Partito Agrario a quelli di Russia Unita si evidenzia come il complesso delle formazioni a sostegno dell'attuale presidente sia stato di oltre quattordici milioni e mezzo di preferenze, poco meno di un terzo dei voti. Un crollo verticale, che solo per poco ha concesso il controllo della Duma a Russia Unita: due milioni di voti in meno a Russia Unita sarebbero infatti stati sufficienti a rendere la Duma ingovernabile da un solo partito, costringendo la Russia ad un governo di coalizione. In ogni caso, la formazione di Putin e Medvedev non avrà più a disposizione la maggioranza dei due terzi necessaria per approvare in autonomia le riforme costituzionali.
Giusta Causa, al suo debutto alle legislative, ottiene un risultato tutto sommato modesto, mostrando come il popolo russo sia, storicamente, poco aperto alle novità dal punto di vista politico.
Spostandosi verso il centro dello schieramento, i liberali europeisti dello Jabloko mostrano un netto incremento raddoppiando le preferenze rispetto a quattro anni fa, ma restando tuttavia ampiamente al di sotto della soglia del 5% necessaria per ottenere il diritto di tribuna alla Duma.
Esultano i socialdemocratici di Russia Giusta: i socialdemocratici guidati da Levichev scavalcano infatti il Partito Liberal-democratico di Russia come terza forza del Paese, incrementando di oltre tre milioni di voti il proprio consenso e del 5,5% la propria quota percentuale. Alla Duma passano da 38 a 64 seggi.
Il partito maggiormente avvantaggiato dalla crisi di Russia Giusta, in maniera quasi paradossale, è però il Partito Comunista, che inanella numeri notevoli: oltre dodici milioni e mezzo di voti, oltre quattro e mezzo in più rispetto al 2007; oltre il 19%, ovvero sette punti in più rispetto alle precedenti elezioni nonché il risultato più alto dal 1999; 92 seggi alla Duma.
Una spiegazione per la forte risalita dei comunisti in Russia è da riscontrare, in realtà, proprio nel conservatorismo generale dell'elettorato; ora che il ciclo politico di Putin pare avviato al tramonto, i Russi, piuttosto che dare la propria fiducia a forze di rinnovamento, iniziano a guardare all'unica forza con cui possono effettuare un confronto di vita vissuta, ed in questa fase dello scontro politico la scelta sta favorendo proprio il Partito Comunista.
In generale, le forze ascrivibili a destra e centrosdestra ammontano al 61% circa, meno del solo risultato di Russia Unita nel 2007; la quota residua, il 39%, è ascrivibile a forze di centrosinistra e sinistra. Il Paese risulta quindi ancora profondamente sbilanciato a destra, ma si nota un forte riequilibrio rispetto alle precedenti elezioni legislative.

Distribuzione territoriale del voto di Russia Unita


Distribuzione territoriale del voto del
Partito Comunista della Federazione Russa


Dal punto di vista geografico è possibile cogliere in maniera significativa l'entità della discesa di Putin: pur essendo pressoché ovunque il partito di maggioranza relativa, Russia Unita ottiene prestazioni piuttosto negative nelle città di Mosca (46%) e San Pietroburgo (35%) e in generale nei popolosi distretti europei solo raramente supera la soglia del 50%. Al contrario ottiene risultati bulgari nelle piccole repubbliche caucasiche: 90% in Inguscezia, 91% in Dagestan, 99% in Cecenia. Risultati sbalorditivi anche in Mordovia (92%).
Sebbene si tratti in genere di regioni piccole e poco popolose, risultati del genere hanno fatto gridare ai brogli all'opposizione: rappresentanti dei partiti di opposizione hanno denunciati casi di voti multipli e di allontanamenti dei rappresentanti di lista tanto dai seggi quanto dal comitato centrale per le elezioni. Analogamente, sono emerse evidenti disparità a favore di Russia Unita tra i risultati validati dall'ente elettorale e quelli emersi dei singoli seggi. Un articolo apparso su lenta.ru riporta un'analisi statistica del voto, evidenziando come la curva delle preferenze per Russia Unita si discosti in maniera sensibile da una gaussiana, rendendo probabile l'idea di brogli elettorali in diverse sezioni.
Le opposizioni chiedono l'annullamento della consultazione elettorale e nuove elezioni, ma al di là della frode democratica in realtà è nettamente improbabile che la somma dei brogli fosse tale da togliere a Russia Unita il controllo della Duma.
Putin controlla ancora la Russia, ma è sempre più evidente come il suo impero si stia avviando verso la fine.

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