Ci vado perché un ponte ferroviario primo Novecento può avere le proporzioni sublimi di un Partenone.
Ma ci vado anche per capire l'oggi, per sapere cosa pensa la gente, e per questo ho da frequentare stazioni, non aeroporti; dunque, viaggio per vedere esattamente quello che i politici - gente di scarpa lustra - non vedono, in quanto utenti fissi d'aeroporto.
Ma scelgo il treno, perché no, anche per leggere il futuro, per capire dove va la mia Europa o semplicemente se l'Europa va ancora da qualche parte.
Ci vado per passare in silenzio le linee di faglia, zitto come un pesce-siluro, e per sentire lo scricchiolio dei confini che si disfano o risorgono.
(Paolo Ruiz, Come cavalli che dormono in piedi, Feltrinelli)