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Valkyria Chronicles – Un porting coi fiocchi

Da Videogiochi @ZGiochi
di Giovanni "plutarco" Calgaro

Circa sei anni fa, sulla ormai vecchia ammiraglia di casa Sony approdò un curioso SRPG che, in brevissimo tempo, riuscì a far breccia nel cuore di molti videogiocatori grazie ad una trama magistralmente orchestrata e piena di ottimi comprimari, un gameplay profondo e solido ed uno stile unico e quasi poetico. All’epoca la console era presente sul mercato occidentale da quasi due anni ed ancora difettava di prodotti di rilievo che potessero calamitare l’attenzione di quella parte di videogiocatori desiderosa di divorare produzioni di prima qualità provenienti dal Sol Levante. La cara, vecchia, SEGA Corp. dismessi purtroppo i panni di produttore hardware in favore del meno dispendioso sviluppo software delle console di terze parti, proprio nel 2008 calò un asso che accontentò la critica, ma soprattutto gli appassionati mai sazi di produzioni tattico-ruolistiche dal gusto tutto nipponico. Valkyria Chronicles in madrepatria ebbe un ottimo riscontro in termini di pubblico, tanto da conoscere altrettanto riuscite digressioni verso altri media come anime e manga di successo; questi ultimi peraltro pubblicati solo recentemente anche nel nostro paese. Purtroppo, come spesso accade, in Occidente nonostante l’altissima qualità del gioco, le vendite furono abbastanza sottotono, tanto da far rivedere al publisher (probabilmente sotto pressione anche di Sony che voleva rialzare le sorti di PSP) le successive strategie di marketing relative all’eventuale espansione dell’universo narrativo videoludico. Effettivamente l’intreccio narrativo di Valkyria Chronicles non meritava l’oblio e cosi fortunatamente – per certi versi – è stato. Due sequel si sono succeduti in rapida sequenza nel 2010 e nel 2011, entrambi appunto per Playstation Portable. Come per il primo episodio, anche il secondo non ebbe grande risonanza in Occidente – nonostante una forte presa di posizione dei fan – e ciò fece propendere SEGA per risparmiare i costi di localizzazione del terzo episodio, accontentandosi del mercato interno.

In questi sei anni ne sono successe dunque di cose e mai ci saremmo aspettati di tornare ancora una volta a calcare il suolo di Gallia con il nostro fido Edelweiss e ritrovare dei vecchi amici. Welkin Gunther e soci infatti, quasi a sorpresa, sono giunti da qualche giorno sulla piattaforma Valve, grazie al lavoro degli sviluppatori i quali hanno rivisto l’esperienza console ottimizzandola per il mutato hardware di riferimento il quale, assieme ai tanti appassionati di SRPG, ringrazia sentitamente.

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UNA TRAGICA POESIA

Per chi non avesse mai avuto la possibilità di mettere le mani sulla versione console del titolo, un po’ di storia è d’obbligo. Valkyria Chronicles non è solo un ottimo tattico-strategico, ma è anche un titolo fortemente incentrato su un intreccio narrativo profondo ed articolato, in cui l’importanza dei rapporti umani che legano i sottili fili dei destini di ogni personaggio rimandano costantemente ad un senso di profonda coesione e fratellanza che solo le vicende belliche, purtroppo, riescono a creare, assieme ad uno stato di inquietudine per il futuro e per la caducità della vita di ognuno dei soldati impegnati al fronte. Il set di Valkyria Chronicles è singolare. L’anno è il 1935 e un’Europa alternativa in perenne tensione si appresta a conoscere un conflitto di proporzioni mai viste. Ad ovest, v’è una alleanza di stati democratici troppo pavidi per ogni azzardo ed intenti a proteggere unicamente il proprio orticello interno, mentre ad est si erge maestoso un Impero sconfinato, bellicoso, tecnologicamente avanzato, dalla politica aggressiva e dalle immense risorse umane e militari. Al nord, schiacciata da questa greve morsa si trova il piccolo e – all’apparenza – indifeso Principato di Gallia, poco militarizzato e ricco di una risorsa mineraria, la ragnite, che l’Impero brama ad ogni costo. Il così prezioso materiale serve, in questa realtà alternativa, per i più disparati usi, dal quotidiano al bellico, per alimentare i motori dei carri armati e per determinate tipologie di armi. La piccola nazione, così ricca di giacimenti minerari, viene improvvisamente invasa dall’esercito imperiale e le forze in gioco sono talmente squilibrate che richieste d’aiuto vengono inviate immediatamente all’Alleanza atlantica affinché intervenga a sostegno di Gallia. Ciò ovviamente non avviene e la piccola nazione si trova a sostenere una guerra impari.

A latere di questi tragici avvenimenti entra in scena un giovane Welkin Gunther, figlio di un eroe di guerra pluridecorato e nostro protagonista, il quale suo malgrado si trova immediatamente a fronteggiare l’invasione mentre si trova in visita al suo bucolico paese natale. Dopo una rocambolesca azione diversiva e dopo esser riuscito ad entrare in possesso del carro armato del padre, funzionante e gelosamente custodito nel granaio dalla sorella adottiva, riesce a raggiungere Fort Amatriain, centro di comando dell’esercito regolare vicino alla capitale Randgriz, e ad essere inquadrato nella neo formata unità “Squad 7”. Questo, ovviamente, è solo l’inizio di un’avventura che si sviluppa non solo attraverso la narrazione degli eventi a cui prendiamo parte, ma anche attraverso i rapporti e le voci dei molti comprimari che formano la Squad 7 la quale, pur venendo rappresentata come un organismo unico, riesce a far emergere in modo brillante le caratteristiche individuali di ogni soldato sotto il vostro comando, tanto da far sì che il giocatore riesca a familiarizzare e ad affezionarsi ad ogni combattente. Sotto questo profilo, il character design è ottimo e ben riuscito; supportato da un background univoco e credibile che contribuisce a dare spessore ai personaggi. Si apprendono così dissapori, amicizie, emarginazione, eventi legati alla piaga dei Darcsen (non vi sveliamo altro) e al remoto passato di Gallia e degli esseri conosciuti come Valchirie. Un sostrato narrativo così ben articolato ed orchestrato, insomma, merita un comparto tecnico all’altezza e, fortunatamente, abbiamo appurato esserlo, non solo già nella versione console, ma anche in questo porting; la cui ottimizzazione è risultata più che riuscita.

CRONACHE DI GUERRA

In realtà, le vicende che vi abbiamo poc’anzi riassunto sono già accadute e fanno parte di un libro: “On the Gallian Front“, scritto e narrato dalla storica Irene Koller. Ora, sia il libro che la studiosa sono chiaramente fittizi e le vicende sul fronte di Gallia cosi narrate non sono altro che reminiscenze di una guerra passata. Noi siamo chiamati a riviverle in prima persona, nei panni del già citato grande eroe Welkin Gunther e della sua Squad 7, lungo una struttura di gioco suddivisa in capitoli e sotto-episodi che fanno riferimento ai momenti salienti della guerra contro l’Impero. Non stupisce dunque che la schermata principale sia, appunto, un libro che permette di accedere in sequenza a quelle che nel gergo giornalistico vengono definite “finestre” composte da cut scene, dialoghi opzionali inseriti appositamente per approfondire la trama e, ovviamente, dalle classiche missioni sul campo. Il manoscritto, che racconta le cronache della resistenza galliana però permette, in apposite appendici, di conoscere anche in ogni aspetto e, quindi, di poter gestire all’interno del Quartier Generale, la propria squadra e scegliere di volta in volta i combattenti e le classi più adatte ad ogni scontro. La sezione prettamente gestionale è, come di consueto, intimamente legata ai nostri progressi sul campo di battaglia. Superato uno stage si accumula denaro ed esperienza; elementi che chiaramente possono esser spesi per personalizzare i soldati nonché, tra gli altri, investiti nell’importantissimo reparto “ricerca e sviluppo“, vero centro vitale per facilitare la strenua resistenza galliana. In questo reparto, gli articolati tech tree permettono non solo di aumentare il livello (con conseguente boost delle statistiche) di armi e del vestiario dei combattenti, ma anche di rendere il nostro fedele carro armato Edelweiss sempre più resistente e potente.

SQUADRA 7, MUOVERSI!

Da buon SRPG, Valkyria Chronicles presenta un comparto tattico-strategico di tutto rispetto e, bisogna ricordarlo, diverso da altre produzioni appartenenti al medesimo genere. Il sistema studiato dagli sviluppatori prende il nome di BLITZ System (acronimo per Battle Live Tactical Zone); un po’ altisonante come nome e che non rende bene l’idea di ciò che si cela dietro l’apparenza: ovvero una perfetta combinazione tra la più classica strategia turn-based ed elementi da action game in terza persona. Dopo aver selezionato e disposto le truppe, l’azione di gioco si suddivide essenzialmente in due modalità: nella modalità denominata “Comando” possiamo avere, seppur in modo stilizzato, la visione completa del terreno di scontro, della disposizione dei nostri soldati e di quella avversaria (o meglio, solo dei nemici visibili alle nostre unità) e della quantità di Command Point (CP) spendibili, i quali, a seconda dell’unità e dell’azione selezionata, potranno esserne necessari uno o più, durante il nostro turno. Una volta avviato lo stage, ogni volta che si selezionerà un’unità la visuale cambierà, portandoci tramite la “Action Mode” a livello del terreno e precisamente alle spalle del combattente prescelto. Questo potrà muoversi liberamente in tutte le direzioni grazie al mouse, unito alle frecce direzionali (o alla combinazione ‘WASD’), sino alla consumazione del contatore posto alla base dell’HUB nonché compiere una sola azione tramite la cosiddetta Target Mode. Quest’ultima consente di prendere il libero controllo della linea visiva dell’unità, aggiustando la mira nel modo più preciso possibile.

I soldati che vanno ad affiancare l’Edelweiss sono di cinque tipi che spaziano dai veloci scout, ai lancer anticarro, agli shocktrooper d’assalto, sino ai sempre fondamentali engineer e sniper, ognuno con abilità e debolezze distintive a seconda della classe d’appartenenza, ma non solo. La resa di ogni unità sul campo di battaglia può esser influenzata da diversi fattori derivanti sia dal carattere che dalle attitudini innate di ognuno di essi. Per fare un esempio, se un soldato ha affinità con i compagni che si trova accanto sarà più motivato e sarà più difficile che si lasci prendere dal panico o dallo sconforto, entrambi da annoverare ovviamente tra i modificatori negativi in un’ottica tattico-strategica. Le abilità innate sono invece tratti caratteristici che si attivano automaticamente durante l’utilizzo dell’unità e che possono esser positivi, donando quindi un boost temporaneo, oppure negativi i quali, al contrario, incidono sulle caratteristiche del combattente (sempre a titolo di esempio, se il soldato è allergico ad un determinato tipo di terreno, la salute e la difesa ne risentiranno). Due ulteriori interessanti aspetti, che rendono il gameplay vario, ragionato e ricco di strategia sono, anzitutto, il cosiddetto “permadeath“; ovvero, nel caso in cui uno dei nostri venga inabilitato, avremo tre turni di tempo per soccorrerlo, allo scadere, verrà dichiarata la “line of duty death” e non potremo far altro che andare a compiangerlo su una anonima tomba al cimitero dei caduti di Fort Amatriain. Il secondo invece è relativo alla conformazione di ogni terreno di scontro. Questi ultimi si presentano davvero ben caratterizzati e possono variare da rigogliose foreste nordiche a stretti vicoli, sino ad un deserto ricolmo di antiche rovine. Ebbene, la morfologia del territorio non è unicamente un orpello estetico; essa si presenta infatti sempre ricca di opportunità da cogliere (trincee, colline, rovine dietro cui appostarsi) per avere un serio vantaggio tattico sull’avversario. L’importanza di saper cogliere tutte le opportunità che ci vengono offerte può davvero segnare la linea di confine tra vittoria e sconfitta. Trovandoci sempre e per una precisa scelta stilistica in inferiorità numerica rispetto al nemico, ogni errore (benché il gioco non sia troppo punitivo a livelli “umani”), si paga comunque caro e può compromettere il prosieguo dello scontro.

UNA PICCOLA OPERA D’ARTE

Il profondo ed articolato gameplay ed il suggestivo setting che si rifà in modo edulcorato ad uno dei periodi più tragici della recente storia europea vengono supportati ed impreziositi da una realizzazione tecnica ed artistica di indubbia qualità, fedelmente mantenuta anche in questo porting che ne migliora, sotto alcuni aspetti legati all’effettistica, la presentazione generale. Le impostazioni selezionabili per godere al meglio delle atmosfere di Valkyria Chronicles sono basilari e anche chi non possiede un hardware performante può godere appieno dello spettacolo messo in campo dagli sviluppatori. Oltre alla risoluzione dello schermo infatti è possibile settare la presenza o meno della sincronia verticale e la velocità di refresh del framerate, scalabile dai 60 fps ai canonici 30, sino a permettere l’”autoaggiustamento” variabile. Come abbiamo accennato poco più sopra riguardo ai controlli, la configurazione è pricipalmente mappata sulla tastiera, mentre il mouse viene utilizzato solo di rado ed al massimo per la Target Mode e tale configurazione non ci ha mia causato alcun tipo di problema. L’engine proprietario CANVAS poi fa anche in questo caso il proprio dovere, proponendoci una piccola opera d’arte visiva in movimento che dipinge gli orrori di una guerra con toni caldi e con tratti che sembrano una fusione tra pennellate acquerello e veloci schizzi a china. Questo, unito ad un character design unico e ad una colonna sonora epica e di ampio respiro, contribuisce a creare una certa alchimia che, in definitiva, riesce ad accompagnare il giocatore sino ai titoli di coda, coinvolgendolo emotivamente grazie alla grande affezione per i personaggi e per una storia ottimamente orchestrata.

Valkyria Chronicles – Un porting coi fiocchi


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