L’Italia è paese che fa dannatamente fatica a chiudere i conti con il passato. La cosa di per sé non è
sempre grave, almeno fin quando non arriva qualcuno che legge la storia e confezione una verità.
Una verità, non la verità; anche se tale rischia di divenire per gli ignari contemporanei irretiti da
un impatto visivo accattivante, impreziosito da qualche buon attore , un po’ di sesso e le fumose
atmosfere noir che tanta presa hanno sullo spettatore, soprattutto se giovane e quasi totalmente
all’oscuro dei fatti. Questo è il rischio di pellicole come Vallanzasca e gli angeli del male.
Un lungometraggio sulla vita di uno dei più spietati criminali di questo paese che ci dice un suo
profilo fu autore negli anni settanta e seguenti di numerose rapine, sequestri, omicidi ed evasioni.
condannato, complessivamente, a quattro ergastoli e 260 anni di reclusione e che dall'8 marzo 2010
può usufruire del beneficio del lavoro esterno; un film che al termine lascia nella mente molto
fumo, quando poi si dirada e il cervello dello spettatore si mette in moto, emergono con violenza
immagini di agenti di polizia che sparano alla testa come mafiosi, secondini o meglio agenti di
polizia penitenziaria vigliacchi e vendicativi che si accaniscono in forze contro un inerme quanto
irrequieto ergastolano.
Non eravamo voluti salire sul carro delle critiche a aprioristiche: si esalta il criminale senza rispetto
per le vittime. Adesso a bocce ferme siamo andati a vedere questo film non per la storia in se
ma per la stima professionale verso l’attore protagonista e per i trascorsi del regista, registrando
profonda delusione ed anche quella sottile sensazione di essere stati presi in giro. Gag comiche
come quella del rapinato che strappa il mitra al rapinatore o quella dei carabinieri che non sanno
quale sia la cabine-cella del loro prigioniero sulla nave dove il boss della Comasina (uno dei tanti
nomignoli di Reato Vallanzasca) mise a segno una rocambolesca evasione. Gag che tali restano
nella finzione cinematografica ma che non possono far divertire le famiglie delle vittime…ah già
le vittime… Qui il capolavoro di mistificazione della verità raggiunge il culmine, infatti il film
abbonda di luoghi e date utili per inquadrare storicamente le circostanze ma mai in nessun caso
sono citati i nomi delle vittime. Quest’ultimo a mio modesto parere è il lato peggiore di un film del
quale potevamo fare tranquillamente a meno…
Massimo D’Anastasio